TRAVAGLI DEMOCRATICI

Primarie Pd, babele sulle regole

Chi vuole allargare la platea dei certificatori e chi ridurre il numero dei sottoscrittori. Una decina le versioni del Regolamento che sarà approvato oggi dalla direzione regionale. Intanto, si spiana la strada alle candidature civiche. E incombe l'alleanza con il M5s

La si può chiamare dialettica interna, che fa fine e non impegna. L’impressione, davanti profluvio di schemi su come normare le primarie arrivate alla vigilia della riunione odierna della Direzione regionale del Pd, è però quella di tanti regolamenti su misura. Come un vestito da cerimonia dove c’è quello per lo sposo e quello per i testimoni, qui c’è il modello di regolamento per lo scalpitante candidato e quello per i supporter di altri papabili a correre per la designazione.

Per chiarire meglio il concetto basta prendere due delle oltre dieci proposte e andare all’articolo 8, comma 6. Nella versione (quasi) definitiva sono l’elemento principale. Già, perché stabiliscono che “nell’ambito delle primarie di coalizione gli iscritti al Pd possono sostenere candidati civici non espressione di partiti della coalizione che rispettino la carta dei valori e il codice etico del Partito”. Ogni eventuale eccezione che qualcuno volesse sollevare di fronte a notabili e dirigenti che si schierassero per un non iscritto al Pd così come ad un altro partito della coalizione sarebbe stroncata sul nascere. Fa comodo a Stefano Lepri pronto a lanciare nella mischia il presidente uscente del Comitato economico e sociale europeo, Luca Jahier, ma torna utilissimo a coloro (e potrebbero essere molti) che scaldano i motori per il rettore del Politecnico Guido Saracco. Funzionale, anche se non indispensabile, per il radicale Igor Boni che, essendo espressione di una formazione (+Europa) appartenente alla coalizione, può correre senza troppi problemi. Due righe indigeribili, però, per chi le vede come una ipoteca sul risultato finale. Tant’è che il vicepresidente del consiglio comunale Enzo Lavolta, primo tra i notabili dem ad annunciare la sua discesa in campo, quel comma dal suo modello di regolamento lo ha proprio cancellato. E si capisce.

Ma non finisce qui. Oggi, prima dell’approvazione da parte della Direzione, il segretario Paolo Furia avrà il suo bel daffare a cercare di trovare una sintesi tra i tanti, troppi?, modelli di regolamento dove c’è chi come lo stesso Lavolta chiede di ridurre al 10 la percentuale dei voti in assemblea per aprire le porte alle primarie, oggi fissata al 30 e chi come Monica Canalis vorrebbe ampliare la platea dei certificatori delle firme di presentazione. E poi ancora emendamenti e proposte, non di rado diametralmente opposti a seconda di chi li abbia partoriti. Una babele che potrebbe essere difficile da gestire anche a causa della modalità in cui si svolgerà la riunione, convocata in videoconferenza.

Facile prevedere che quel comma con cui si apre alla possibilità agli iscritti, ma soprattutto ai capicorrente, di appoggiare un esterno passi. Fa comodo a tanti. A chi punta su Jahier e a chi guarda a Saracco. Eccesso di cautela per evitare possibili grane? Probabile. Quel che è certo, invece, e che continua ad incombere come un macigno una decisione sulla candidatura presa non a Torino, come si continua ad assicurare da parte del partito provinciale e regionale, bensì a Roma.

Il tavolo nazionale continuamente evocato da Luigi Di Maio e non smentito categoricamente da nessuno del vertice piddino, incominciando dal vicesegretario Andrea Orlando tra i più propensi a tradurre sul terreno amministrativo l’alleanza di governo. A conferma di ciò, ieri l’intervista rilasciata da Roberto Morassut al Messaggero ha fatto scattare tutti i campanelli d’allarme tra i dem torinesi.

Se uno dei dirigenti nazionali del partito tra i più anti-Cinquestelle e decisamente contrario ad ogni ipotesi di alleanza cambia la linea, spiegando che a Roma “occorre partire dalla convergenza tra Pd e M5S per trovare una figura che incarni la nuova fase politica”, sotto la Mole hanno davvero di che preoccuparsi. Chi è vecchio dei boschi piddini, non solo piemontesi, ci ha messo un attimo a capire e arrivare alla conclusione: “Se anche lui spinge per l’accordo, vuol dire che il tema è stato metabolizzato”. Ulteriore ragionamento: “Se si fa a Roma, non si può non fare a Torino”.

Con questo scenario possibile e sempre più probabile “Saracco può risolvere il problema”, spiega chi ne ha viste tante e ha imparato a usare gli occhiali giusti, togliendo quelli da sole appena prima che cambi il tempo. E se il Magnifico potrà risolvere il problema di una convergenza tra Pd e Cinquestelle, non è difficile immaginare che oggi il regolamento che uscirà dalla Direzione Regionale per poi approdare alla federazione torinese conterrà quel comma 6 con cui si sancisce la possibilità per gli iscritti al Pd di sostenere candidati civici alle primarie.

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