SACRO & PROFANO

Papa Francesco non fa Miragoli, sfuma la promozione in Vaticano

Contrariamente ai rumors delle settimane scorse, il vescovo di Mondovì non guiderà la Congregazione per la dottrina della fede. Ma il canonista lombardo non demorde e spera di ritagliarsi un ruolo nel Sinodo. Un corso sul cristianesimo rivolto ai giovani

Voci romane di una certa attendibilità dicevano nei giorni scorsi che monsignor Egidio Miragoli, vescovo di Mondovì, con incarichi in Vaticano che lo trattengono spesso lontano dalla diocesi, era fra i preconizzati ad assumere l’importante carica di segretario della Congregazione per la dottrina della fede. L’ufficio era vacante dopo che il precedente segretario, monsignor Giacomo Morandi, era stato rimosso a causa della sua troppo convinta ortodossia e nominato arcivescovo-vescovo di Reggio Emilia e Guastalla. Dopo tale precedente, l’ufficio di segretario dell’ex Sant’Offizio che un tempo era cruciale nella Sede Apostolica – si pensi alla figura dei cardinali Alfredo Ottaviani e Tarcisio Bertone – è diventato sempre più precario e assai poco ambito in quanto nessuno vuole più prendersi a cuore, come un tempo, la difesa della dottrina della fede oggetto di continue oscillazioni e cambiamenti e quindi di repentini defenestramenti. Ieri è arrivata la decisione. L’ufficio è stato scisso in due sezioni, una dottrinale e una disciplinare. Alla prima è stato chiamato monsignor Armando Matteo, finora sottosegretario aggiunto, e alla seconda monsignor John Joseph Kennedy finora capo ufficio. Le nomine non sono state accompagnate per i due prelati – come avveniva in passato per un ufficio tanto importante per la Chiesa – dalla loro elevazione all’episcopato con dignità arcivescovile ad personam.

Forse – ma non è detto – ciò potrebbe avvenire in seguito, tuttavia il particolare non è senza significato e rappresenta una ulteriore deminutio per il ruolo e rende manifesta l’idiosincrasia del papa per una congregazione un tempo denominata la “Suprema”. Lo comprese bene lo stesso cardinale Ottaviani – bestia nera dei progressisti di ogni specie – quando nel 1966 commentò con i suoi collaboratori la prima riforma della curia romana di Paolo VI che avrebbe concentrato tutti i poteri nella segreteria di Stato: «Ricordatevi, questo è un giorno nero per la storia della Chiesa perché non si tratta di forma, di titoli, bensì di sostanza. Infatti, finora il supremo principio di governo della Chiesa era la dottrina rivelata, la cui custodia e retta interpretazione è affidata in primo luogo al Papa che si serviva di questa Congregazione, la quale perciò era “Suprema”. Ora non so quale sarà il criterio ispiratore per il governo della Chiesa, ma temo che prevarrà quello diplomatico e contingente». Una profezia perfettamente avveratasi.

Monsignor Miragoli dovrà quindi – per adesso – rimanersene a Mondovì, una delle diocesi piemontesi che un tempo erano più ricche di vocazioni e di clero e che oggi invece è in piena decadenza e dove il vescovo non gode, a causa del suo autoritarismo, la simpatia dello sparuto e anziano clero e ancora meno dei laici. Arriverà per lui un’altra occasione per lasciare le aride sponde del Monregalese?  Essa potrebbe venire dal prossimo Synodus synodorum dove il canonista di Lodi potrebbe giocare un ruolo.

A proposito di fede, è partita  una interessante iniziativa della facoltà teologica dI Torino riservata ai giovani intitolata:  «Cos’è il cristianesimo?». Si tratta di una serie di sei incontri in cui i docenti più in vista – tra cui il 14 maggio il nuovo arcivescovo monsignor Roberto Repole – saranno intervistati da un giovane studente. Questi i temi trattati che vogliono essere un piccolo «corso di introduzione al Cristianesimo» diretto a tutti i giovani «interessati ad approfondire che cosa significhi essere cristiani»: 1) La preghiera dei cristiani; 2) I riti dei cristiani; 3) Chi è Gesù? Che cosa sappiamo di lui? Personaggio storico e Figlio di Dio; 4) La visione cristiana del destino dell’uomo; 5) Tra molte fedi Dio dov’è?;  6) Liberi o cristiani? Per una morale della felicità.

A parte la sua autoreferenzialità, la struttura e le domande che si svilupperanno nel corso sono un piccolo saggio della teologia che oggi egemone e insegnata nella Chiesa e che presenta – per non dire altro – due caratteristiche di fondo. Senza scomodare Karl Rahner, si può dire che essa dà per scontata la fede e che essa si manifesta all’uomo non come conoscenza ma soltanto come esperienza. Inutile in questa sede approfondire. Ma come avrebbe strutturato, un diverso approccio teologico – diciamo pure più “tradizionale” – un ciclo indirizzato agli stessi soggetti e articolato anch’esso in sei appuntamenti? Lo abbiamo chiesto ad un giovane amico teologo che ce l’ha così formulato: 1) Che cos’è la conoscenza e come avviene; 2) Il senso religioso: sua natura; 3) L’ipotesi della Rivelazione; 4) Il fatto della Rivelazione; 5) Da Israele a Cristo: l’inaudita pretesa; 6) La compagnia di Cristo: la Chiesa. Anche un profano può comprendere come le domande che stanno alla base del corso avviato dalla facoltà e di quello ipotizzato, prospettino una una diversità di intendere il messaggio cristiano che si divarica sui fondamentali. Il primo è un approccio idealista ad una fede che non c’è, il secondo è un approccio realista ad una fede perché rinasca.

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