POLITICA & SANITA'

Stato Maggiore della Sanità in disarmo all'arrivo del Covid

Sei direzioni su otto senza vertice. Aspre critiche di Pd e Lev dopo l'audizione di Aimar. L'assessore Icardi ribatte: "Tagli del personale da addebitare alla giunta Chiamparino". Rapporti difficili con i mandarini di piazza Castello e i sindacati per superare lo smartworking

L’emergenza Coronavirus ha colto il Piemonte con il suo vertice sanitario quasi sguarnito. Nella direzione regionale mancavano, per motivazioni varie, i responsabili del settore farmaceutico, quello per i rapporti con le strutture erogatrici, ma anche il capo della prevenzione veterinaria e anticorruzione, inoltre erano bloccati per malattia o per impossibilità a raggiungere gli uffici altri due dirigenti.

“Un quadro desolante, di assoluta carenza di programmazione delle risorse umane, che ovviamente l’epidemia ha reso ancora più esplosiva”, denunciano il capogruppo del Pd Raffaele Gallo e Daniele Valle coordinatore della commissione di indagine che oggi ha audito il direttore regionale Fabio Aimar dal quale si è appreso lo stato in cui si è trovato (e si trova tuttora) la macchina di comando di corso Regina. “Non solo si poteva arrivare più preparati ad affrontare l’emergenza, ma anche in tempo ordinario non è ragionevole ricorrere sistematicamente a strumenti straordinari come il vicariato”, la critica dei due esponenti del Pd alla quale si aggiunge l’altrettanto dura presa di posizione dal capogruppo di Lev Marco Grimaldi.

“Dalla relazione di Aimar abbiamo avuto la conferma delle molte lacune regionali non solo durante la gestione dell’emergenza ma, più grave, anche e soprattutto già durante i primissimi mesi dell’anno. Quella del Piemonte è stata a tutti gli effetti una partenza ad handicap – osserva Grimaldi – dovuta da un lato al lungo piano di rientro a cui siamo stati sottoposti, dall’altro ad una disorganizzazione interna: mi pare ad esempio del tutto incomprensibile quanto ci ha relazionato il direttore in merito alla mancanza di sei degli otto dirigenti della direzione. Ad eccezione di due figure infatti, gli altri, tra pensionamenti, trasferimenti e mancanza di trasporti, erano vacanti”.

Accuse subito rispedite al mittente dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi che, parlando con lo Spiffero, definisce “impudente e vergognoso l’atteggiamento di chi, nei cinque anni in cui ha governato, ha causato quel depauperamento della direzione regionale della Sanità, e oggi si mostra scandalizzato e accusa chi quella situazione l’ha ereditata e con la quale, pochi mesi dopo essersi insediato, ha dovuto affrontare l’emergenza”. Icardi cita numeri: “Prima dell’amministrazione di Sergio Chiamparino gli uffici della direzione regionale potevano contare su circa 280 persone, quando siamo arrivati noi ne abbiamo trovate 130. Ma abbiamo trovato anche le richieste di incrementare il personale fatte suo tempo sia dal direttore regionale Renato Botti, sia dal suo successore Danilo Bono, senza mai avere avuto risposta. Chi ha provocato questi guai, adesso ha l’impudenza di addossare a noi la responsabilità”.

L’assessore se la prende anche con la macchina burocratica e quelle “difficoltà incontrate ancora oggi per avviare i concorsi per la copertura dei posti vacanti e ottenere più personale”. Non ne fa il nome, ma il riferimento alla direzione retta da Paolo Frascisco è evidente. E Icardi mette rumorosamente sul tavolo anche la questione dello smartworking e il difficile rapporto con la burocrazia regionale e i sindacati. “Purtroppo ancora oggi siamo al 70 per cento del personale che lavora da casa e non sempre, per usare un eufemismo, questo risulta uguale a quello svolto in ufficio, ma l’assessore non ha potere su queste decisioni che spettano ad altri e che spero vengano presto riviste. Nel frattempo sopperiamo utilizzando risorse delle aziende sanitarie, ma ovviamente si tratta di un ripiego temporaneo e non certo esaustivo”.

Lo scontro politico, insomma, non ha mancato di affacciarsi già da una delle prime sedute della commissione di indagine. Oltre alla questione delle posizioni dirigenziali scoperte, oggi l’opposizione ha puntato l’indice anche sull’organizzazione della macchina dell’emergenza. “Il 23 febbraio, giorno nel quale il ministro Roberto Speranza assieme al presidente Cirio emanavano la prima ordinanza in merito all’emergenza Covid, la sanità piemontese non era neppure in grado di sapere se i piani pandemici erano ancora attuali e in funzione”, attacca Grimaldi.

“Una nave in partenza può non essere a conoscenza dell’arrivo di uno tsunami improvviso, e quindi non essere dotata del giusto equipaggiamento per farvi fronte, ma certamente tutti ci aspettiamo che a bordo vi siano almeno le scialuppe di salvataggio e i salvagenti per tutti i passeggeri: ecco, il Piemonte ad inizio pandemia non sapeva neppure di cosa disponeva nelle sue stive”. Il capogruppo di Lev denuncia come alla costituzione dell’organismo per la gestione dell’emergenza  “tra le otto aree funzionali di cui si stabiliscono i rispettivi referenti in seno all’Unità di Crisi, l’unica di cui manca completamente l’indicazione puntuale del funzionario è quella per la medicina territoriale e Rsa. La famigerata delibera sulle Rsa, uscita in bozza e pubblicata dopo alcune modifiche last minute, è di soli quattro giorni dopo. Forse – osserva Grimaldi – con scelte diverse, le cose nelle Rsa potevano andare in un altro modo, probabilmente migliore”.

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