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Mose, un (altro) torinese a Venezia

Dopo il docente del Politecnico Ossola, fino al 2020 amministratore straordinario del Consorzio, è la volta del professor Ambrosini a dare una mano al nuovo commissario nella sfida (difficile ma non impossibile) di salvare l’ente che dovrebbe completare l’opera

Il destino del Mose torna a incrociare l’asse fra Venezia e Torino. Francesco Ossola, classe 1947, originario di Settimo Torinese, che dal 2014 al 2020 ha retto le sorti del Consorzio Venezia Nuova come amministratore straordinario di nomina prefettizia, è stato sostituito nel novembre scorso dal presidente nazionale dei commercialisti Massimo Miani, designato dall’ex ministra Paola De Micheli e di recente confermato dal nuovo ministro di Trasporti e infrastrutture Enrico Giovannini. Ma non ha smesso di occuparsi del Mose, la ciclopica opera destinata a proteggere Venezia e le sue bellezze dall’acqua alta e dall’autunno scorso finalmente in funzione. Il commissario straordinario del Mose Elisabetta Spitz, infatti, lo ha nominato proprio consulente in virtù di una riconosciuta competenza tecnica, non facilmente “fungibile” rispetto ad altre. Dopo sei anni, quindi, l’esperienza dell’anziano ingegnere è destinata a proseguire, almeno fino a quando il Mose – sembra nell’arco di un paio d’anni (ma il dubitativo è d’obbligo) – non verrà completato.

Un altro torinese, dalla fine dello scorso anno, si occupa molto intensamente del Consorzio Venezia Nuova: l’avvocato Stefano Ambrosini, già “di casa” in Veneto come commissario dei Grandi Molini Italiani e come ex presidente di Veneto Banca, con una sede del proprio studio legale a Vicenza ormai da diversi anni. Il nuovo commissario Miani lo ha chiamato all’indomani della propria nomina da parte della De Micheli come consulente legale, insieme ad altri avvocati e professori come Fabio Cintioli e Vincenzo Chionna, stante la mole di cause che si è abbattuta sul consorzio, specie dopo che le imprese consorziate sono andate a loro volta in difficoltà. E la scelta di Ambrosini pare essere stata profetica, dal momento che nel mettere mano con rigore ai conti del consorzio Miani ha fatto emergere un “buco” di oltre 200 milioni di euro. A quel punto la figura del fallimentarista torinese è risultata quella giusta per intraprendere la ristrutturazione dei debiti, attivata al Tribunale di Venezia qualche settimana fa di concerto con il ministero.

Molto dipende adesso dai fondi che Miani riuscirà, anche grazie alle sue interlocuzioni istituzionali (qualche giorno fa ha incontrato a Venezia il ministro Renato Brunetta e il sindaco Luigi Brugnaro, fresco di fondazione del suo movimento politico accanto a Giovanni Toti), a far arrivare al consorzio perché questo sia in grado di fare un’offerta accettabile ai propri creditori.

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