(S)CENTRATI

Grande mercato al Centro, ma ci sono troppi venditori 

La crisi del bipolarismo alimenta le speranze delle forze moderate. I "centrini", al momento, abbondano più di leader in competizione tra loro che di voti. Domani Mastella riunisce le truppe del suo (ultimo) partito a Torino. L'analisi del politologo Pregliasco

C’è mercato elettorale per il sempiterno, carsico e modellabile centro. Ma, da quelle parti, ci sono anche troppi venditori. Un po’ Araba Fenice, un po’ oscuro oggetto del desiderio (almeno di una parte degli elettori), il vocabolo più longevo della politica attraversa le Repubbliche e, puntualmente, in vista di elezioni si presenta senza accusare i segni del tempo. 

Sarà anche perché, come spiega il politologo e sondaggista Lorenzo Pregliasco, anche oggi dopo anni di invocato e tentato (con esiti incerti) bipolarismo “nel mercato elettorale possiamo dire ci sia uno spazio che si può quantificare attorno al 10 per cento per le proposte centriste”. Anche se, tra i Carlo Calenda e i Giovanni Toti, tra i Luigi Brugnaro e i Clemente Mastella, con Italia Viva di Matteo Renzi, il centro appare sempre più affollato, forse troppo. “Al momento l’impressione che ci siano molte forze politiche che presidiano l’area centrale spesso con leadership anche ingombranti – osserva Pregliasco nel colloquio con lo Spiffero –. Il rischio lo vedo li, in una sovraofferta di partiti e di leader, a fronte di un mercato che va dal 3 al 10 per cento”.

Sulle “Ragioni del centro” dibatterà domani all’Nh Hotel di Torino il centrista per antonomasia e longevità politica Clemente Mastella in un incontro con l’ex vicepresidente del Csm e già più volte parlamentare Michele Vietti e con l’ex sindaco di Torino Valentino Castellani. Il sindaco di Benevento prosegue il tour con il suo Noi di Centro che in Piemonte ha già raccolto un bel po’ di adesioni, soprattutto tra volti noti (da molto tempo) della politica e che, a livello nazionale, è presieduto dal piemontese Giorgio Merlo, più volte parlamentare della vecchia scuola democristiana.

Centro di gravità permanente per chi in politica vuole permanere? A scorrerei nomi il sospetto si fa vicino alla certezza. Ma tant’è, la domanda naturale sull’esistenza e sulla dimensione del mercato elettorale per il centro trova nell’analista Pregliasco – che interverrà sul tema al convegno di Torino – una risposta condizionata. “Dipende che cosa si intende con centro, se si intende tutto ciò che ha che fare con un’impostazione moderata della politica, oppure un soggetto politico che si ispira in un certo senso all’eredità democristiana. Sono due cose molto diverse, che portano a risposte differenti. Oggi in Italia – osserva Pregliasco – si definisce di centro un po’ meno di un elettore su dieci. Poi c’è n’è piu di uno su quattro che si considera esterno rispetto a centrosinistra e centrodestra e lì si può avere una parte di elettori disponibili un’offerta centrista e moderata”. Ma quanto dipende l’eventuale successo centrista da un bipolarismo sempre più in crisi? “Non so se il bipolarismo è finito – risponde il politologo – di certo non se la passa molto bene. Questo è anche conseguenza di come funziona il meccanismo elettorale in Italia e di come funziona il processo di formazione dei governi. Si è visto bene nel 2018 e negli anni dopo con i Cinquestelle prima alleati con la Lega e poi con il Pd”. 

Una legge elettorale proporzionale, la spinta necessaria per i centristi? La logica non trova sempre conferma nella politica, se è vero come ipotizza Pregliasco che se da un lato il mantenimento del Rosatellum ricostruirebbe pur in forma posticcia una parvenza di bipolarismo, spingendo i partiti ad aggregarsi in coalizioni ampie, “non è detto che sia tutto un male per le forze di centro, che potrebbero contare su una soglia di sbarrarmento basso, al 3 per cento, e un peso notevole dei voti marginali nei collegi. Credo che almeno una parte del personale politico dei partiti di centro si stia convincendo del fatto che il proporzionale non è l’unico modo per pesare dopo le elezioni”.

Elezioni verso cui centristi in ordine sparso procedono contando anche su quella domanda “che esiste, ma non è detto che accolga l’offerta. Un pezzo di elettori moderati poi, alla fine, vota i partiti più moderati dei due schieramenti, per cui si hanno molti elettori centristi del Pd e di Forza Italia. E questo non apre lo spazio politico a nuovi partiti centristi”, che alla fine potrebbero trovarsi in un mercato con più venditori che acquirenti. 

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