THE WINNER

Lo Russo, la vittoria dell'outsider

Per mesi è stato quasi l'unico a crederci, ora tutti lo applaudono. Una candidatura nata da lontano nello scetticismo del suo stesso partito e di buona parte della coalizione. Così il "secchione" del Politecnico è diventato sindaco di Torino

L’aria di disfatta ha iniziato a spirare sul quartier generale di Paolo Damilano già nelle prime ore di domenica, all’apertura dei seggi. La chiamata alle urne dell’imprenditore non ha sortito gli effetti desiderati, l’affluenza è stata addirittura inferiore a quella del primo turno (-6%) con picchi di astensione proprio in quelle che dovevano essere le roccaforti elettorali di Lega e Fratelli d’Italia. Un pessimo presagio. Alla fine sono stati 290.589 i votanti a Torino (pari al 42,13%), oltre 40mila in meno rispetto a due settimane fa. Nessuna inversione del trend e anche i rapporti di forza sono rimasti pressoché invariati, anzi l'alfiere del centrosinistra ha incrementato di quasi 30mila voti il suo consenso, riuscendo a riportare alle urne i suoi elettori e intercettando buona parte dei voti che erano andati al Movimento 5 stelle e alla coalizione rossa di Angelo D'Orsi.

Al comitato elettorale del primo cittadino eletto arrivano alla spicciolata i big del partito e della coalizione che lui con pazienza ha messo insieme. “Questa è la vittoria di chi ci ha creduto sin dall’inizio” commenta emozionato Mimmo Carretta, il segretario del Pd torinese che in primavera dovette resistere alle pressioni del partito romano e di quella parte del centrosinistra che voleva un’alleanza strutturale con il M5s sin dal primo turno. Enrico Letta spedì a Torino Francesco Boccia che, sondaggi alla mano, tentò l’ultima forzatura: “Ve ne assumete la responsabilità” furono le sue parole minacciose prima di tornare a mani vuote dalla sua missione. Così arrivarono le primarie e furono un flop: 11mila appena i votanti, scontati i tentativi di disarcionare Lo Russo, vittorioso per un pugno di voti su Francesco Tresso. Operazioni ardite, sfumate nel giro di 48 ore anche per l’assenza di alternative: chi provò a sondare Sergio Chiamparino per un suo eventuale clamoroso rientro si sentì dire che “le primarie hanno decretato un vincitore” e da quel momento l’ex sindaco olimpico diventa il gran consigliori di Lo Russo e suo principale sponsor.

La coalizione obtorto collo si ricompatta. Il primo a riconoscere la sconfitta e a mettersi a disposizione è proprio Tresso. Oltre a Pd e alla lista civica di Mario Giaccone, pure Sinistra ecologista di Marco Grimaldi (tra i più scettici sul nome di Lo Russo) e la sinistra dem capitanata da Anna Rossomando si adeguano. Anche le ultime bizze di Mimmo Portas (Moderati) finiscono derubricate a fatto residuale. Mentre gli italiani ritirano sdraio e ombrelloni, il professore tira fuori la sua sediolina e inizia a girare Torino, costruendo una vittoria sulla quale erano in pochi a credere.  

“Erano tanti anni che il centrosinistra non era così unito” rivendica Lo Russo nelle prime dichiarazioni da sindaco eletto dopo aver dedicato la sua vittoria a quello che definisce un secondo padre, cioè don Aldo Rabino. Sette giorni per comporre la nuova giunta: annuncerà lunedì 25 la sua squadra, il vicesindaco sarà una donna e la maggioranza degli assessori sarà di genere femminile. Auspica un “clima di collaborazione tra maggioranza e minoranze”.  Nel momento più importante ringrazia tutto il suo staff, a partire dal portavoce Ivan Notarangelo e chiama sul palco, assieme a lui, gli uomini chiave della sua campagna: Valentina Campana e Daniele Valle. 

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