LITE IN FAMIGLIA

Azione, ribelli in ritirata

È durato meno di ventiquattr'ore il tentativo di fronda interna al partito piemontese di Calenda contro il coordinatore Lubatti. Alcuni non sarebbero neanche iscritti, altri hanno già ritrattato

Hanno tentato la spallata, ma dalla prova di forza rischiano di uscirne con le ossa rotte. E non solo perché dei 54 sottoscrittori del documento contro il segretario regionale Claudio Lubatti molti non risulterebbero neanche iscritti ad Azione, ma anche perché tra loro c’è stato chi ha chiesto di ritirare la propria firma appena la notizia è stata pubblicata dallo Spiffero. Della questione non si è neanche parlato, ieri sera, durante una call in cui erano collegati oltre cento attivisti e quadri del partito di Carlo Calenda in Piemonte, e il documento in cui veniva messo all’indice l’ex assessore di Piero Fassino ancora non è stato inviato ai vertici locali e nazionali. Una sommossa soffocata in meno di ventiquattr’ore? Sembrerebbe proprio così.

"Che partito siamo?" è il titolo del documento fatto circolare ieri dai dissidenti e dal quale si sono già dissociati Giorgia Giachetti, Paolo Sgarlata, Enrico Boggio, Eugenio Grillo, Luca Muscat, Edmondo Bertaina. Le notizie che filtrano dal fronte dei ribelli, capeggiati da Giorgio Diaferia, medico di famiglia, dai lontani trascorsi socialisti e dal 1993 al 1997 consigliere comunale dei Verdi, e dall’ex vicesindaco repubblicano Aldo Ravaioli, sono frastagliate. Questa sera in una call del gruppo dovrebbero esserci dei chiarimenti.

A quanto pare alcuni dei firmatari sarebbero rimasti di sasso quando, alla pubblicazione del documento, hanno avuto modo di contare le truppe sul campo. “Chiediamo un congresso ma siamo una cinquantina su ottocento iscritti a Torino e 1.700 in Piemonte” ha ragionato qualcuno, mentre nella maggioranza del partito c’era chi gongolava: “Bene hanno certificato la forza della loro area: valgono il 3% a Torino e l’1,8% a livello regionale”.

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Secondo quanto viene riferito, la vera frattura tra il gruppo dei dissidenti e Lubatti sarebbe avvenuta sulle strategie in vista delle amministrative del 2021: mentre Diaferia e Ravaioli, infatti, spingevano per un sostegno al rettore del Politecnico Guido Saracco, sostenendo questa posizione anche ad alcune riunioni del tavolo della coalizione, Lubatti è sempre rimasto coperto ben sapendo che Torino non rappresentava che uno dei tanti pezzi sullo scacchiere nazionale e che la strategia l’avrebbe dettata lo stesso Calenda. Ora che non c’è neanche più l’opzione Saracco restano solo le fratture. Secondo qualcuno ormai insanabili.

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