ATTACCAMENTO ALLE CARICHE

Vco, il presidente irremovibile

Non rieletto sindaco del piccolo comune di Trasquera, Lincio (Lega) decade dalla guida della Provincia del Vco. Lui rifiuta di mollare la poltrona. Impasse istituzionale e polemica politica. Intervento del prefetto e annuncio di sfratto

Tenete a mente il nome, Trasquera, perché è da questo borgo di 185 anime al confine con la Svizzera e dall’esito del voto dei suoi 132 elettori che origina una storia tutta italiana di attaccamento… alla poltrona. 

A voler ricorrere al latinorum ci starebbe bene un hic manebimus optime, ma sulle sponde del Verbano così come nelle valli dell’Ossola nella storia del presidente della Provincia che non vuole accettare di essere “ex” si fa piuttosto ricorso all’immagine del Vinavil posto tra terga e scranno, le prime legittimamente e indiscutibilmente di Arturo Lincio, dottore in Agraria classe ’49 tessera della Lega in tasca, il secondo ufficialmente vacante dopo il voto di Trasquera da cui Lincio, sindaco uscente, non è stato rieletto perdendo quindi il requisito per continuare a guidare la Provincia.

E dire che raccontano di come ci abbia provato in tutti i modi a continuare a fare il sindaco del piccolo comune di frontiera il leghista con un passato in Forza Italia e prima ancora nei socialdemocratici. Per sedici voti Lincio perse la cappa, ma non la spada. Pugnace perfino col prefetto, in quei giorni della contesa con l’avversario Geremia Magliocco oggi al suo posto in municipio, tanto da imbastire una questione sul far votare o meno otto persone colpite dal Covid.

Non meno battagliero, perduta la guida del Comune, nel difendere quella della Provincia pur essendo l’una legata all’altra per legge. Al suo fianco, almeno inizialmente si schiera il centrodestra e la Lega in maniera particolare e decisa. Lui spiega che deve restare lì, almeno fino al 18 dicembre data in cui si voterà per il rinnovo delle cariche provinciali, e sforna pareri e interpretazioni di leggi e commi. “Lasciare l’ente senza una guida politico-amministrativa, prevista per legge, non essendovi possibilità di sostituirlo, significherebbe aprire la porta al commissariamento di tutto il Consiglio, minoranza compresa, operazione democraticamente improponibile della quale il presidente – scrive riferendosi a sé in terza persona – non intende rendersi in alcun modo responsabile”.

D’altro e opposto avviso il Pd la cui segreteria provinciale sollecita le dimissioni a Lincio, per aprire a una supplenza affidata all’attuale vicepresidente il forzista Rino Porini. “Lui non può farlo”, obietta il dubitativamente legittimo titolare spiegando che il vice, non essendo un sindaco ma semplice consigliere comunale, non può prendere il suo posto. Proprio otto sindaci ancora l’altro giorno si sono rivolti all’ex collega dicendogli chiaro e tondo: “Cosa aspetta a dimettersi? Chi ha una carica pubblica sa che può mantenerla, se ha il consenso dei cittadini, o perderla se gli elettori gli preferiscono un altro candidato. È la democrazia. Rispettarla è un dovere”. Niente da fare. Lui resta nel Palazzo, firma atti, assume decisioni, insomma fa cose che a molti insinuano il forte dubbio della legittimità e prospettano timori per eventuali conseguenze. 

Non ha receduto dalla sua linea neppure di fronte al prefetto Angelo Sidoti che, per convincerlo, gli ha pure citato i casi analoghi di Latina e Ancona dove i presidenti non più rieletti sindaci hanno fatto armi e bagagli. Di fronte a cotanta ostinazione dalla prefettura è partita una lettera indirizzata alla Provincia in cui si ribadisce che “nel caso in cui, per effetto dell’ultima tornata elettorale, un presidente di Provincia venga a perdere la qualità di sindaco, ciò determinerà il subentro nella carica da parte del vice presidente”, invitando l’ente (nella fattispecie il segretario generale Giuseppe Testa) “alle conseguenti determinazioni”. Ovvero dichiarare la destituzione di Lincio da quella carica persa per sedici voti a Trasquera, borgo di confine tra Italia e Svizzera. E, forse, in questo caso pure tra ragionevolezza e ostinazione.

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