EMERGENZA SANITARIA

Covid, la metà dei ricoverati potrebbe essere curata a casa

Siamo praticamente nelle stesse condizioni di marzo. Con "l'arma spuntata" della medicina territoriale non possono che crescere le degenze ospedaliere. La contesa sui farmaci Plaquenil e Remdesivir. L'assessore Icardi: "Pronti a una sperimentazione regionale"

La corsia d’ospedale diventa d’emergenza se la strada su cui deve viaggiare la medicina del territorio si fa troppo stretta e accidentata. Più di uno studio indica che circa il 50 per cento delle persone colpite da Coronavirus che varcano le porte dell’ospedale potrebbero essere curate tra le mura domestiche. Ed è altrettanto noto, nonché attestato dalla drammatica esperienza della primavera scorsa, che un approccio il più possibile rapido alla malattia può abbassare notevolmente l’ospedalizzazione e, in molti casi, il successivo ricorso alle terapie intensive. Eppure a fronte di questi dati e di queste esperienze, nonostante passi in avanti sulla medicina territoriale se ne siano fatti anche se non sempre a sufficienza, il numero dei ricoveri in Piemonte continua a crescere di giorno in giorno imponendo, come già capitato per la prima (ma che non sarà l’unica) volta ad Alessandria, il ricorso a cliniche private da adibire a Covid Hospital. Ieri i ricoverati non in gravi condizioni erano 1.111, oggi saranno certamente di più e domani pure.

A questo scenario, dopo tante, troppe, parole sul potenziamento della medicina del territorio si arriva con quella che l’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi non esita a definire “un’arma spuntata”. A mozzare la lancia che aveva dimostrato di funzionare bene contro il Covid è stata, e nonostante ripetute richieste di rivedere la sua posizione, l’Aifa. Per l’Agenzia italiana del farmaco l’idrossiclorochina, meglio conosciuta con il nome commerciale di Plaquenil, non deve essere usato. Invece quando è stato usato, rapidamente all’insorgere dei primi sintomi e addirittura in alcuni casi ancora prima dell’esito del tampone spesso frenato da lungaggini non ancora superate, il farmaco che costa alla scatola quanto un pacchetto di sigarette ha dato più che buoni risultati. Laddove è stato utilizzato in una sperimentazione diffusa nel protocollo approvato dalla Regione e battezzato Covid a Casa i ricoveri dei pazienti sono stati ridotti in maniera più che significativa. Ma a un certo punto, la prestigiosa rivista scientifica Lancet mette in dubbio l’efficacia del farmaco, il 25 maggio scorso l’Oms sospende gli studi sull’idrossiclorochina e il giorno successivo l’Aifa interrompe l’autorizzazione per la cura del Covid. A giugno Lancet ritorna sui suoi passi, l’Oms riprende i suoi studi e in Italia 140 medici si rivolgono all’Aifa chiedendo di revocare il divieto. A luglio l’agenzia conferma la decisione che resta tutt’ora in vigore. “Ho chiesto più volte di rivedere la posizione”, ricorda Icardi che anche in qualità di coordinatore per la Sanità in Conferenza delle Regioni si è rivolto ad Aifa.

“Ci siamo confrontati anche con il presidente Domenico Mantoan, alla luce di recenti studi che hanno rivisto le posizioni su questo farmaco che noi in Piemonte abbiamo utilizzato con risultati evidenti su pazienti al loro domicilio”, ma fino ad oggi nulla è cambiato. Sto continuando a fare pressione sull’agenzia del farmaco per consentirne l’utilizzo che in Piemonte ha dato risultati incoraggianti – spiega l’assessore – e come Regione stiamo ragionando su come, in piena osservanza delle norme, poterlo riammettere nel protocollo”. Una delle strade su cui si sta lavorando è quella della sperimentazione, così come il ricorso alla legge 648 del 1996 che in mancanza di terapie efficaci per una malattia consente un procedimento sperimentale meno complicato e più agile.

Nel frattempo l’Oms ha dichiarato la non efficacia del Remdesivir, farmaco usato in ospedale, dove adesso la cura del Covid nei casi non da terapia intensiva o subintensiva si sostanzia in cortisone ed eparina. Farmaci che potrebbero essere somministrati a casa, insieme all’idrossiclorochina, evitando di saturare i reparti ospedalieri e garantendo ai pazienti la cura in un ambiente certamente preferibile. Alcuni medici di famiglia il Plaquenil lo prescrivono, su ricetta bianca e lo somministrano con il consenso informato dei pazienti, ma certo non è la stessa cosa a livello di diffusione delle terapia rispetto alla presenza del farmaco nel protocollo della Regione dal quale è stato eliminato dopo il divieto di Aifa.

“Una decisione dell’Aifa serve adesso”, sottolinea Icardi con davanti i dati in costante aumento dei ricoveri e uno scenario dove la medicina del territorio “si vede spuntare le armi” proprio dall’agenzia del farmaco. Alcune di quelle messe in campo, come le 90 Usca, le Unità speciali di continuità territoriale, stanno funzionando, altre come il personale infermieristico da usare al di fuori degli ospedali mostrano ancora carenze. “Alle Asl abbiamo dato indicazioni precise di assumere senza limitazioni di spesa. Alcune lo hanno fatto, altre potrebbero e dovrebbero fare di più”, ammette Icardi. Un più stringente controllo da parte degli uffici  di corso Regina sul rispetto delle indicazioni date ai vertici delle aziende e uno sprone deciso non avrebbe guastato, visto l’esito insoddisfacente in più una provincia, anche se talvolta l’inerzia delle Asl ha incrociato la difficoltà di reperire il personale.

In Regione si sta valutando di accentuare il rapporto tra medicina territoriale e ospedaliera in modo tale da gestire in maniera omogenea le scelte, motivate, di ricoveri e la possibilità di curare a casa quegli ammalati che non richiedono di essere portati in ospedale. È a dir poco strano, infatti, vedere anche nella stessa provincia zone in cui a fronte dello stesso numero di colpiti da Covid vi siano percentuali di ricoveri differenti. E mentre il fronte degli ospedali mostra già una pressione crescente, è sull’altro – quello del territorio – già ben individuato mesi addietro come cruciale nella strategia contro il Coronavirus che bisogna contare. Possibilmente senz’armi spuntate.

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