VERSO IL 2021

Marcia (e retromarcia) di Pd & soci

Più di venti persone, rappresentanti di improbabili sigle, partiti e liste si sono incontrate ieri per "iniziare un percorso" verso Torino 2021. Ma sulle primarie, Grimaldi e civici rompono il fronte e c'è chi scorge lo zampino del Chiampa

Il carrozzone si è faticosamente messo in moto e questo, probabilmente, era il principale intento del Pd locale. All’orizzonte si delineano due strade: la prima porta alla scelta del prossimo candidato sindaco di Torino attraverso le primarie, l’altra prevede una sintesi tra i partiti senza l’ausilio di militanti ed elettori. Il bivio, probabilmente, si presenterà tra settembre e ottobre, per il momento ognuno tiene le proprie mappe nascoste, ben sapendo i due percorsi portano necessariamente a due approdi distinti. In una lunga serata di confronto, i segretari dem Mimmo Carretta e Paolo Furia hanno incontrato i rappresentanti di tutti i partiti, liste civiche e sigle (alcune riesumate dopo anni di morte apparente) che si propongono di salire a bordo in un centrosinistra che, nelle intenzioni di tutti, dovrà essere il più ampio e partecipato possibile. Almeno una ventina i convitati, il caravanserraglio civico si presenta con un tridente: Francesco Tresso capo-delegazione di Capitale Torino, il costruttore Federico De Giuli sotto l’insegna di Laboratorio Civico. Il consigliere regionale Mario Giaccone per la lista Monviso, che a Torino peraltro non si presenta.

Le primarie sono state evidentemente il centro di una discussione ovattata, in cui l’unico a dare un chiaro segnale politico è stato Marco Grimaldi, esponente della sinistra cittadina e consigliere regionale. Un intervento particolarmente freddo verso l’ipotesi di una consultazione di militanti ed elettori: “Quello che dico è che non possiamo scaricare sulle primarie tutto ciò che non c’è, dalla definizione dei programma alla scelta dei candidati”. Insomma, non a tutti piace la delega in bianco agli elettori. Grimaldi però va oltre e svela in parte il suo orientamento, quando dice che la consultazione popolare può anche essere “un modo per bruciare tutte le candidature non politiche”. Il riferimento, neanche troppo velato, è al rettore del Politecnico Guido Saracco che mai si brucerebbe tra le fiamme di in una conta interna dagli esiti più che incerti. Lo scetticismo di Grimaldi, che un poco ha indispettito Carretta e Furia, è lo stesso del collega di Palazzo Lascaris, Giaccone, il quale si è portato dietro anche Tresso e De Giuli. Qualcuno ha scorto lo zampino di una vecchia lenza abile a manovrare dietro le quinte: “Hanno fatto i guastatori per conto di Chiamparino” è la sentenza di più d'uno dei presenti. Vero? Diciamo verosimile. In fondo non è un segreto l’avversione per le primarie dell’ex sindaco e governatore che all’opzione Saracco strizza l’occhio da tempo.

Al di là del profilo politico e accademico del rettore, infatti, la sua discesa in campo consentirebbe inedite geometrie politiche arrivando a replicare sotto la mole l'alleanza giallorossa. L’ipotesi, infatti, è stata esclusa dai vertici locali del Pd, ma non certo da quelli nazionali, a partire da Nicola Zingaretti. E come si vede dalle vicende tortuose in Liguria i dirigenti torinesi non possono dormire sonni tranquilli. “Le forze avverse alle primarie sono ancora tante” ammette un dirigente del Pd subalpino.

E il tempo in questa corsa non è certo una variabile indipendente. Carretta fissa la sua deadline a settembre, perché “se non troviamo una sintesi entro l’autunno sarà inevitabile la convocazione delle primarie” afferma, brandendo il documento approvato in direzione provinciale che fissa la scelta del candidato entro l’anno. Lui, d’accordo con Furia, accelera. Sa che l’inerzia è sua nemica e che solo le primarie possono circoscrivere il centrosinistra a quello classico. Esclusi i Cinquestelle dalla conta interna non potranno più essere recuperati e infatti per questa soluzione si sono già schierati anche i Radicali (con Silvio Viale), Italia Viva (Davide Ricca) e Moderati (Carlotta Salerno). I partiti che più di tutti si oppongono all’accozzaglia giallorossa.

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