LOTTA AL COVID

La variante inglese dilaga, in arrivo nuove zone rosse

La diffusione della mutazione confermata dalle analisi: quasi un positivo su due. La Regione si attrezza per far fronte a un'ondata di contagi che potrebbe mettere "a forte rischio la nostra capacità di risposta". Domani ordinanze di Cirio e Speranza

Nel giorno in cui il Piemonte entra in zona arancione dopo quattro settimane in giallo, la variante inglese ha raggiunto il 48% e si appresta al sorpasso. La Regione si sta attrezzando ad affrontare una nuova ondata di contagi, peraltro già visibile nei dati in costante aumento, e non esclude nuove zone rosse dove la situazione è più grave. In Piemonte, sono 41, pari al 48,2% degli 85 campioni selezionati e analizzati, i casi di variante inglese riscontrati. A rilevarlo i risultati della seconda “quick survey”, l’indagine coordinata dall’Istituto superiore di Sanità, per stabilire una mappatura del grado di diffusione in Italia delle varianti inglesi, brasiliana e sud-africana nel Paese. E proprio per far fronte alla diffusione della mutazione del virus nelle prossime ore la Regione istituirà nuove zone rosse.

Per la rilevazione è preso in considerazione il 18 febbraio, quando sui 484 positivi ne sono stati fatti arrivare 85 a Roma, scelti solo tra quelli molecolari, derivanti dalla sorveglianza territoriale (escludendo quelli identificati tramite indagini ospedalieri e pre-ricoveri) e con un elevata carica virale. Non è emerso, invece, nessun caso di variante né brasiliana, né sudafricana. “Con questa attività di monitoraggio – spiegano gli assessori regionali alla Sanità e alla Ricerca applicata al Covid, Luigi Icardi e Matteo Marnati – in collaborazione tra l’Istituto Superiore di sanità e i nostri 14 laboratori abbiamo potuto avere un’ulteriore conferma della diffusione delle varianti inglesi sul nostro territorio, testimoniata peraltro anche dalla crescita dei contagi. Del resto, in previsione di questo rischio, avevamo già messo in campo misure preventive, come l’obbligo di dichiarare il rientro da viaggi in zone a rischio e rafforzando il contact tracing, dando indicazioni specifiche alle Asl sul tracciamento e analisi delle varianti”. Quello che ci conforta è che non siano emerse le due varianti più pericolose dal punto di vista sanitario, cioè quella brasiliana e quella sudamericana.

Le previsioni, però, non inducono all’ottimismo. “In Piemonte la variante inglese presto dilagherà, mettendo a forte rischio la nostra capacità di risposta”, spiega Icardi. La sorveglianza è strettissima, e dove sarà necessario si chiuderà. I focolai sono presenti non solo nei pressi delle zone rosse, ma un po’ ovunque. Nelle ultime ore, dopo la valutazione dei dati epidemiologici, ha preso sempre più corpo l'ipotesi di dichiarare altri 5 o forse 6 Comuni zona rossa nelle aree prossime a dove già si è intervenuto con la misura più restrittiva. Questo probabilmente avverà già domani con le ordinanze concordate con il Governo.  

“Ci stiamo preparando con nuovi letti Covid, più terapie intensive, e sollecitando i medici di base per la risposta territoriale". E proprio sui posti letto Covid in serata sono state impartite direttive a una serie di aziende sanitarie per istituire entro 48 ore 20 posti ciascuno alla Città della Salute, al Mauriziano, Maria Vittoria, San Giovanni Bosco, Rivoli e Pinerolo, inoltre altri 20 posti complessivi dovranno essere garantiti negli ospedali di Chivasso, Ciriè e Ivrea. Una misura, quella assunta, che dovrebbe evitare almeno per il momento la sospesione delle attività programmate negli ospedali, come si era inizialmente ipotizzato di fronte alla crescita dei contagi e di conseguenza dei ricoveri.

"Ma un problema serio sono anche le scuole. I contagi in quella fascia di età sono aumentati, e credo che una riflessione su questo verrà fatta a livello nazionale”, spiega l’assessore. Mercoledì, annuncia Icardi, “faremo una riunione molto ampia anche sul piano territoriale. Abbiamo inserito nuovamente l’idrossiclorochina nei protocolli di cura, a cui aggiungiamo la vitamina D, e inviteremo i medici a dare attuazione ai protocolli”.

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