POLITICA & SANITÀ

Città della Salute, gara deserta.
Fondi a rischio e i tempi slittano

Nessuna delle sette imprese in corsa per costruire il super ospedale di Novara ha presentato l'offerta. Mancano almeno 50 milioni per realizzare quanto previsto dal capitolato. Inascoltati gli appelli a sospendere e rivedere la procedura

Allarmi e richiesta inascoltate, di fronte alle quali si è tirato dritto verso il vuoto. Perché vuota, senza neppure un solo concorrente, è andata ieri la gara per appaltare i lavori della futura Città della Salute di Novara. Nessuno dei grandi gruppi in lizza per il partenariato pubblico-privato, formula scelta dopo una lunghissima serie di peripezie, soluzioni alternative e intoppi vari, ha formulato la sua offerta. Nomi importanti, non pochi colossi delle costruzioni, quelli in lizza: Webuild, il nuovo brand di Salini Impregilo che ha inglobato Astaldi ed è i cordata con Cassa Depositi e Prestiti, poi Itinera (Gruppo Gavio) con Gilardi, Icm (ex Maltauro), Rizzani de Eccher con CogefaSis della famiglia Dogliani, Cmb con Siram, Pizzarotti. Neppure uno tra questi ha considerato praticabile l’opera ai costi stabiliti nel capitolato. Una remunerazione al metro quadro non sostenibile, la ragione che ha portato al passo indietro in quella che, invece, sarebbe dovuta essere una corsa ad aggiudicarsi la realizzazione di un progetto da più di 300 milioni di euro. Non una sorpresa, però.

Nei mesi scorsi pressoché tutte le imprese avevano avvertito l’Azienda ospedaliera universitaria di Novara, in qualità di stazione appaltante, dell’inadeguatezza delle cifre chiedendone una revisione, oppure una modifica del progetto. A luglio lo Spiffero diede conto di quanto stava accadendo in un silenzio diffuso, venendo pure accusato da alcuni di allarmismo ingiustificato nel prospettare la mancata partecipazione di tutti concorrenti alla gara. I fatti, purtroppo, ci hanno dato ragione.

Non occorreva la sibilla cumana o il Mago Otelma all’Aou novarese, così come in corso Regina Margherita (dove alla direzione regionale della Sanità è arrivato Mario Minola, fino a pochi mesi fa direttore generale proprio all’ospedale di Novara e artefice del capitolato contestato, poi sostituito da Gianfranco Zulian che si è trovato il pacchetto pronto) per prevedere quel che di fatto era stato messo nero su bianco o spiegato in più di una telefonata dalle imprese nel caso non si fosse corsi in tempo ai ripari. Cosa che non è neppur stata tentata. 

Anziché arrivare all’epilogo di ieri che apre la strada a ritardi nella realizzazione dell’opera che, ben che vada, non saranno minori di sei mesi o più realisticamente un anno, si sarebbe potuto dare ascolto agli allarmi e, sospendendo la procedura di aggiudicazione, rivedere quelle cifre. Toccherà farlo adesso, avendo perso oltre che tempo anche un po’ la faccia.

E di tempo, sul progetto della Città della Salute, se ne era perso già proprio per individuare la soluzione finanziaria per la sua realizzazione tra l’ipotesi di affidare all’Inail la realizzazione del nuovo polo ospedaliero come prospettato inizialmente dall’assessore Luigi Icardi anche a fronte dell’impuntatura dell’allora ministro della Sanità, la pentastellata Giulia Grillo, acerrima nemica del partenariato e quella del partenariato pubblico privato alla fine scelta, ma con parametri che già prima del rincaro dei costi prodotto dagli effetti della pandemia apparivano agli operatori troppo stretti e non remunerativi. 

I conti fatti in assessorato, dove al fianco di Icardi c’era ancora il predecessore di Minola, Fabio Aimar, - 220 milioni messi dal costruttore, 95 dallo Stato e 5 dalla Regione con un canone di restituzione ridotto a 18 anni rispetto agli iniziali 26 – non tornano per le imprese, almeno con il progetto attuale. Il nodo starebbe proprio nel capitolato predisposto dalla stazione appaltante all’epoca diretta da Minola. 

Forse quei conti che non tornano e presentano a detta delle imprese un divario di circa 50, 60 milioni rispetto a quanto previsto dall’appena ciato capitolato, li si sarebbero potuti far tornare se anziché procrastinare per ben due volte il termine della gara, a fronte delle richieste dei sette gruppi ammessi alla presentazione dell’offerta tecnico-economica, si fosse sospesa la procedura e ragionato su come evitare quella che non può essere definita altrimenti da una figuraccia. Tanto peggio, perché annunciata. E non di meno per i suoi effetti politici.

La Lega ha fatto filotto. Con il sindaco Alessandro Canelli, la cui riconferma è data pressochè per certa, il quale proprio sulla Città della Salute basa gran parte della sua campagna elettorale e del suo futuro mandato, con l’attuale direttore generale dell’azienda ospedaliera Zulian che adesso parla di “riflessioni e interlocuzioni”, promettendo che “il progetto non si ferma qui” e, naturalmente con l’assessore alla Sanità cui ora spetta una missione che ci sia augura non sia impossibile. Icardi dopodomani incontrerà il ministro della Salute Roberto Speranza e gli chiederà se gli attuali 95 milioni messi dallo Stato potranno salire a coprire quel che manca, altrimenti una delle ipotesi è quella di aumentare la quota a carico del privato, oggi di 220 milioni, il che ovviamente comporterebbe l’aumento del canone annuo in capo all’azienda ospedaliera. Ma l’assessore affrontando la questione con il ministro dovrà anche assicurarsi che i 95 milioni già stanziati non rischino di essere ritirati nella prospettiva, questa certa, di dover rifare la gara.