LOTTA AL COVID

Pfizer taglia ancora le forniture, salta il piano delle vaccinazioni

Rallenta la campagna di immunizzazione. Nuove regole alle aziende sanitarie: "Fate scorte per i richiami". Oggi vertice con i direttori. Icardi: "Siamo preoccupati". Slittano tutti i tempi. E al San Giovanni Bosco scoppia un focolaio: 35 pazienti e 8 sanitari infettati

“Fate bene i conti e prima di fare nuovi vaccini assicuratevi di avere la dose per il richiamo”. L’indicazione che i direttori generali delle Asl riceveranno oggi dall’Unità di Crisi trasforma da speranza in illusione la prospettiva che le forniture da parte di Pfizer possano tornare regolari in tempi brevi. Difficile, se non impossibile, immaginare che le date fissate appena pochissimi giorni fa dal Dirmei per la conclusione del primo ciclo di inoculazioni, il 27 gennaio, e per i richiami, il 21 febbraio, possano essere rispettate. Tutti prevedono uno slittamento, nessuno ad oggi se la sente di fissarne altre. E, come in un domino, rischiano di allungarsi i tempi anche per la seconda fase, quella che dovrà vedere vaccinati gli anziani partendo dagli ultraottantenni.

Anche se l’atteso prodotto di AstraZeneca sarà validato dall’Ema prima e dall’Aifa subito dopo, alla fine di gennaio, con le prime forniture il 10 di febbraio, si potrebbe porre il problema del personale necessario. È pur vero che il Piemonte ha appena siglato l’accordo con le rappresentanze dei medici di medicina generale per un loro imponente e decisivo apporto in quella fase della campagna vaccinale, ma è altrettanto vero che alcuni nodi restano da sciogliere, come quello dei luoghi in cui effettuare le iniezioni. Molti mutualisti mostrano più di una perplessità, se non forti difficoltà a utilizzare i loro studi professionali e con una coda della prima fase ancora in atto, per via dei ritardi, anche l’utilizzo delle strutture sanitarie pubbliche potrebbe farsi più complicata.

Dunque non c’è solo, e già sarebbe gravissimo, il ritardo sulla prefissata tabella di marcia per completare la prima fase, ma si teme anche che la decisione di Pfizer possa ripercuotersi su quella successiva. Il colosso farmaceutico ieri ha comunicato che la prossima settimana verranno consegnate solo 32.760 dosi, rispetto alle circa 50mila previste. L’ultima consegna era già stata decurtata di 5.850 unità. Il colosso statunitense avrebbe garantito, per l’Italia, il recupero del gap al 15 di febbraio. Pur prendendo per buono questo annuncio, crescono i dubbi circa il completamento della prima fase in Piemonte appena sei giorni dopo. Più che giustificata, dunque, la “forte preoccupazione” manifestata dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi che nell’analisi di quanto sta succedendo non rinuncia a una punta di polemica su quella corsa che si era scatenata tra le Regioni, alimentata pure da esponenti di Governo come la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa con i suoi incitamenti a correre sulle vaccinazioni. “Se il Piemonte avesse continuato a mettere da parte una seconda dose per ogni prima effettuata, non ci troveremmo in questa situazione”, spiega Icardi ricordando come l’avvio fosse stato improntato prudenzialmente proprio a garantire le quantità necessarie per i richiami, anche nel caso di difficoltà che poi puntualmente si è verificato.

La competizione a chi faceva più vaccini e le decise spinte in tal senso con la colpevolizzazione delle Regioni che procedevano a rilento ha poi portato a scendere prima al 20 e poi risalire al 30 per cento, deciso dal commissario nazionale Domenico Arcuri, della quota di stoccaggio. Adesso si è arrivati alla situazione, per molti versi paradossale, che anche il Piemonte deve “cedere”, in un’azione di solidarietà e compensazione, dosi a chi ne ha accantonato meno o quasi nulla, come il caso della Campania dov’era stato celebrato il record di inoculazioni.

Un criterio quello adottato inizialmente dal Piemonte che viene ricordato positivamente anche dal commissario responsabile per la campagna vaccinale Antonio Rinaudo, anch’egli critico su quella che definisce “la gara a chi vaccinava di più”. Anche sulle date l’ex magistrato è estremamente cauto: “Se Pfizer continua a centellinare i vaccini, slitta tutto”. Da qui la disposizione che verrà impartito oggi ai vertici delle Asl: “Se si fanno cento vaccini, ci devono essere cento dosi per il richiamo”.

Un dato confortante in questa situazione tanto assurda quanto drammatica, ma non inedita visto quanto accadde con Sanofi e la mancata distribuzione di una parte considerevole dei vaccini antinfluenzali (poi ricevuti dopo pesanti pressioni della Regione), arriva dal fronte della vaccinazione del personale sanitario, dove con una percentuale attorno al 70% la campagna è sta andando più speditamente rispetto al secondo fronte, quello delle Rsa, dove per una serie di problemi, a partire da quello del consenso informato, si è partiti in ritardo e con una rapidità minore.

Quanto sia necessario completare il più in fretta possibile l’immunizzazione del personale sanitario lo ricorda, drammaticamente, quanto appena accaduto nell’ospedale San Giovanni Bosco dove si è sviluppato un focolaio di infezione. Ben 35 pazienti e 8, tra medici e infermieri, hanno contratto il Covid. Sono stati tutti trasferiti, in parte al Martini, in parte all’Oftalmico, mentre tre reparti dell’ospedale sono stati chiusi per la sanificazione.

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