EMERGENZA SANITARIA

Ricoverati Covid sballottati tra gli ospedali. Come un anno fa

Si sfiorano i 3mila letti occupati e crescono di circa 100 al giorno. La situazione più critica a Torino e nel Cuneese. Pazienti spostati nelle province meno colpite. Chiesti oltre mille posti ai privati. Che fine hanno fatto gli annunciati potenziamenti?

Quella delle ambulanze che, una dietro l’altra fino a contarne una decina, poche sere fa sono arrivate da Torino trasportando all’ospedale di Tortona pazienti Covid è una scena già vista nella prima ondata, nella seconda e purtroppo anche in questa terza. È anche l’amara conferma, ripetuta in altre strutture della regione, non solo della pressione che il costante ed elevato numeri di ricoveri provoca negli ospedali torinesi e del Cuneese, quanto del fatto che troppo poco o nulla sia cambiato un anno dopo.

“C’è un deciso notevole incremento dei numeri quotidiani dei ricoveri per Covid sia nei reparti di media intensità, sia nelle terapie intensive”, spiega Emilpaolo Manno, direttore del Dirmei, che conferma come siano già in atto trasferimenti da Torino verso strutture sanitarie di altre province, “È così e non c’è motivo per negarlo: le zone del Piemonte meno colpite dalla pandemia stanno sostenendo a livello ospedaliero quelle che lo sono di più. E in questo momento le criticità maggiori si concentrano su Torino e provincia e la provincia di Cuneo”. Secondo l’Anaao-Assomed, il principale sindacato dei medici ospedalieri alla Città della Salute “ci si sta pericolosamente avvicinando al cosiddetto carico di rottura per gestire l’alta complessità”, ovvero quelle terapie di alta complessità che sono state preservate dal blocco degli altri ricoveri e prestazioni ambulatoriali in tutta la rete ospedaliera regionale disposto pochi giorni fa contestualmente alla richiesta alle aziende sanitarie di incrementare di almeno il 20% i posti di terapia intensiva riservati a malati Covid.

Ieri i posti in rianimazione occupati da questi pazienti hanno raggiunto il numero di 267, mentre i ricoveri Covid negli altri reparti arrivano a 2886 e considerando una crescita giornaliera che oscilla tra i 90 e i 100 negli ultimi giorni, a metà settimana si arriverà a superare la soglia dei 3mila. E circa un migliaio di posti letto sono stati chiesti alla sanità privata. “Lo abbiamo fatto nei giorni scorsi durante una riunione in cui si sarebbe dovuto affrontare solo il problema delle vaccinazioni, ma abbiamo colto l’occasione per affrontare questo ulteriore problema”, spiega il direttore del Dirmei che anticipa un’ulteriore richiesta al sistema delle cliniche che ha risposto positivamente come già accaduto nelle precedenti emergenze: “Gliene chiederemo altri ancora, almeno 150 letti in più”. Attualmente solo il gruppo Policlinico di Monza ne sta fornendo 210 suddivisi tra le cliniche di Ivrea, Biella e Alessandria, una cinquantina la clinica Villa Maria Pia, un buon numero anche il Gradenigo dove l’incremento di ricoveri viene definito in queste ore molto elevato e poi ancora negli istituti religiosi raggruppati nell’Aris

Per quanto riguarda i Covid hospital, Manno conferma come non ci siano stati cambiamenti e “non sia stata autorizzato nessun passo indietro” rispetto a quanto stabilito nei mesi scorsi: dal presidio ospedaliero di Borgosesia a quello di Carmagnola, passando per il Martini. E proprio la chiusura del Dea di quest’ultimo “sicuramente è un problema per gli altri Dea della città, ospedali come il Mauriziano, il Maria Vittoria e l’ospedale di Rivoli stanno soffrendo moltissimo per la mancanza del Pronto Soccorso del Martini, ma – osserva il direttore del dipartimento – bisogna considerare che questo ospedale ospita circa 180, 190 pazienti Covid. E quindi quel che abbiamo perso da una parte, viene compensato dall’altra”. 

Resta il fatto che un anno dopo la prima emergenza, dopo progetti e annunci nazionali e regionali di potenziamento della rete ospedaliera non solo si è costretti a sospendere tutta una serie di prestazioni, con una decisione duramente criticata dai direttori di strutture complesse di chirurgia del Piemonte, ma si deve anche tornare a quei trasferimenti dei pazienti da una provincia all’altra.

I numeri attuali, pur fonte di seria preoccupazione e motivo delle pesanti riduzioni di ricoveri e visite per altre patologie importanti, sono ancora lontani da quelli del novembre dello scorso anno. Ma proprio guardando a cosa accadde nella seconda ondata l’allarme risulta ancora più alto. Il 4 ottobre i ricoveri Covid in Piemonte erano 216, 13 i letti di terapia intensiva occupati da pazienti colpiti in maniera pesante dal virus, appena quattro settimane dopo i ricoveri arrivarono a 4.367 e le terapie intensive 304. In quel periodo si lavorò giorno e notte per allestire l’ospedale da campo al padiglione del Valentino. Adesso “la struttura è in condizioni per essere attivata nel giro di 48 ore”, spiega Manno. “Personalmente sono convinto che in questo momento non sia così necessario, perché purtroppo siamo di fronte a un numero importante di pazienti a intensità medio alta, più gravi rispetto all’ondata precedente”. E anche questo non è certo un aspetto rassicurante.

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