LOTTA AL COVID

Vaccini, Piemonte a due velocità:
la provincia fa meglio di Torino

Il capoluogo procede a ritmi ancora troppo lenti, solo 160 medici di base su 600 hanno finora manifestato la disponibilità. Vincente il coinvolgimento di sindaci e volontari. Procedure frenate da burocrazia e scartoffie da compilare

Un Piemonte a due velocità. Anzi, due Piemonti, usando un’espressione già utilizzata in altre occasioni per differenziare Torino dal resto della regione, che procedono a ritmi diversi anche sui vaccini. Se non si trattasse di un argomento tanto serio quanto necessariamente lontano da competizioni verrebbe da evocare l’immagine della rivincita delle province sulla metropoli, dei paesi pure un po’ sperduti dove si aguzza l’ingegno per necessità rispetto all’organizzazione e all’attesa rapidità cittadina. Eppure è così. Senza ricorrere all’inciampo telematico che giorni fa ha generato il caos nel centro vaccinale di via Gorizia, costringendo i poliziotti a prendere in mano gli elenchi e gestire una folla giustamente esasperata sostituendosi al personale, emergono con nettezza il passo, l’organizzazione e i conseguenti numeri che si vanno registrando da nord a sud, da est a ovest della regione in quelle province dove, per entrare ancor più nel concreto, l’apporto dei medici di famiglia da giorni è decisamente più imponente rispetto a quanto si registra nell’ambito dell’Asl Città di Torino.

Quei medici di medicina generale la cui discesa in campo, si spera, in maniera massiccia coinciderà con l’avvio, dal prossimo 15 marzo, dell’immunizzazione della fascia dai 70 ai 79 anni. Ad oggi come riferisce Roberto Venesia, segretario regionale della Fimmg, hanno dato la loro adesione per fornire il loro apporto nei centri vaccinali di Torino in circa 160 su un totale che si aggira attorno ai 600 professionisti. “Un bel numero come prima adesione”, per il sindacalista dei camici bianchi. Una cifra che fa riflettere e un po’ preoccupare se si considera che nel resto della regione i sanitari che fin dall’inizio della vaccinazione superano di gran lunga il 50%, con picchi assai più elevati di partecipazione in molte realtà. Lo stesso Venesia ammette che appena usciti dalla cinta daziaria, già nelle altre Asl della provincia “spesso si supera il 70 per cento”.

La ragione? Forse quella indicata dal presidente dell’Ordine dei medici di Torino, Guido Giustetto: “Laddove si sta procedendo meglio è perché ci si è organizzati bene e in fretta”. Di pochi giorni fa l’appello del commissario dell’Asl torinese Carlo Picco rivolto proprio ai medici di famiglia, i quali peraltro hanno sottoscritto con le loro sigle sindacali un accordo. Gli stessi medici che ieri hanno avuto con il presidente della Regione Alberto Cirio e i dirigenti del Dirmei un ulteriore incontro in vista del loro impiego nella fase che partirà dalla metà del mese con una dotazione iniziale di 150mila dosi di vaccino  AstraZeneca. Nell’occasione si è tornati sulla questione del consenso informato e della necessità della doppia firma, oltre a quella del medico anche quella di un collega o di un infermiere. Basterà solo la firma del medico esclusivamente nel caso della vaccinazione a domicilio e per questo motivo la Regione metterà a disposizione 1 milione e 800mila euro per dotarsi di infermieri e poter vaccinare nei propri studi. Ma si troveranno questi infermieri? Non era possibile, da parte delle Regioni anziché applicare in ordine sparso questa disposizione, chiedere una modifica della norma all’Agenas

Niente. Si dovrà andare avanti così, con quella risma di fogli che nessuno di coloro che non vedono l’ora di essere vaccinati legge e quandanche lo facesse poco cambierebbe. Scartoffie che in Stati come Israele hanno eliminato totalmente, ricorrendo a un semplice tablet fornito ai medici. Un minuto per fare la puntura e venti per compilare moduli, come ha osservato con amarezza l’immunologa Ilaria Capua sul Corriere, auspicando procedure “per ridurre al minimo questa immane perdita di tempo”. La doppia firma, spuntata chissà come nelle disposizioni dell’Agenas in ossequio a un eccesso di medicina difensiva, non va in questa direzione. Non certo in ossequio di quell’“ottimo nemico del buono” richiamato pochi giorni da dal generale Francesco Paolo Figliuolo, il nuovo commissario al posto di Domenico Arcuri, nell’incontro con le Regioni dove il Piemonte ha garantito un esercito di 15mila volontari della protezione civile (molti dei quali già operativi nei centri vaccinali) pronto a schierarsi per logistica e altre necessità.

“Il problema non sono i luoghi dove vaccinare o la protezione civile, ma i vaccinatori” aveva osservato in quel frangente l’assessore alla Protezione Civile Marco Gabusi. Adesso ci sono pure i vaccini, oggi arrivano 50.300 dosi di AstraZeneca ed entro i primi di aprile la fornitura complessiva annunciata è di 450mila dosi. Ecco perché c’è poco tempo per sapere quanti degli oltre tremile medici di famiglia daranno la loro disponibilità e quale sarà il loro impegno quotidiano, settimanale. 

Per tornare alle differenze all’interno della stessa regione, il modello sperimentato con centri di vaccinazioni “mobili” ha dimostrato di funzionare molto bene, anche proprio per la partecipazione dei medici di famiglia. E pure per l’impegno dei sindaci, rapidi a trovare soluzioni logistiche. “Il ruolo dei sindaci in questa campagna vaccinale deve essere rafforzato”, dice convinto il presidente dell’Ordine dei medici, Giustetto. Decisioni rapide, soluzioni che senza intaccare la sicurezza, saltino inutili pastoie e rituali. Solo così, insieme a un rafforzamento del personale e un allungamento degli orari (in molte nazioni si vaccina anche di notte), si può davvero cambiare passo. Però, mentre i minuti e le ore sono cruciali per velocizzare e aumentare l’immunizzazione, bisognerà aspettare almeno fino a 20 marzo perché le Asl facciano il punto sulla situazione e presentino le loro necessità per utilizzare le strutture della sanità privata accreditata (e non) nella campagna vaccinale. Dieci giorni per decidere se e quanto usare cliniche e laboratori e poi, ancora, stipulare i contratti. Nel frattempo ci si prepara a ricevere le prenotazioni degli over 70 per le quali si è rispolverata la piattaforma informatica utilizzata per la campagna vaccinale antinfluenzale. Quella che in meno di due mesi aveva visto vaccinare quasi un milione di piemontesi. Senza doppie firme e troppe scartoffie.

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