AFFARI & GIUSTIZIA

Crac Seregni, il salotto buono dei Mastagni

Chi sono davvero gli imprenditori liguri che hanno trascinato nell'inchiesta per bancarotta del gruppo alcuni noti professionisti torinesi? Le frequentazioni ad alto livello negli ambienti imprenditoriali e bancari, da Messina a Profumo

Nel febbraio scorso i fratelli Andrea e Stefano Mastagni sono stati arrestati (e poi messi ai domiciliari) su richiesta della Procura, che sembra considerarli, senza tanti giri di parole, dei bancarottieri “professionali”. Con loro sono indagati gli avvocati Stefano Ambrosini e Marco Aiello, noti docenti universitari torinesi, e il commercialista Filippo Brogi, all’epoca consulenti, insieme ad altri, dei concordati delle società Piemonte Printing e Nuova Sebe.

Ma che attività svolgono esattamente i due imprenditori? E quali sono le loro frequentazioni? Basta navigare un po’ su internet, e fare un paio di telefonate fra Milano e La Spezia, per ricavare un quadro molto lontano, almeno sulla carta, dalla definizione di persone dedite ad attività delittuose.

Su Stefano Mastagni le notizie sono più scarne: imprenditore e manager, già presidente del Novara Calcio, si occupa oggi principalmente di alberghi sulla direttrice Parma-La Spezia, come amministratore unico della Compagnie des Hotels. In passato ha seguito diverse ristrutturazioni aziendali come consulente o manager, specie nel settore dei trasporti (dalla Daytona alla Piacenza Rimorchi).

Le notizie invece abbondano letteralmente su Andrea Mastagni, anzitutto consultando il suo profilo sui social. È da qui e da notizie sparse qua e là che vengono fuori esperienze, relazioni e frequentazioni di livello assai alto, con imprenditori certo, ma anche con banchieri, manager di banca e professionisti di rango. Basti pensare all’acquisto, lo scorso anno, della storica Mediashopping (ramo televendite ed e-commerce di Mediaset) dalla famiglia Berlusconi. Ma anche alla Illa spa, società quotata in borsa e ristrutturata anni fa proprio da Mastagni “su incarico” di Cariparma. E proprio dalla composizione del consiglio di amministrazione della Illa, presieduto da Mastagni, spuntano i primi calibri da novanta: Maurizio Dallocchio, notissimo professore della Bocconi e consulente di banche e grandi gruppi, tuttora presente nella short list dei possibili candidati a sindaco di Milano, e Daniele Discepolo, reputato avvocato d’affari milanese, già commissario di Alitalia e di Valtur su nomina del ministro dello sviluppo economico, amico personale di banchieri e ministri.

Ha fama di ristrutturatore di aziende importanti, Mastagni. Si va dalla Seli spa, produttrice di quegli scavatori utilizzati anche per la metropolitana di Torino (le cosiddette talpe), all’abruzzese Di Zio Costruzioni, dalla Cartiera Verde Romanello alla Ferrario. Imprenditore quando la vecchia proprietà decide di passare la mano, ma anche manager e consulente, appunto per la ristrutturazione del debito. Ed eccolo approdare per qualche tempo a Torino proprio quando i dossier più importanti, presso le due grandi banche italiane (Intesa e Unicredit), erano in mano a due torinesi, Claudio Battistella e Marco Cavazzuti. Non era raro in quel periodo scorgerlo al ristorante Vintage di Torino o all’Enoteca di Canelli, attovagliato con qualche manager o professionista. E sempre in Piemonte è frequentatore fisso, tutti gli inverni, di Salice d’Ulzio (dove possiede casa) e delle piste della Via Lattea. Ma altrettanto stabilmente presente a Forte dei Marmi, dove pare abbia una bella villa e dove capitava di vederlo sorseggiare un caffè con Urbano Cairo o cenare col banchiere Giampiero Maioli di Credit Agricole. Per non dire della tradizionale festa agostana nella villa di Discepolo, con ospiti fissi Carlo Messina e Alessandro Profumo. E molti sono, a quanto si apprende, i dirigenti bancari con cui ha instaurato nel tempo rapporti non solo lavorativi ma di frequentazione personale, da top manager del gruppo Intesa all’ex vicepresidente del Banco Popolare, per citarne solo alcuni.

Quello dei professionisti di standing, poi, è un capitolo a sé. Lo si capisce dallo stesso profilo internet quanto Mastagni sia abituato a scegliere il meglio che il mercato della consulenza legale e aziendale offre, a seconda del luogo e delle caratteristiche del dossier che di volta in volta gestisce. E l’elenco di avvocati e commercialisti di cui si è avvalso negli anni è davvero impressionante: si va dal primo studio legale italiano, Bonelli-Erede-Pappalardo (che lo ha assistito, fra gli altri, nel concordato romano della Seli), a DLA Piper, da Gianni-Origoni-Grippo a Grimaldi, da Orrick allo studio Ponti, fino a stimati professori universitari come Umberto Bertini (già storico presidente del collegio sindacale della Banca di Roma), Andrea Mora (figlio del famoso senatore democristiano), Giulio Andreani (celebre fiscalista), Alberto Tron e, appunto, Ambrosini e Aiello. Per non parlare di commercialisti liguri (Marcello Pollio), piemontesi (Paolo Ceruzzi) ed emiliani (Alberto Guiotto), pure menzionati nel profilo online, di riconosciuta competenza nei loro campi.

Abile, Mastagni con il suo carattere simpatico ed estroverso a costruire relazioni che sembra andassero sovente al di là dello stretto rapporto professionale e che non escludevano occasioni conviviali o vacanziere. E forse, abile anche a rappresentare loro situazioni magari non proprio del tutto aderenti alla realtà, come del resto molti imprenditori fanno, convinti che sia meglio che i loro consulenti, tanto più se noti e apprezzati nell’ambiente (e scelti non a caso anche per questo), non conoscano tutti gli aspetti delle vicende che seguono. Anche perché professionisti di quel calibro, a concorrere in ipotetici reati per qualche centinaia di migliaia di euro di parcelle, avrebbero comunque avuto molto più da perdere che da guadagnare.

Se dunque i fratelli Mastagni sono veramente due bancarottieri “seriali”, il che è ovviamente tutto da dimostrare, non è molto più logico e plausibile che siano riusciti per anni a dissimularlo a quella sfilza di banchieri, manager e professionisti di livello che frequentavano (i quali, se avessero saputo l’ipotetico modus operandi, ne sarebbero rimasti a debita distanza)? E che anche i commissari e i giudici fallimentari dell’epoca che hanno passato al setaccio le carte “incriminate”, semplicemente, non se ne siano accorti? Sempre che, ripetiamo, le accuse trovino poi effettiva conferma: cosa che accade ormai con sempre minore frequenza, come dimostra – ma è solo l’ultima vicenda in ordine di tempo – l’assoluzione dell’imprenditore pinerolese Ezio Bigotti dall’accusa di bancarotta dopo circa un anno ai domiciliari.

print_icon