VERSO IL 2021

Nessuna stampella ad Appendino,
ma dal Pd campo largo per Torino

No a pateracchi di fronte al "fallimento" grillino, però apertura ai delusi del M5s. "Anche nei momenti di maggiore tensione abbiamo fatto prevalere gli interessi della città", spiega il capogruppo Lo Russo che lavora a una "alternativa di sviluppo" con ampio coinvolgimento

Una sindaca senza maggioranza. Con l’uscita di Damiano Carretto dal gruppo del Movimento 5 stelle, Chiara Appendino sarà costretta di volta in volta a trovarsi i voti in Sala Rossa per far approvare gli ultimi provvedimenti in questo crepuscolo di consiliatura. Venti, infatti, sono oggi gli esponenti grillini rimasti fedeli alla prima cittadina, chi più e chi meno, altrettanti i componenti delle minoranze: in Consiglio Appendino potrà mettere sul piatto della bilancia il suo voto, ma nelle varie commissioni i rapporti di forza sono equivalenti, costringendo la capogruppo Valentina Sganga a cercare di volta in volta un soccorso tra i banchi, ancorché virtuali, dell’opposizione.

Nel corso di questi travagliati quattro anni e mezzo avevano già abbandonato il caravanserraglio grillino Deborah Montalbano, Marina Pollicino e Aldo Curatella e con l’addio di questi ultimi due, nei mesi scorsi, la maggioranza è inciampata più volte su numeri sempre più risicati, al punto che per approvare alcuni provvedimenti era stato necessario il soccorso del consigliere di Forza Italia Osvaldo Napoli. Lo stesso che oggi, a poche ore dall’uscita di Carretto, offre la propria disponibilità  a “mettere gli interessi di Torino e dei torinesi prima e sopra gli interessi di partito. Un ceto politico geloso della propria credibilità e autorevolezza deve assumersi in modo limpido le responsabilità connesse all’ora difficile che la città deve affrontare, stretta fra la crisi sociale e un’emergenza sanitaria senza fine”. A leggere in filigrana la nota dell’esponente azzurro emerge la disponibilità a una gestione condivisa fino alle nuove elezioni, scongiurando l’arrivo di un commissario. Atteggiamento “responsabile”, quello di Napoli, non condiviso non solo dalle altre forze del centrodestra ma neppure apprezzato dal suo stesso partito.

Il problema dei numeri in Aula (e non solo) viene minimizzato da Sganga, che nel fare appello alla “vicinanza di valori e idee, condivise in questi anni”, è certa che “ci porterà spesso a votare nello stesso modo”. Sarà. Il problema politico resta ed è su quello che si concentra il numero uno della pattuglia Pd Stefano Lo Russo, candidato aspirante sindaco:  “L’ennesima defezione è il segno del fallimento politico di Appendino e della debolezza strutturale di un progetto, quello del M5s, che alla prova del governo si è squagliato come neve al sole per l’incapacità di coniugare una dimensione valoriale con la pratica amministrativa, due elementi che trovano la sintesi proprio nella politica. Secondo Lo Russo, inoltre, Appendino ha “una giunta debolissima e una maggioranza inconsistente e litigiosa che hanno aggravato la crisi della città”.

Ma a questo punto quale sarà l’atteggiamento del Pd? Pronto a dare una mano, qualora la sindaca lo chiedesse? “Anche nei momenti di maggiore tensione, abbiamo orientato il nostro voto verso provvedimenti che condividevamo e su alcune scelte strategiche, penso alle Olimpiadi o alla seconda linea della metropolitana. Abbiamo più volte proposto alla sindaca il nostro sostegno, ma lei ha sempre anteposto la coesione all’interno del proprio gruppo agli interessi della città”. Secondo Lo Russo, però, ormai è il momento di guardare ai prossimi dieci anni e di “costruire un’alternativa di sviluppo della città”. In questo senso, dice, “siamo convinti che anche una parte di quelli che hanno creduto in una prospettiva di cambiamento affidando le sorti di Torino ai Cinquestelle possano, anche alla luce di quello che si è verificato, aiutarci a costruire un progetto credibile e forte che rilanci la città. Il perimetro della coalizione di centrosinistra è definito ma siamo convinti che la proposta politica possa intercettare almeno in parte un consenso largo e trasversale non solo nel mondo M5s ma anche nel campo moderato del centrodestra che non si riconosce nella deriva urlata e radicale di Salvini e Meloni”.

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