CAPITALISMO MUNICIPALE

Iren, il prêt-à-porter di Armani: dopo il Cfo da 700mila cucuzze cambia pure il capo del personale

L'ad mette al vertice delle risorse umane un fedelissimo, che guarda caso arriva da Anas. Un altro schiaffo ai soci emiliani mentre già lavora a limare le unghie del prossimo presidente. E apre un ufficio nella Capitale, utile per continuare a tessere le trame nei palazzi romani

La collezione primavera-estate di Armani è una sfilza di incarichi cuciti addosso a persone di provata fiducia. Dopo il direttore finanziario cambia anche il nuovo capo del personale. Gianni Vittorio Armani sta creando in Iren una prima linea nuova di zecca, manager fedeli e, a suo dire, di comprovate competenze nei rispettivi settori. A novembre era arrivata la nuova Cfo, Anna Tanganelli, un emolumento da 700mila euro che aveva fatto strabuzzare gli occhi ai soci istituzionali, provocando le proteste, in particolare degli emiliani. Gli stessi emiliani che poi si erano messi di traverso alla nomina del nuovo capo del personale riuscendo però solo a procrastinarla di qualche mese.

Dal primo marzo, infatti, arriva in Iren anche Alessandro Rusciano, classe 1971, anche lui ex Anas dove approdò (pure lì) dopo essere stato chiamato dall’allora amministratore delegato. Che, non a caso, era proprio Armani. Poi il trasferimento alla Thyssenkrupp dove ha gestito le risorse umane durante a fase di transizione di Acciai speciali Terni verso la multinazionale tedesca. Fedelissimi: Rusciano come Tanganelli, la “ragazza con la penna che conquistò Sergio Marchionne”, figlia di un affermato neurologo genovese e forse (anche) per questo nelle grazie del sindaco della Lanterna Marco Bucci che, infatti, sorprendentemente conoscendo il suo carattere, non si è messo di traverso. E che ora pare dare corda, in asse con il collega torinese Stefano Lo Russo, a un ad che non fa mistero di voler arginare, e di molto, influenze e ingerenze dei soci. “È ingovernabile un’azienda con troppi padroni che ci mettono il becco”, ama ripetere.

Per realizzare il suo piano, lo scorso 31 gennaio Armani aveva ottenuto le dimissioni di Antonio Andreotti che dal luglio 2010 guidava le risorse umane della multiservizi pubblica. E riguardo a Rusciano, sibillinamente ha affermato che “il suo stipendio sarà in linea con l’azienda”. Insomma, lui non guadagnerà 60mila euro al mese come il nuovo responsabile finanziario che peraltro, al suo arrivo, ha provocato una mezza rivolta nel top management interno, in particolare tra i responsabili delle unit, che hanno preteso (e di certo otterranno) un livellamento verso l’alto anche dei loro emolumenti. E comunque uno stipendio di circa 500mila euro non è propriamente usuale in Iren. Alla fine, secondo alcune emiliane, i costi dei dirigenti lieviteranno, e di parecchio.

Non è finita. Tanto per far capire l’antifona, Armani ha pure aperto un ufficio a Roma, da dove presidia il territorio e cura le sue preziose relazioni capitoline. Un’operazione che avrebbe tentato di fare, prima di lui, anche Massimiliano Bianco, tuttavia senza riuscirci, pare proprio per l’ostracismo manifestato da alcuni soci rispetto a ciò che appariva come mero interesse personale piuttosto che strategia aziendale.

Vuole pieno potere sull’azienda Armani, soprattutto in vista dell’assemblea che a giugno rinnoverà il consiglio di amministrazione e nominerà un nuovo presidente. Designazione che, secondo i patti parasociali, spetta a Torino. Ma la armanizzazione di Iren non si è fermata a Tanganelli e Rusciano, anzi si era già annunciata con l’arrivo di Marta Asquasciati, altra genovese, ex Fincantieri, professionista particolarmente vicina ad Armani, gratificata di un compenso di oltre 100mila euro, chiamata ad occuparsi di “pubblic affairs officer-strategic projects and permitting officer”, mansione pericolosamente affine a quelle relazioni esterne al momento in capo al presidente Renato Boero. Ma non è lui l’obiettivo di Armani, bensì il suo successore. Chiunque sarà, l’ad già si prepara a limargli le unghie.

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