ECONOMIA DOMESTICA

Un nuovo lockdown? Ferale per le imprese

Tutti gli indicatori restano negativi. Le buone notizie arrivano dal calo della cassa integrazione e dall'aumento dell'utilizzo degli impianti. Unione industriale: "Un'altra chiusura generalizzata sarebbe la fine del Paese. Attivare subito il Mes"

Le imprese piemontesi sono un po’ meno pessimiste rispetto a luglio, ma restano ancora molto prudenti. Tutti gli indicatori sul quarto trimestre – secondo l’indagine congiunturale presentata dagli industriali di Torino e del Piemonte – sono ancora negativi: -4,5% l’occupazione, -11,5% la produzione, -14,3% i nuovi ordini, -20,5% la redditività. Cala la cassa integrazione e risale il tasso di utilizzo degli impianti, restano depressi gli investimenti. Si attenua la crisi del terziario. “Regna l'incertezza ovunque. Ci auguriamo che non si vada incontro a un nuovo lockdown, sarebbe la fine del Paese e delle nostre imprese” afferma il presidente degli industriali torinesi, Giorgio Marsiaj. “Non capisco cosa si aspetti ad attivare il Mes, che per il Piemonte varrebbe due miliardi” aggiunge Marsiaj, che sottolinea come sia a rischio la tenuta sociale del tessuto economico torinese, “per fortuna che c’è la cassa integrazione, che ci sono la Germania e la Francia, che hanno progettato Next Generation Ue”.

Meno drastico nei giudizi, Marco Gay, presidente degli industriali piemontesi, secondo cui "la ripartenza c’è, perché la risposta data dai nostri imprenditori è stata encomiabile. Anche grazie ai fondi europei, che valgono 14 miliardi per la nostra regione, possiamo metterci sui binari giusti in vista della ripresa”. Parole che trovano conferma nelle previsioni degli imprenditori, che per il 2020 stimano un fatturato stabile o con perdite contenute nel 58% dei casi e nel 4% in crescita, mentre nel 48% dei casi si stima un recupero del fatturato entro il 2021.

L’analisi dell'ufficio studi degli industriali evidenzia un generale miglioramento delle opinioni degli imprenditori, che sono stati intervistati nella prima metà di settembre. Pur restando tutti i negativi, i saldi tra ottimisti e pessimisti migliorano rispetto a metà anno, con le industrie che prevedono l'utilizzo della Cig che passano dal 55% al 39%, stabili le previsioni di investimenti, con il tasso di utilizzo degli impianti che sale dal 65% al 69%.

L'andamento è omogeneo con il settore servizi, che comprende solo in minima parte il turismo, che rientra in modo periferico nell'indagine degli industriali. Migliorano le aspettative, ma solo rispetto a giugno quando si toccarono i minimi storici, soprattutto per le aziende più grandi e con una vocazione maggiore all'export. Restano invece ai minimi dalla crisi Lehman le previsioni di investimento, mentre i dati sull'occupazione sono "drogati" dal blocco dei licenziamenti. I dati sono omogenei a livello provinciale, con il picco del 70% di imprese biellesi che stimano di dover fare ricorso alla cassa integrazione. Timidi segnali di ripresa dal comparto gomma-plastica, male il settore macchinari e apparecchi, il più importante con l’automotive che torna a crescere con un saldo ottimisti-pessimisti di +10%.

In chiusura Marsiaj ha confermato la sua previsione largamente ottimista sulla fusione Fca-Psa, auspicando che porti a un consolidamento dei fornitori e dei componentisti del settore automobilistico, un passaggio inevitabile perché “Pietà l’è morta, come si dice a Torino”. Gay dal canto suo auspica che le imprese tornino a puntare sul piano Industria 4.0, e sui licenziamenti oggi bloccati ribadisce: “Le imprese devono potersi riorganizzare. Serve un piano serio di politica attiva da parte della regione e del Governo, il rischio è di perdere il treno della ripresa”.

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