VERSO IL VOTO

Guerra "civile" nel centrosinistra

Gelosie, personalismi e ripicche: ecco cosa agita l'area civica a Torino. Dopo lo strappo di Giaccone, Castellani s'indispettisce e dà un buffetto a Lo Russo (che pure ha annunciato di sostenere). Renziani e calendiani in ambasce. Troppe sigle e pochi voti

Nel centrosinistra anche il campo civico si divide. L’uscita pubblica della lista Monviso che ha stretto un accordo con altre formazioni della coalizione – Demos, Centro democratico e Alleanza per Torino – ha provocato l'ennesima guerriglia interna in un’area già da tempo instabile, caratterizzata da tanti, troppi colonnelli senza esercito. Tradotto: strateghi senza un voto.

L’iniziativa di Mario Giaccone, consigliere regionale e fondatore della lista Monviso, ha indispettito chi è rimasto escluso, mentre pare che l’ex sindaco Valentino Castellani, autoproclamatosi padre nobile di quell'area, ci sia rimasto male per l’utilizzo del brand Alleanza per Torino in un’operazione non concordata con lui. Da ieri le chat sono in fibrillazione. Pino De Michele, ex segretario della Margherita di Torino, oggi a capo di un rassemblement di associazioni tra cui la stessa Alleanza per Torino, è finito nel mirino di alcuni sodali che si sono sentiti messi ai margini. Tra questi l’ex direttore della Regione Marco Cavaletto che per tutta risposta ha annunciato le sue dimissioni dall’associazione Alleanza dei democratici, costola di Alleanza per Torino, mentre Miriam Borello ha rinunciato al suo incarico da segretaria. A Cavaletto, comunque, non mancheranno le “giacche” con cui presentarsi alle prossime riunioni della coalizione essendo un civico anomalo, dal momento che è anche il coordinatore torinese di un partito, Più Europa (che a sua volta è un brand dentro il quale ci sono i Radicali e altre realtà minori).

Un campo litigioso quello civico. Sin dalla nascita di Laboratorio Civico, promosso dall'imprenditore Federico De Giuli, e in parallelo di Capitale Torino di Francesco Tresso. Da allora sono trascorsi mesi di parole, meeting, congetture e suggestioni. La prima scissione l’aveva prodotta l’ex ct della Nazionale di volley Mauro Berruto che se ne andò sbattendo la porta (per poi trovare conforto nella segreteria nazionale di Enrico Letta), poi una serie di scomposizioni e ricomposizioni fino all’ennesima faglia prodotta dalla rottura tra Giaccone e Tresso. Il primo – come ribadito nel documento diffuso ieri assieme ai suoi nuovi compagni di viaggio – a sostegno della candidatura a sindaco di Stefano Lo Russo, l’altro pronto a correre in proprio con un drappello di seguaci, dopo aver flirtato prima con Guido Saracco e poi con Mauro Salizzoni.

La situazione è grave? Certo non è seria. Castellani per sottolineare il suo fastidio per il mancato coinvolgimento negli ultimi passaggi è uscito pubblicamente auspicando che il centrosinistra proceda in discontinuità non solo nei confronti della giunta di Chiara Appendino, ma anche di Piero Fassino. Una frecciatina al curaro nei confronti di Lo Russo, ex assessore del Lungo, che pure ha convintamente appoggiato questo autunno, al punto da presenziare alla sua conferenza stampa di candidatura?

In questa babilonia a essere stati colti in contropiede dallo strappo di Giaccone sono anche gli alleati centristi del Pd, da Italia Viva ad Azione. I renziani in particolare auspicavano la nascita di un grande contenitore civico in cui confluire, ben sapendo che una corsa in solitaria sarebbe foriera di insidie, a partire dal rischio di non riuscire a eleggere neanche un candidato. Mentre il proconsole di Carlo Calenda in terra piemontese, Claudio Lubatti, resta con un piede dentro e uno fuori dalla coalizione in attesa di indicazioni da Roma. Non a caso il coordinatore di Italia Viva a Torino, Davide Ricca parla  di “una nuova Alleanza per Torino di riformisti e civici che sappia rispondere alle domande cui non seppero dare risposta le vecchie giunte e che sono state disattese dalla Giunta Appendino”. Il cantiere resta aperto, ma come a Babele la confusione regna sovrana. 

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