EMERGENZA DEMOCRATICA

Il Pd in cassa integrazione (ovviamente i dipendenti)

Tempi duri anche per la politica. Il partito piemontese si prepara a lasciare a casa i suoi impiegati e, sfruttando il decreto Cura Italia, li scarica sulle casse pubbliche. La motivazione? Una non meglio precisata "crisi". Probabilmente di idee

L’emergenza sanitaria falcidia anche la politica. E se il virus ha contagiato esponenti di ogni schieramento nei partiti c’è chi si prepara a sfruttare le misure introdotte dal governo per mitigare l’impatto dell’epidemia sul tessuto economico e produttivo. E così il Pd di Torino ha deciso di chiedere la cassa integrazione per i suoi dipendenti. Per il momento il provvedimento riguarda l’unica impiegata a carico delle casse della federazione subalpina, ma da via Masserano fanno sapere che anche il regionale potrebbe presto seguire le orme e utilizzare gli ammortizzatori sociali a carico della collettività anche per i suoi tre dipendenti. Probabilmente, tra le ragioni che giustificano il ricorso alla Cig c’è quello di una riduzione dell’attività del partito.

Secondo quanto riportato nella missiva, la cassa integrazione viene richiesta “per gestire la situazione di crisi che si è venuta a creare a seguito della emergenza epidemiologica Coronavirus” scrive il tesoriere Gioacchino Cuntrò alla Fisascat Cisl, cui ha affidato la pratica. Non è chiaro, tuttavia, in che modo il Pd abbia subito dei danni dalla crisi: non è certo un’attività commerciale che vende beni e servizi e le sue entrate non si sono in nessun modo contratte per via dell’epidemia in corso. Gli iscritti hanno versato la loro quota e gli eletti nelle istituzioni non mancano di far mancare il proprio contributo più o meno tutti i mesi. Certo il Pd non naviga in buone acque dal punto di vista finanziario, soprattutto dopo la scoppola subita alle scorse elezioni regionali, che ha ridotto sensibilmente i consiglieri eletti e i relativi contributi, ma questo non c’entra nulla con il Covid. E anzi sarebbe quantomeno disdicevole se questa iniziativa togliesse risorse per chi davvero vede la propria attività a rischio per via dell’emergenza sanitaria: negozi, bar, ristoranti, botteghe artigiane, asili, aziende. Tutte chiuse per via delle restrizioni stabilite dal Governo.  

print_icon