POLITICA & SANITA'

Città della Salute di Novara, imprese pronte a rinunciare

I grandi gruppi in gara per la costruzione e la gestione del polo ospedaliero chiedono una revisione del piano economico. Nelle mail si prospetterebbe il rischio di una mancata partecipazione. Oltre i 322 milioni ne servirebbero altri 50. Poco tempo per una soluzione

La travagliata vicenda della futura Città della Salute di Novara che pareva aver imboccato la strada in discesa, finalmente e dopo mesi in cui si era dibattuto sul modo in cui finanziare la costruzione del grande polo sanitario, rischia di riservare un’amara sorpresa.

Non è affatto certo che il 20 settembre quando alle 16 e 30 è prevista l’apertura delle buste (immagine metaforica, visto che la procedura è telematica) per aggiudicare l’appalto per la realizzazione, stimata in 4 anni e la concessione per i successivi 17, che tutto possa filare liscio. Anzi il rischio è che possa saltare tutto e che nuovi e pesanti ritardi si aggiungano a quelli che hanno segnato per anni il progetto. Se non addirittura vederlo naufragare. 

Come risulta allo Spiffero da diverse fonti, almeno sei sui sette raggruppamenti d’imprese che partecipano alla gara per il partenariato pubblico-privato, hanno richiesto una revisione del piano economico. Chi lo ha fatto con telefonate, chi con lettere, chi con posta elettronica certificata, le richieste dei grandi gruppi che sono arrivate alla stazione appaltante, ovvero all’Aou Maggiore della Carità di Novara, pongono sostanzialmente lo stesso problema: le cifre messe sul tavolo, o più esattamente nel capitolato approvato dalla Regione un anno fa, non sarebbero sufficienti per garantire ciò che viene richiesto.

I 322 milioni, cifra stabilita per la realizzazione dell’opera, sarebbero ritenuti insufficienti. Mancherebbero dai 50 ai 60 milioni, secondo quanto manifestato (sia pure nell’estrema riservatezza imposta da una gara in corso) dalla totalità o quasi dei gruppi in lizza che sono Webuild, il nuovo brand di Salini Impregilo che ha inglobato Astaldi ed è i cordata con Cassa Depositi e Prestiti, poi Itinera (Gruppo Gavio) con Gilardi, Icm (ex Maltauro), Rizzani de Eccher con CogefaSis della famiglia Dogliani, Cmb con Siram, Pizzarotti.

Di fronte a cifre che vengono ritenute, anche in virtù dei rincari dei prezzi dell’ultimo anno dovuti alla crisi generata dalla pandemia, non adeguate e alla durata della gestione ritenuta troppo breve, i potenziali costruttori (e gestori) avrebbero prospettato le necessità di far crescere quei 322 milioni, oppure rivedere il progetto. Richieste che a quanto risulta non hanno avuto alcuna risposta. Forse perché la gara è in corso e le regole in questo caso sono molto ferree per i soggetti interessati, a partire dalla stazione appaltante. O forse perché una risposta non è possibile, oltreché lecito, darla.

La notizia non risulta essere arrivata, almeno ufficialmente, né al Comune né all’Università anche se delle comunicazioni indirizzate all’azienda ospedaliera universitaria retta fino a poco tempo fa dall’attuale direttore regionale della Sanità Mario Minola e oggi guidata da Gianfranco Zulian, è lecito supporre sia stato portato a conoscenza l’assessorato regionale. E semmai in qualcuno di quei Palazzi fosse arrivata, nessuno avrebbe interesse (anche con le elezioni comunali in vista) a suonare la grancassa su un problema che potrebbe riportare indietro di anni il calendario, a quando ormai pochi speravano di vedere la nuova struttura ospedaliera. 

Corso Regina Margherita è stato, per mesi, protagonista e regista della complessa operazione per sbloccare, dopo quasi dieci anni di attesa, l’iter. Con risultati e azioni a fasi alterne. È la fine dell’estate 2019 quando tutto sembra ancora irrimediabilmente bloccato e l’arrivo al ministero di Roberto Speranza al posto della pentastellata Giulia Grillo fa sperare che la firma mai messa dalla grillina arrivi con il nuovo titolare della Sanità. I molti mesi precedenti erano stati segnati da quel rifiuto dell’esponente del M5s di avallare il partenariato pubblico-privato al quale era palesemente contraria. Tant’è che lo stesso assessore Luigi Icardi non aveva nascosto la concreta possibilità di percorrere la via di un finanziamento da parte di Cassa Depositi e Prestiti o quella della realizzazione del polo ospedaliero da parte dell’Inail.

Per un certo periodo la linea dell’assessore appare proprio quella destinata ad affidare l’operazione all’istituto che ne sarebbe divenuto proprietario per 40 anni, ma come disse allora Icardi avrebbe comportato un risparmio di circa 10 milioni all’anno per l’azienda ospedaliera. L’ipotesi, però, sfumerà. Solo a novembre dello stesso anno la situazione si sblocca, lasciandosi dietro innumerevoli richieste di chiarimenti da parte della burocrazia ministeriale, con la norma regionale che garantisce il pagamento dei canoni dovuti dall’Aou novarese a chi costruirà e gestirà il complesso ospedaliero. Allora i canoni sono previsti in 18,5 milioni per ognuno dei 26 anni stabiliti. Che scenderanno poi a 21. E anche questa è una delle criticità poste dai gruppi partecipanti alla gara. Che potrebbero tirarsi indietro di fronte all’antieconomicità dell’operazione, riportando la Città della Salute da sogno finalmente destinato ad avverarsi a sprofondare in un incubo.

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