VERSO IL VOTO

Appendino convince solo Leu, intesa giallorossa al pian d'i babi

Nessun coro di osanna alla proposta della sindaca di replicare a Torino la maggioranza del BisConte. L'ex sottosegretario Giorgis (Pd): "Passo in avanti, ma non ci sono automatismi dall'esperienza nazionale". Portas (Moderati): "Prima chieda scusa alla città"

Non solo in casa sua, anche fuori dal Movimento 5 stelle la proposta lanciata da Chiara Appendino di un’alleanza Pd-M5s-Leu per Torino non fa molti proseliti. Gli unici che, al momento, paiono presi dalla fregola di replicare in salsa sabauda la maggioranza giallorossa del BisConte sono gli esponenti di Leu. Troppo poco per pensare davvero di mettere in piedi quel “laboratorio” immaginato dalla sindaca uscente (e, per volontà sua, non più rientrante).

Molto cauto, più ancora del solito, è Andrea Giorgis. “Le esperienze nazionali non si possono mai trasferire automaticamente sul piano locale” mette le mani avanti il deputato torinese, leader della sinistra interna, che pure sotto le insegne giallorosse è stato sottosegretario alla Giustizia. Neppure a leggere in filigrana le sue parole, oltremodo misurate, si coglie quel via libera che ci si poteva attendere. Un’apertura di credito, questo sì, più dettata da questioni nazionali che da reale convinzione. “Dalle provocazioni onestà onestà alla proposta di un confronto costruttivo anche a Torino. Mi sembra un fatto positivo – dice Giorgis che più d’uno avrebbe voluto candidato sindaco proprio di un’alleanza giallorossa –. Ovviamente la possibilità di alleanze dipende sempre dalla condivisione di contenuti e di proposte concrete”. Non sfugge a Giorgis come il dna dei due partiti resti profondamente diverso, così come le battaglie che ne hanno connotato i cinque anni del mandato a Palazzo civico. “Torino e la Città Metropolitana devono voltare pagina – conclude Giorgis – hanno bisogno di un nuovo e coraggioso progetto di sviluppo, che sappia utilizzare al meglio la straordinaria opportunità delle risorse e dei piani nazionali ed europei di recovery”. 

Piuttosto scettico, per usare un eufemismo, è il leader dei Moderati Mimmo Portas, il più antico alleato del Pd in Piemonte, eletto a Montecitorio proprio nelle liste dem. “Forse prima di ergersi a garante di un’alleanza giallorossa, Appendino dovrebbe ricordare quando il M5s definiva il Pd il partito di Bibbiano, quando lei e i suoi sostenitori inneggiavano all’Onestà dopo il successo elettorale del 2016, come se prima d’allora l’onestà non fosse di casa a Palazzo Civico” dice Portas. È un fiume in piena. D’altronde sono anni che si prepara per questo momento. Alla fine del 2017 già affiggeva per Torino i manifesti in cui si rivolgeva direttamente ai cittadini: “Pentito di aver votato Appendino e 5 Stelle? Presto potrai rimediare”. E ora che c’è la possibilità di “rimediare” non ha alcuna intenzione di stringersi in un abbraccio con i grillini. “Cambiare idea in politica non è reato però prima la sindaca dovrebbe chiedere scusa per la Tav per le Olimpiadi mancate. I torinesi, a differenza di qualche politico, hanno buona memoria”. Insomma, nessuna possibilità di trovare un’intesa? “Per carità, se cambiano linea politica rispetto agli ultimi cinque anni nessun problema. Se dicono che sono a favore della Torino-Lione, che noi sosteniamo da sempre, dello sviluppo urbano e dei trasporti locali, dei grandi eventi a partire dalle Olimpiadi che questa amministrazione ci ha fatto perdere, io sono pronto a sedermi al tavolo. Ma la vedo difficile. Più facile è per loro chiedere di andare tutti insieme, tanto in questi tre anni e mezzo si sono alleati con chiunque: con l’estrema destra, con l’estrema sinistra e pure in un governo tecnico guidato da un banchiere”.

Tra coloro che plaudono all’iniziativa di Appendino c’è naturalmente Leu, la forza politica che più di tutte immagina un centrosinistra allargato ai Cinquestelle: “L’alleanza tra M5s, Pd, Leu riparta dai territori con le prossime elezioni amministrative – dice Federico Fornaro, capogruppo alla Camera –. L’apertura al dialogo e alla collaborazione espressa da Appendino deve essere raccolta con coraggio, pur nella consapevolezza dei differenti punti di partenza. L’obiettivo per Torino come per le altre città al voto è quello di battere un centro-destra che non si fa troppi problemi rispetto alle differenti collocazioni nel governo nazionale. Si aprano quindi tavoli di confronto sui territori senza veti e pregiudizi per verificare modi e forme di collaborazione per la costruzione di un’alleanza alternativa al centro-destra, fondata su di un’idea di città proiettata nel futuro della transizione ecologica, aperta e solidale”.

Il segretario del Pd torinese Mimmo Carretta, invece, va con i piedi di piombo, coglie nei potenziali alleati delle “inversioni di marcia” e precisa che “a Torino il centro sinistra è in stato avanzato nella definizione del  programma e della squadra”. Come dire, la proposta arriva a tempo scaduto. “Ho sempre creduto poco alla favoletta del facciamo fronte comune per ostacolare la destra – prosegue Carretta –. In realtà, eccezion fatta per la breve stagione frontista della Francia del 36, è la storia che ci crede poco. Siamo in una fase delicata per il Paese in cui bisogna costruire qualcosa per la città e non contro qualcuno o qualcosa. Bisogna costruire. In questo quadro se tutto non è supportato anche da convergenze programmatiche vere e solide si rischia solo di fare un torto ai cittadini provocando un senso di spaesamento incomprensibile”. Poi l’immancabile metafora calcistica: “Posso avere i migliori calciatori a disposizione ma se non si amalgama il gioco, se non creo spogliatoio, sono batoste”.

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