EMERGENZA IN CORSIA

Mille posti nei Covid Hotel
per alleggerire gli ospedali

Camere per ospitare pazienti dimessi ma ancora positivi e chi non può rimanere isolato in casa. Le disposizioni della Regione alle Asl: subito i contratti con gli alberghi e assunzione del personale per l’assistenza

Un posto ogni 4mila abitanti, ovvero mille per tutto il Piemonte. Tanti dovranno essere quelli al più presto disponibili nei Covid Hotel. Dovranno servire per ospitare quei pazienti che pur essendo ancora positivi sono in condizioni da consentire, in assoluta sicurezza, la loro dimissione dall’ospedale ma per vari motivi, incominciando dal non poter contare su un isolamento domiciliare, non possono tornare subito a casa.

Gli alberghi serviranno anche per accogliere gli ammalati che, pur non richiedendo cure ospedaliere, per evitare contagi famigliari non possono rimanere nella loro abitazione. Il ricorso a queste strutture non è una novità assoluta, già nel corso della prima ondata del Coronavirus la soluzione alberghiera era stata individuata come la principale in grado di evitare il sovraffollamento degli ospedali, ma salvo rarissimi casi non si era andati oltre l’aver messo sulla carta un progetto che, invece, adesso la Regione adotta con decisione tanto da definire i numeri necessari e sollecitare le Asl ad agire tempestivamente. 

Spetta, infatti, alle aziende sanitarie stipulare in fretta i contratti con gli alberghi del territorio di competenza, garantendo l’osservanza dei parametri fissati dal Dirmei e formalizzati da un atto della Regione. La disponibilità di camere c’è, visto che sono circa duemila quelle conteggiate nella manifestazione di interesse sollecitata dalla Regione e che, contrariamente a quanto accaduto in estate, ha visto una risposta notevole da parte degli albergatori.

Ad agosto a Torino era stato soltanto un hotel, il Bologna di corso Vittorio a dare la disponibilità e fino ad oggi resta l’unico ad essere stato riconvertito per ospitare persone positive al virus nelle sue quaranta camere, gestite direttamente dell’Asl Città di Torino. Il titolare, Simone Visconti, ha spiegato quella decisione solitaria con il calo di fatturato e le prospettive che non lasciavano ben sperare. Altri hotel sono stati adibiti allo stesso utilizzo in alcune province, ma si è comunque trattato di iniziative sporadiche e non inserite in un quadro omogeneo capace di garantire quel deflusso dagli ospedali, oggi una necessità urgente di fronte all’avvicinarsi della soglia oltre la quale il sistema collassa.

La delibera per l’aggiornamento delle linee guida che oltre alle Rsa riguarda proprio i Covid hotel, proposta dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi e al Welfare Chiara Caucino, approvata ieri sera indica una serie di parametri oltre a quello del rapporto camere-abitanti. Su indicazione del Dirmei sono stati, tra l’altro, individuati tre livelli di ospitalità alberghiera: da quello paragonabile alla normale ospitalità, dedicato a persone che non hanno bisogno di assistenza ma solo di un luogo di isolamento in attesa che il tampone accerti la loro negatività al virus, a uno intermedio con una bassa intensità di assistenza, per passare a livello superiore dove è prevista la presenza di un oss ogni dieci ospiti, sei ore di assistenza infermieristica con reperibilità e comunque, in ogni caso, la garanzia di un intervento in caso di necessità delle Unità speciali di continuità assistenziale.

Per il personale da impiegare nei Covid hotel le aziende sanitarie potranno utilizzare propri dipendenti o, assai più probabilmente vista la scarsità, attingere all’elenco frutto delle manifestazioni di interesse all’appello della Regione che in pochissimi giorni ha già portato ad oltre trecento, tra Oss, allievi, infermieri e assistenti domiciliari, il numero delle persone disponibili (anche residenti in altre regioni) a lavorare occupandosi di persone positive al virus. Spetta, anche in questo caso, alle Asl stipulare in fretta i contratti con gli alberghi, preferendo quelli di medie e grandi dimensioni per concentrare il lavoro di assistenza, e assumere il personale. Poi toccherà agli ospedali utilizzare queste strutture per liberare posti letto, e alla medicina territoriale per evitare ricoveri nei casi in cui è possibile.

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