CALA IL SIPARIO

"Il Regio così non sta in piedi"

Appendino spiega la scelta "inevitabile" del commissariamento. Con un debito accumulato intorno ai 30 milioni e un disavanzo strutturale di gestione intorno ai 2,5 milioni l'ente è sul baratro del fallimento. Ora un piano finanziario e la revisione dell'organigramma

“Evitare questa scelta significava metterci di nuovo una pezza, nascondendo per l’ennesima volta la polvere sotto il tappeto, ossia il fatto che quel teatro non sta in piedi. Al di là delle appartenenze politiche o delle storie personali di ciascuno è ovvio che nessuno vuol fare del male al teatro, anzi abbiamo tutti cercato di risolvere una situazione che è ormai irrisolvibile con strumenti ordinari”. A dirlo la sindaca Chiara Appendino nelle comunicazioni al Consiglio comunale sulla decisione del consiglio di indirizzo del Teatro Regio di Torino di chiedere la nomina di un commissario a fronte dei gravi problemi di bilancio della fondazione lirica. “La scelta del commissariamento – ha ribadito – è un atto di responsabilità anche nei confronti ci chi verrà dopo di noi. Con un commissario possiamo fare delle cose del piano industriale che senza non riusciremmo a fare. È una scelta dolorosa, dirompente – ha aggiunto – che faccio con la consapevolezza che è l’unica strada per il futuro del teatro, per rilanciarlo e farlo essere un teatro paragonabile agli altri, che non ha un fardello da 30 milioni, che paga fornitori e lavoratori e può tornare ad essere attrattivo”. La sindaca ha quindi ribadito che l’obiettivo “è mettere il teatro nelle condizioni di poter avere basi solide e strutturali per una sua ripartenza duratura e garantire i livelli occupazionali, anche per i tempi determinati che hanno una anzianità di rinnovi da un minimo di 5 anni a un massimo di 15, cosa che stiamo facendo anche in queste ore nel contesto mutato”.

La fondazione che gestisce l’ente intende approvare il bilancio di esercizio 2019, ha spiegato la prima cittadina, in perdita. “La crisi è tale che non si darà corso a un’operazione di ripiano, ma sarà richiesto al Ministro per i Beni e le Attività culturali la nomina di un commissario ministeriale per operare il necessario ed improcrastinabile risanamento strutturale dei conti dell’ente lirico torinese, la cui criticità è nota da anni”, ha ribadito. Il Regio ha un debito accumulato intorno ai 30 milioni di euro, un disavanzo strutturale di gestione intorno ai 2,5 milioni, e una conseguente crisi di liquidità strutturale. “Nei prossimi giorni – ha aggiunto la sindaca – verrà convocato il Consiglio di indirizzo per analizzare il bilancio 2019 nel dettaglio e, in seguito, sarà convocata l’assemblea dei soci per la sua approvazione”.

Sul tema del commissariamento automatico la sindaca Appendino ha ricordato che ciò è previsto dal d.lgs. 367/1996, all'articolo 21, comma 1-bis, che dispone in ogni caso lo scioglimento del consiglio di amministrazione della fondazione quando i conti economici di due esercizi consecutivi chiudono con una perdita del periodo complessivamente superiore al 30 per cento del patrimonio disponibile, e tale valutazione è stata confermata dai vertici del Mibact con cui si è confrontata. “Poiché il patrimonio disponibile è di 4.711.000 euro, il disavanzo rappresenta il 53% e – ha spiegato Appendino – questa percentuale supera di gran lunga, in un anno, il 30% del patrimonio disponibile, quindi il commissariamento è inevitabile. Potevamo coprire il disavanzo fino alla soglia del 29% del patrimonio disponibile? Al di là delle evidenti difficoltà di reperimento di risorse pubbliche di cui siamo tutti consapevoli, non avremmo comunque risolto una situazione ormai insostenibile”.

Ancora di più considerando gli effetti del Covid-19. “Il Teatro Regio è la fondazione lirico-sinfonica con il numero più alto di dipendenti per alzata di sipario, così come è quello con un costo di produzione per alzata di sipario superiore alla media delle altre fondazioni (72 mila euro contro la media di 46 mila). Riorganizzare significa anche procedere con la redazione della nuova pianta organica. L’ultima presentata al Ministero risale al 1998. È necessaria una revisione dei processi produttivi, la riorganizzazione delle attività gestionali e amministrative con l’introduzione del controllo di gestione, oggi ancora assente”, aggiunge.

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