LOTTA AL COVID

Vaccinazioni, Asl in affanno gli ospedali "prestano" i medici

Gli ospedali hub forniranno personale per le somministrazioni nelle Rsa. Se le aziende sono già in crisi adesso cosa succederà quando si dovrà sottoporre tutta la popolazione? Rivetti (Anaao): "I reparti sono da anni a corto di dottori e ci sono prestazioni da recuperare"

La coperta sanitaria è corta e questo lo si sa da tempo. Ma che accadesse di vederla tirare anche in questa prima fase della campagna vaccinale, oggettivamente la più semplice rispetto a quelle che seguiranno, non può che allarmare e indurre a più d’una riflessione su quel che si è fatto, più ancora su quel che non si è fatto, dopo la prima ondata e nel periodo di tregua concesso dal virus e conquistato grazie al duro lockdown della primavera scorsa.

La disposizione arrivata già ad alcuni ospedali hub, ovvero quelli di maggiori dimensioni e dove si praticano le cure più complesse, di mettere a disposizione delle Asl medici per le vaccinazioni nelle Rsa, ma anche per lo stesso personale sanitario compreso nella prima fase, suona come un campanello, anzi una sirena, di allarme. Se, come sta accadendo, la Regione chiede alle aziende ospedaliere di mettere a disposizione personale medico da impiegare all’esterno, la spiegazione non può esse che una: la medicina territoriale continua ad essere sottodimensionata, inadeguata e non rafforzata come era stato promesso di fare già prima dell’estate e chiesto dalla Regione alle Asl, ripetendo ai direttori generali di assumere tutto il personale necessario senza vincoli di spesa.

Se, adesso, si devono “spostare” medici dai loro reparti in ospedale mettendoli a servizio delle Asl per vaccinare gli ospiti delle strutture assistenziali o per rafforzare gli ambulatori dove si procede all’immunizzazione del personale sanitario, dov’è l’annunciato rafforzamento della medicina territoriale? Perché le assunzioni, sollecitate dalla Regione e dagli stessi sindacati che più volte hanno lamentato lentezze e insufficienze, impongono già in questo periodo un travaso di camici bianchi dalle corsie verso l’esterno? Sta di fatto che il reclutamento di medici ospedalieri per comporre team vaccinali da impiegare laddove dovrebbe bastare il personale delle Asl, è già incominciato. Le adesioni sono su base volontaria, ma la disposizione è perentoria. I responsabili dei dipartimenti e delle strutture di alcune Aso hanno già incominciato a raccogliere le disponibilità. I numeri variano in base alle dimensioni dell’azienda, delle necessità del territorio, dal personale di cui dispone e si è dotata in questi mesi l’Asl, oppure di cui è carente.

Le prime reazioni, non poche di sconcerto tra il personale ospedaliero che pure sta rispondendo assicurando l’aiuto richiesto, non si fanno attendere. “Sappiamo bene quanto sia importante la campagna vaccinale e conosciamo il senso di responsabilità dei medici, ma non possiamo non esternare tutta la nostra preoccupazione”, dice Chiara Rivetti, segretaria regionale di Anaao-Assomed, uno dei maggiori sindacati dei medici ospedalieri. 

“Preoccupazione perché questa situazione se da un lato pone in evidenza l’insufficienza della medicina territoriale, dall’altro vede attingere risorse professionali dagli ospedali che già soffrono per organici ridotti negli anni e che dovrebbero anzi vederli aumentare per fronteggiare – osserva Rivetti - l’emergenza Covid, ma anche per recuperare tutte quelle prestazioni che la pandemia ha purtroppo impedito di fornire o rallentato in maniera molto pesante”. Per il sindacato c’è poi anche l’aspetto che riguarda una mancata condivisione della decisione assunta e della quale le rappresentanze non erano state informate.

L’aspetto più grave, però, è ancora un altro e riguarda quel che succederà quando, terminata la prima fase, si passerà alla vaccinazione degli ultraottantenni e poi a scendere, tutti gli over 60 che in Piemonte sono poco meno di un milione e mezzo. Non è un caso che guardando a questa parte della campagna vaccinale e all’ormai annunciata dal commissario nazionale Domenico Arcuri di inviare gli oltre duemila sanitari di rinforzo, l’assessore alla Sanità Luigi Icardi abbia più volte affermato che “senza i medici di famiglia non se ne esce”, ribandendo l’indispensabilità dei mutualisti per far fronte a quei numeri, dieci volte superiori a quelli della fase in corso.

Saranno un grande aiuto i medici di medicina generale, ma non basteranno e di certo non potranno reggere quando si tratterà di vaccinare tutto il resto della popolazione. La medicina del territorio che le Asl avrebbero dovuto potenziare anche in vista delle vaccinazioni, oggi deve già chiedere aiuto agli ospedali. Invece di tirarla adesso, la coperta, qualcuno avrebbe dovuto allungarla.

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