POLITICA & SANITA'

Cure domiciliari, entro un anno nuovo sistema per il Piemonte

Intesa tra Governo e Regioni su criteri uniformi. Dei 4 miliardi circa l'8% arriverà sul territorio piemontese. Icardi: "Non partiamo da zero, ma c'è molto da lavorare". Indispensabile l'aumento del personale. In atto la revisione dei parametri per i medici di famiglia

Un anno di tempo per organizzare il sistema di cure domiciliari. L’intesa firmata da Governo e Regioni fissa all’agosto del 2022 il termine ultimo per applicare le nuove normative sull’accreditamento delle strutture pubbliche e private, per fare le convenzioni e, insomma, per costruire quella medicina del territorio che la stessa intesa prevede non sia più materia che ciascuna Regione può affrontare e gestire in maniera autonoma, azzerando o perlomeno riducendo gli attuali divari tra un territorio e l’altro del Paese.

“Il nuovo sistema di autorizzazione e accreditamento approvato fissa requisiti elevati ed omogenei per tutti i soggetti che erogano tali servizi e – ha commentato il ministro della Salute Roberto Speranza – garantirà cure con standard avanzati e della medesima qualità su tutto il territorio nazionale. Saremo in grado di curare meglio le persone, evitando il ricorso all’ospedale quando non è necessario e utilizzando al meglio le risorse”. E le risorse messe in campo sono i 4 miliardi del Pnrr, dei quali il Piemonte riceverà circa l’8% tant’è che la cifra stimata nella ripartizione comunicata nelle scorse settimane era di 271 milioni e 500mila euro che potrebbe ancora aumentare. Molti soldi che andranno impiegati bene, con la consapevolezza che la medicina territoriale ha estremo bisogno di essere potenziata, se non costruita ex novo come un anno e mezzo di pandemia ha messo drammaticamente in evidenza. Se poi si calcola che un giorno di ricovero costa in media non meno di 600 euro, contro i 60 di una terapia domiciliare e spesso l’ingresso in ospedale è dovuto all’assenza o all’insufficienza della medicina del territorio, anche dal punto di vista economico i vantaggi sono evidenti. Ancor più lo sono quelli che riguardano i pazienti che ovviamente preferiscono, quando possibile, essere assistiti a casa o in struttura ambulatoriali piuttosto che finire in corsia. 

Il Covid ha dimostrato come un sistema di terapie domiciliari efficiente avrebbe potuto evitare molti ricoveri, senza saturare gli ospedali con le ripercussioni su malati di altre patologie e aggravando il già pesante problema delle liste d’attesa. Si vedrà se davvero come annuncia il ministro “il nuovo sistema garantirà cure con standard avanzati e della medesima qualità su tutto il territorio nazionale”, di certo il lavoro da fare è tanto e il tempo non è molto. 

“In Piemonte non partiamo da zero – spiega l’assessore regionale alla sanità Luigi Icardi –. Abbiamo il servizio di assistenza domiciliare integrata che funziona, ma c’è ancora tanto da fare. Su una scala da zero a dieci, diciamo che siamo a tre, ma nessun’altra regione è molto avanti, e tante sono indietro rispetto a noi. Questo, tuttavia, non deve farci rallentare su un percorso che abbiamo avviato e che dobbiamo velocizzare”.

La necessità di rivedere profondamente la medicina territoriale, che ha mostrato in questo anno e mezzo di funzionare meglio nelle province, con punte nel Cuneese e dell’Alessandrino, rispetto all’area metropolitana di Torino, era emersa fin dalle prime settimane dell’emergenza. Nell’aprile dello scorso anno viene costituito il gruppo di lavoro e a coordinarlo è chiamato l’ex ministro Ferruccio Fazio. “Il Piemonte paga un’assistenza territoriale debole che non permette al malato di essere preso in carico con cure domiciliari e causa numerosi ricoveri impropri in ospedale”, dirà alcuni mesi dopo quando consegnerà un primo rapporto, peraltro giudicato scarno dalle opposizioni, e la Regione stanzierà 10 milioni all’anno per azioni come la medicina di gruppo e il potenziamento di altri servizi.

Nel frattempo proprio le direttive del Pnrr stabiliscono la realizzazione di Case della Comunità, di Centrali operative territoriali e di Ospedali di Comunità. A questi servizi dovranno esserne aggiunti altri, compresi gli accreditamenti dei privati, ma anche quell’aumento del personale sanitario che Icardi ribadisce “indispensabile per far funzionare al meglio la sanità sul territorio”. Da qui l’incremento della somma indicata per le strutture appena citate la cui collocazione sul territorio dovrà essere definita dalla Regione e comunicata al ministero entro la fine dell’anno. “Certamente serviranno più medici e più infermieri. Adesso stiamo lavorando sulla modifica del numero ottimale dei medici di famiglia – spiega Icardi – che ad oggi sono insufficienti. Anche per il personale infermieristico non si può pensare di far funzionare bene la medicina territoriale con quattro infermieri laddove ce ne vogliono quaranta”.

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