VERSO IL VOTO

Accordo senza primarie su Torino

Sorpresa: il Pd scopre che le consultazioni online per individuare il candidato a sindaco non sono poi così auspicabili visti i tempi e le incognite legate a un applicativo che nessuno ancora ha visto. Incontro da remoto tra i vertici locali e nazionali all'insegna del presto ch'è tardi

Più di sei mesi a parlare di primarie e ora il Pd scopre che un accordo politico è auspicabile più delle le consultazioni interne che - nessuno lo dice - non è chiaro né se, né come possano essere celebrate giacché l'applicativo di cui raccontano dal Nazareno non è ancora disponibile e (forse) lo sarà a fine febbraio, magari a inizio marzo. Più probabilmente mai. Insomma a un mese di distanza dall'inizio della campagna elettorale del candidato di centrodestra, che dall'inizio del nuovo anno si è messo a girare la città e da qualche giorno ha pure iniziato ad affiggere i suoi manifesti, i dem hanno scoperto che è ora di chiudere il cerchio.

Così le primarie finiscono in fondo non solo ai desiderata del gruppo dirigente ma anche al comunicato stampa con cui in stretto politichese il Pd auspica un “accordo politico che passi tramite un’ampia condivisione nel partito e nella coalizione” per individuare il candidato a sindaco di Torino. Bisogna leggere in filigrana le note ufficiali per interpretare quella che appare come un’accelerazione nel lungo, travagliato (e ormai pure un po' stucchevole) processo per l’indicazione dell’alfiere di una coalizione ancora divisa sui nomi in campo e che ora sente il fiato sul collo degli avversari. 

Questo pomeriggio sono tornati a confrontarsi da remoto i vertici del Pd nazionale – la responsabile Enti Locali Caterina Bini e il titolare dell’iniziativa politica Nicola Oddati – e quelli territoriali capitanati dai segretari Mimmo Carretta (Federazione di Torino) e Paolo Furia (Pd Piemonte). Un’ora per definire un percorso che si auspica il più breve possibile, giacché come ha fatto notare il consigliere regionale Daniele Valle, anche lui collegato “il candidato del centrodestra è già in campagna elettorale e ha tappezzato la città di manifesti”.

“Da parte di tutti i partecipanti è emersa piena consapevolezza dell’importanza dell’appuntamento elettorale e dei tempi che diventano sempre più stretti per presentare una proposta alla città” si legge ancora nel surreale comunicato stampa. A quattro mesi dalle elezioni hanno preso consapevolezza dell'importanza dell'appuntamento elettorale. Meglio tardi che mai.

Ora sta ai candidati in campo trovare una sintesi, favorire un accordo, insomma uscire dal cul-de-sac di veti incrociati in cui è piombata la coalizione. Inevitabilmente l’incombenza spetterà a chi oggi ha già ottenuto il semaforo verde della direzione provinciale e gode del sostegno del partito torinese, cioè il capogruppo della Sala Rossa Stefano Lo Russo. Certo, si è perso un mesetto per correre dietro a un applicativo che forse non esiste, e alle paturnie di qualche parlamentare, ma tant'è. 

La sinistra del partito, infatti, resta divisa in tre rivoli. La candidatura del chirurgo Mauro Salizzoni è ormai fiaccata non solo dal recente dibattito organizzato da Moderati e Lista Monviso, in cui sono emersi tutti i suoi limiti, ma anche da certe improvvide interviste in cui lui per primo appare essere tutt’altro che intenzionato a candidarsi. O forse sì. O forse non si sa. Oltre al fatto che il suo principale sponsor, il consigliere Marco Grimaldi, continua a tenere un piede dentro e uno fuori dal centrosinistra e ieri ha annunciato il sostegno alla scelta di Sinistra Italiana di negare la fiducia al governo Draghi. Mai realmente in campo, almeno ai tavoli dei maggiorenti, le candidature di Enzo Lavolta e Gianna Pentenero

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