LOTTA AL COVID

Medici no vax sospesi per finta, dall'Ordine provvedimento soft

L'interpretazione morbida (e un po' paracula) della norma. Giustetto: "Perché impedire di prescrivere terapie se non serve la visita?". Rinaudo boccia la decisione e annuncia una direttiva: "Chi non è immunizzato va sospeso senza eccezioni"

Medici no vax sospesi, ma solo un po’. Hai voglia ad annunciare che i dottori renitenti al vaccino non potranno esercitare la professione, se poi il loro Ordine professionale riduce il divieto ai casi in cui ci siano contatti interpersonali o le mansioni comportino rischio di contagio. Certo è difficile immaginare un medico che possa fare una diagnosi senza vedere, visitare, il paziente. Meno complicato fare una ricetta, magari per una cura che si ripete da tempo o prescrivere farmaci dopo la telefonata dell’assistito col raffreddore o il mal di pancia. Ma è proprio qui che le cose si complicheranno se le linea imboccata dall’Ordine dei medici di Torino e da altri, seppure sul punto ciascuna provincia decide in maniera autonoma, non cambierà.

Per provare a raffigurare il possibile scenario bisogna partire proprio dalla decisione assunta dall’organismo, il cui presidente Guido Giustetto spiega così: “Quando riceviamo dall’Asl la comunicazione della non avvenuta vaccinazione di un nostro collega, applichiamo quel che prevede la legge al comma 6 ovvero la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio”. Insomma, sospesi ma non del tutto. Con la prospettiva di situazioni a dir poco paradossali come quella di un medico di famiglia che essendo no vax non potrà ricevere gli assistiti in ambulatorio, né andare a visitarli a casa loro, ma di fatto potrà continuare a fare tutto il resto se l’Asl da cui dipende la sua convenzione seguirà la linea dell’Ordine, anziché provvedere a sospenderlo tout court almeno fino al 31 dicembre (o alla vaccinazione se il professionista cambierà idea) sostituendolo con un altro medico o distribuendo quelli che una volta si chiamavano mutuati tra gli altri medici di medicina generale sul territorio.

Si dirà: perché infilarsi in un ginepraio tale, quando sarebbe più semplice e chiaro vietare l’esercizio della professione senza eccezioni o limiti? Cosa peraltro fatta da altri Ordini provinciali del Piemonte. L’Ordine il cui presidente ancora pochi giorni fa aveva tuonato verso i colleghi no vax “si tolgano il camice e cambino lavoro”, al momento di impedir loro (solo temporaneamente) di svolgere la professione imbocca la linea morbida appigliandosi a un comma, che in Italia quando si tratta di evitare conflitti o cavarsela senza strappi non manca mai. Una decisione quella rivendicata da Giustetto, pur a fronte di molte perplessità e contrarietà emerse anche ieri nella riunione del Dirmei, che come lo stesso presidente spiega “consentirebbe al sanitario di prescrivere terapie ripetitive. Non vedo perché non dovrebbe poterlo fare. Diverso è se si rende necessaria una visita”. 

Meglio non pensare al medico di famiglia che resta tale solo per ricette e consulti richiesti al telefono, e al suo assistito che se ha bisogno di una visita non sa a chi rivolgersi. Possibile che una situazione del genere non sia stata presa in considerazione quando si è deciso di applicare il comma, dando adito al sospetto di una scelta corporativa e un po’ opportunista? Si dirà che le Asl possono superarla decidendo, come auspicabile, di sospendere in maniera assoluta i medici di famiglia no vax e lasciando a casa, come già hanno incominciato a fare con quelli ospedalieri. 

Ma a tagliare la testa al toro e quelli che paiono tentativi di ammorbidire il provvedimento, ancor prima, è il commissario alla campagna vaccinale Antonio Rinaudo. “L’Ordine di Torino fa riferimento al comma 6, ma dimentica che la legge va letta nella sua interezza – spiega l’ex magistrato –. E l’articolo 4 al comma uno dice che la vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati. Questo vuol dire che per esercitare la professione e per lavorare il medico deve essere vaccinato”. Rinaudo ricorre a un’immagine chiara, la stessa che ha rappresentato a Giustetto: “Oltre alla laurea serve il vaccino”. Intanto l’ex pm annuncia “direttive precise agli Ordini professionali sull’interpretazione corretta e l’applicazione della legge”. Per quanto riguarda i medici di famiglia e il loro rapporto con il servizio sanitario regionale è altrettanto chiaro: “Nel momento in cui è accertata la mancata vaccinazione, l’azienda deve sospendere immediatamente la convenzione”. Cosa accadrà subito dopo, sarà ancora compito delle Asl che dovranno provvedere a sostituire il professionista, oppure distribuire gli assistiti tra gli altri medici di famiglia e anche questo è un problema che si vedrà se le Asl hanno provveduto ad affrontare per tempo avendo già pronte le soluzioni. Così come spetterà alle aziende comunicare il provvedimento a coloro che hanno la sventura di avere come medico un no vax. Assai più complesso sarà vigilare sull’osservanza della sospensione da parte dei liberi professionisti. Insomma, le difficoltà non mancano e di aggiungere pure la sospensione soft non ce n’è affatto bisogno.

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