DIRITTI & ROVESCI

Costa: "Difesa sotto attacco"

Il prossimo colpo sarà quello di eliminare le impugnazioni e ostacolare gli appelli. Per Davigo nel processo conta solo l'accusa. Ecco cosa avrebbe detto oggi l'ex ministro all'inaugurazione dell'anno giudiziario se non gli fosse stata negata la parola

“Ascolteremo la voce della politica dall’autorevole sottosegretario Andrea Giorgis del Pd. Inaudita altera parte”. Così l’ex viceguardasigilli del governo Renzi e oggi deputato responsabile Giustizia di Forza Italia, Enrico Costa al quale è stato negato di prendere la parola oggi all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Torino. La vicenda un po’ kafkiana e molto italiana è nota: Costa riceve l’invito dal presidente della Corte d’Appello Edoardo Barelli Innocenti, lui ringrazia e come prassi chiede di poter fare un intervento al termine della cerimonia, il presidente risponde affermativamente, ma poi applicando rigidamente una circolare del Consiglio Superiore della Magistratura fa un’inversione di rotta dietro la quale il deputato azzurro sospetta ci sia lo zampino di qualcuno che riveste ruoli di Governo.

Onorevole Costa, cosa avrebbe detto se non le fosse stato impedito di parlare?  
“Avrei detto, con grande rispetto del momento, che l’approccio che oggi c’è sulla giustizia è sbagliato”.

Cosa non va, a parte l’abolizione della prescrizione su cui torneremo?
“È un approccio teso a piazzare delle bandierine e ovviamente non mi riferisco alla magistratura, ma all’ambito legislativo, volto a dare dei segnali che devono portare solo a titoli sui giornali, a pensare di velocizzare i processi non organizzando meglio o assumendo personale, ma togliendo garanzie per i cittadini”.

Lei è da sempre un garantista, il che non entusiasma alcuni esponenti della magistratura e pure una parte della politica. È preoccupato di una deriva verso un sistema con meno garanzie per la difesa, per i cittadini?
“Molto. E dico: attenzione, il prossimo passaggio sarà colpire, cercando di eliminarle, le impugnazioni. C’è un retropensiero che vuole ogni azione svolta dalla difesa sia un inutile orpello, a partire proprio dai ricorsi in appello”.

Piercamillo Davigo, componente del Csm la cui partecipazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano è contestata dagli avvocati è esponente di punta della corrente della magistratura Autonomia e Indipendenza cui appartiene anche un altro membro del Csm, Giuseppe Marra che interverrà a Torino. E Davigo, dice che l’appello è spesso un mezzo dilatorio e prestestuoso. Lei, invece, accende l’allarme contro una possibile riduzione se non soppressione della possibilità di impugnare una sentenza. Un rischio reale?
“Temo di sì. Le tesi su Davigo puntano a screditare tutta la fase del processo, per lui conta solo l’accusa, il marchio che viene dato all’indagato. Sostiene pure che l’appello è fatto dagli avvocati per perdere tempo. Abbiamo un consigliere del Csm che pensa queste cose quando però si vanno a vedere i numeri delle impugnazioni si scopre che il 48 per cento degli appelli riforma in tutto o in parte le sentenze di primo grado. Non è un inutile orpello, ma un meccanismo di controllo e di vaglio sulle sentenze di primo grado. Lui e non solo lui, però, pensa che eliminare la prescrizione dopo il primo grado faccia sì che le persone non presentino appello”.

E sostiene anche che i casi di ingiusta detenzione siano un fenomeno fisiologico. Lei su questo punto ha già detto più volte l’opposto, ovvero che si tratta di una patologia. Che effetto le fa sentire quella definizione da parte di un magistrato, peraltro molto presente su giornali e in televisione?
“Ha detto di peggio, un concetto che mi ha fatto rabbrividire: Davigo pensa e lo ha detto che gran parte di coloro che hanno ottenuto l’indennizzo per ingiusta detenzione siano colpevoli che l’hanno fatta franca. E questo è l’approccio che si tende a trasferire nella riforma Bonafede. Io sono da sempre attento ai casi di ingiusta detenzione e credo che bisogna affrontare questo tema in modo puntuale fino a quando non ci sarà neanche una sola persona ingiustamente incarcerata”.

Altri mali della giustizia che, a suo parere, non troverebbero rimedio nella riforma?
“Vogliamo parlare delle conferenze stampa degli inquirenti che spiegano la loro versione dei fatti e che ovviamente è quella dell’accusa, mentre la difesa non può esercitare il suo ruolo in quella fase? E poi le inchieste alle quali si dà un titolo. Ma chi lo decide quel nome, quasi sempre colpevolista? Dove sta scritto che bisogna battezzare un’indagine? E non è mica finita. Da un po’ di tempo abbiamo anche le immagini, montate come un trailer dagli inquirenti che decidono cosa far vedere e cosa no. Non mi pare che ci sia, a monte, un vaglio di un giudice. Per non parlare delle intercettazioni che adesso non sono solo più trascritte, ma arriva l’audio ai giornali, senza che ci sia neppure stata una perizia per provarne l’autenticità. E si potrebbe continuare”.

Tutto questo contribuisce al formarsi nell’opinione pubblica di un’immagine di colpevolezza dell’indagato, è questo che lei avverte non come rischio, ma come qualcosa che già accade?  
“Esatto. Un marchio che la persona si porta dietro spesso per sempre. Con l’abolizione della prescrizione quell’impronta non si potrà mai cancellare”.

E quando un cittadino finisce in carcere ingiustamente nessuno, a parte lo Stato con un risarcimento dopo una trafila lunga anni, paga. Lo trova giusto?
“Guardi, io ho fatto una proposta: quando viene riconosciuta l’ingiusta detenzione a una persona arrestata e assolta significa che lo Stato ha sbagliato, per questo ho chiesto che in quei casi vengano verificate le ragioni per cui si è sbagliato. La realtà dice che il Csm non ha mai avviato indagini o verifiche se non per i casi in cui c’è stato un ritardo nella scarcerazione, senza guardare altro”.

Il ministro Bonafede ha definito lo stop alla prescrizione come una conquista di civiltà.
“Un pugno in faccia a quella parte della maggioranza che a quella riforma si è opposta ed ha chiesto che non entrasse in vigore o che venisse cambiata. Cosa aspettano ad affossarla in Parlamento?”.

Vede un Pd ostaggio dei Cinquestelle?
“Il Pd è ostaggio della sua voglia di non far fibrillare il Governo. Quella della prescrizione per loro è una battaglia al cui esito, aldilà di quello che dicono, li vede piuttosto disinteressati”.

Come ha letto l’astensione dei renziani di Italia Viva, decisamemente schierati contro lo stop alla prescrisione e pronti a cotare la sua proposta, sulla richiesta di rimandare in commissione il suo testo?
“Nel merito in commissione hanno votato a favore della mia proposta. Con l’astensione hanno voluto lasciare ancora un po’ di tempo per non essere tacciati come sabotatori del Governo. Però il 24 di febbraio la mia proposta sarà di nuovo in aula e la commissione dovrà esprimersi prima di quel giorno”.

Pensa che in aula passerà?
“La maggioranza ha paura del voto segreto, vedo la frustrazione di tanti deputati di maggioranza che devono seguire le logiche di partito. Ma se avranno la possibilità di votare liberamente la riforma Bonafede verrà affossata”.