VERSO IL VOTO

Acqui al voto, centrodestra Bollente
Cavallera brucia il piano di Molinari

Il cardinale azzurro si impunta e ottiene la candidatura della forzitaliota Roso. L'ex sindaco Rapetti, molto vicino al segretario della Lega, correrà come civico (e con molti appoggi). L'uscente Lucchini rinuncia al simbolo del M5s. Due Barosio al centro e a sinistra

“Preparati, Danilo tieniti pronto”. E lui, Danilo Rapetti, imprenditore cinquantunenne, sindaco di Acqui Terme dal 2002 al 2012, lunga militanza in Forza Italia, partito che ha lasciato nel 2018 per approdare alla Lega, a quelle esortazioni del segretario regionale del Carroccio Riccardo Molinari ha incominciato a rispondere già da mesi preparando il suo auspicato ritorno a Palazzo Levi. Approntando liste di sostegno, raccogliendo candidature, mettendo a frutto un’esperienza e un consenso tutt’altro che trascurabili.

Lui era, anzi è pronto. Il fatto, guaio per molti, è che quelle certezze che parevano granitiche si sono sfaldate sotto i passi felpati, ma evidentemente ancora pesanti, del cardinale azzurro Ugo Cavallera. L’ex assessore regionale, memoria storica diretta della nascita del manuale Cancelli, ha puntato i piedi rivendicando per Forza Italia la candidatura. Poco o nulla ha importato il fatto che la nomenclatura azzurra regionale, da Alberto Cirio al coordinatore Paolo Zangrillo, fosse più che disponibile a dare il via libera a Rapetti, sia pur transfuga verso la Lega ma senza mai un filo di polemica o rancore. Per l’evergreen di Bosco Marengo, però, ci voleva un nome azzurro punto e basta, anche se nella città termale Forza Italia di fatto non esiste più e quel che ne restava aveva da tempo seguito Enrico Bertero, successore di Rapetti per un quinquennio e oggi suo convinto supporter, tant’è che una delle tre liste civiche a sostegno dell’ex azzurro tutt’ora leghista si chiama nientemeno che Bertero per Rapetti. E già, perché quest’ultimo mica ha fatto su fagotto quando, passato il diktat di Cavallera, il centrodestra ha ufficializzato la candidatura della forzista Franca Roso, l’ultima giapponese, come ad Acqui descrivono la presidente dell’associazione delle città termali.

“Tieniti pronto” gli ha detto più volte Molinari, oggi in evidente imbarazzo e, dicono, pure parecchio amareggiato per la conclusione della vicenda, ma anche per il possibile esito elettorale. Lui si è preparato eccome. E adesso, contando il largo consenso che aveva ottenuto la prima volta e pure alla riconferma, unito al bel pacchetto di voti di Bertero, beh il centrodestra (dis)unito ha più di un motivo di preoccupazione. Bertero cinque anni fa perse al ballottaggio per eccesso di sicurezza: al primo turno aveva preso talmente tanti voti in più rispetto all’avversario che la stragrande maggioranza dei suoi elettori non andò a votare al secondo turno, regalando la vittoria a Lorenzo Lucchini, grillino che adesso ritentando l’avventura ha però deciso di mettere da parte il simbolo dei Cinquestelle. Ad oggi l’uscente si presenta con due liste civiche, anche se le pressioni nazionali per portare ufficialmente il movimento nella competizione elettorale sarebbero molti e pesanti. Si vedrà.

Quel che, intanto, si vede nel centrosinistra è la perpetuazione di una ormai antica tradizione, quella di pescare i candidati a primo cittadino della città della Bollente tra gli ex sindaci del circondario. Stavolta, il piddino Bruno Barosio vanta l’esperienza della guida del comune di Bistagno dal 1999 al 2009. Sessantotto anni, pensionato, è sostenuto ad oggi, oltre che dal Pd, da Articolo 1Azione Italia Viva. Niente alleanza giallorossa, dunque, avendo i Cinquestelle il sindaco uscente anche se egli pare non abbia alcune intenzione di utilizzare nè simbolo, né nome.

E a proposito di nomi, anzi di cognomi, spunta una curiosa e non si sa quanto casuale omonimia tra i candidati. Alessio Barosio è l’aspirante sindaco che corre sotto la bandiera dell’Udc. Pare che a convincere Lorenzo Cesa a concedere il simbolo all’omonimo del candidato del centrosinistra sia stato Pier Domenico Garrone, l’esperto in comunicazione e nel lontano passato portavoce dell’allora governatore Enzo Ghigo e in gioventù democristiano. Come Cavallera, che di quei tempi ha conservato, immarcescibile, l’arte della zampata. Felpata, ma pur sempre una zampata. Chiedere a Molinari. 

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