EMERGENZA SANITARIA

"Non togliete l'ossigeno
alle terapie domiciliari"

Allo studio di Aifa criteri più stringenti per l'uso delle bombole a casa. Forte preoccupazione dei medici. Venesia (Fimmg): "Tutte le prescrizioni sono appropriate e si riducono i ricoveri". L’infettivologo Chichino: "Così più semplice dimettere pazienti dall'ospedale"

L’Aifa sta lavorando a un protocollo per l’utilizzo dell’ossigeno nella cura domiciliare dei pazienti colpiti dal Coronavirus. Una notizia di quelle che non rimbalzano sui social e neppure si guadagnano titoli in prima pagina. Invece allarma, e non poco, chi i malati li cura a casa (quando possibile), ma anche chi dopo averli curati in ospedale a casa vorrebbe volentieri rimandarli.

L’intervento che l’Agenzia Italiana del farmaco starebbe predisponendo andrebbe a regolare l’uso delle bombole – carenti in più di una regione – per le cure domiciliari, ma il timore più che fondato è quello di un giro di vite o, nella migliore delle ipotesi, una farraginosità nelle procedure che potrebbe seriamente pregiudicare uno degli aspetti peculiari della terapia domiciliare. “La commissione tecnico-scientifica di Aifa sta valutando la possibilità di predisporre una scheda sull'uso dell'ossigeno, analoga a quelle già definite efficacemente per i farmaci utilizzati nel trattamento del Covid-19, a supporto di un utilizzo responsabile dell'ossigenoterapia, che ottimizzi l'uso delle risorse disponibili in questa fase di difficoltà operativa", ha dichiarato la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa rispondendo a un’interrogazione in commissione alla Camera, confermando dunque l’intenzione dell’agenzia presieduta diretta da Nicola Magrini.

La nuova regolamentazione sull’uso dell’ossigeno per la cura domiciliare dei pazienti Covid arriverebbe poche settimane dopo la decisione della Regione di consentirne la prescrizione non solo più agli specialisti e alle Usca, le unità speciali di continuità assistenziale, ma anche agli stessi medici di famiglia superando così difficoltà lungaggini e abbreviando i tempi, molte volte cruciali per evitare il ricovero.

Una decisione quella del Piemonte che ha percorso quelle analoghe di molte altre regioni, come la Puglia che proprio ieri ha annunciato un identico provvedimento. Gli stessi medici di medicina generale che hanno chiesto con decisione e poi ottenuto la possibilità di prescrivere la fornitura di ossigeno per i pazienti Covid, adesso temono non senza motivo un incomprensibile giro di vite da parte dell’Aifa o, comunque, una serie di indicazioni e parametri in base ai quali poter o meno chiedere la fornitura di bombole ai loro assistiti. 

Purtroppo è già capitato con alcuni farmaci, in merito ai quali l’agenzia ha assunto posizioni contrastanti e contraddittorie come sul Plaquenil prima e sul Remdesivir in questi giorni con una raccomandazione negativa che prelude a imminenti indicazioni restrittive d’uso. Proprio in virtù di questi precedenti e guardando all’intenzione di Aifa di stabilire criteri presumibilmente rigidi per la prescrizione, tra i medici cresce la preoccupazione e anche un po’ di irritazione.

“Quando si compila un piano terapeutico il medico, ovviamente, lo fa con la consueta assunzione di responsabilità”, ricorda Roberto Venesia, presidente regionale di Fimmg, la federazione italiana dei medici di medicina generale, il principale sindacato di quelli che un tempo si sarebbero chiamati mutualisti. Un modo diplomatico per dire che nessun medico prescrive l’ossigeno se non è necessario. E lo è tanto più in quei casi di pazienti colpiti dal virus che possono essere curati a casa e non potrebbero esserlo se non avessero a disposizione la bombola.

“Uno dei miei pazienti sarebbe entrato sicuramente in ospedale se non avessi chiesto e ottenuto nel giro di meno di sei ore l’ossigeno. Adesso dopo poco più di una settimana, il livello di saturazione è decisamente migliorato, grazie ovviamente ai farmaci, ma ripeto quella sera se non fosse arrivata la bombola il ricovero sarebbe stato inevitabile”, spiega il sindacalista dei camici bianchi che conferma come siano in numero decisamente crescente i medici di famiglia che prescrivono l’ossigeno, “ovviamente quando la situazione lo richiede. Nessuno si sogna di abusarne”. Cosa che invece, pare sottintendere il provvedimento allo studio di Aifa, quando si riferisce a “un utilizzo responsabile che ottimizzi l'uso delle risorse disponibili in questa fase di difficoltà operativa”.

Attestato dagli stessi medici di famiglia che l’uso dell’ossigeno e la rapidità della procedura ottenuta grazie alla possibilità di prescriverlo senza dover ricorrere allo specialista, solitamente un pneumologo, o alle Usca stanno riducendo il numero di ricorsi all’ospedalizzazione, c’è un altro aspetto non meno importante nell’emergenza Covid che potrebbe essere messo in difficoltà dall’eventuale restrizione da parte dell’agenzia del farmaco. Riguarda proprio i ricoverati. “Poter fornire l’ossigeno a casa è cruciale non solo per poter evitare dei ricoveri, ma altrettanto per consentire di dimettere pazienti che resterebbero in ospedale solo proprio per avere quell’aiuto nella respirazione nella fase di evoluzione positiva della malattia”, spiega Guido Chichino, primario di infettivologia all’ospedale di Alessandria, tra i medici che hanno elaborato il protocollo adottato dalla Regione per le terapie domiciliari. Protocollo che potrebbe veder ridotta la sua efficacia se l’Aifa, di fronte ad alcune situazioni di difficoltà nel reperire l’ossigeno, deciderà di introdurre criteri più restrittivi.

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