LE REGOLE DEL GIOCO

Legge elettorale, la Lega ci riprova
(ma senza troppa convinzione)

Iniziata ieri in Commissione la discussione sulla proposta di legge Mosca. L'abolizione del listino non piace agli altri partiti del centrodestra e le soglie di sbarramento sono una mina per il Pd e i suoi alleati. Strada in salita

A Roma come a Torino la riforma della legge elettorale è quell’argomento che torna in auge con l’approssimarsi delle urne, paradossalmente quando le condizioni per approvarla sono peggiori perché ogni singolo eletto già pensa esclusivamente a come garantirsi un altro giro; e con questo spirito si trova a riscrivere le regole del gioco. Ieri la settima commissione di Palazzo Lascaris (Affari istituzionali) è tornata a riunirsi per discutere di una riforma di cui si parla dall’inizio della legislatura (ma non di questa, di quella passata). Gli argomenti al centro della discussione sono più o meno sempre gli stessi: l’introduzione della doppia preferenza di genere, prevista peraltro da una norma nazionale cui la Regione dovrà adeguarsi, l’abolizione dell’odioso listino – ormai utilizzato come camera di compensazione dei partiti anziché, com’era nell’idea originale, per introdurre nel parlamentino piemontese personalità di alto profilo – e infine la soglia di sbarramento, vero spauracchio dei partitini che affollano soprattutto il centrosinistra. Che fare?

Il testo base da cui si parte è quello di Michele Mosca (Lega), l’unico tema su cui sono tutti d’accordo è l’assicurazione di un premio di maggioranza che garantisca la governabilità alla coalizione che prende più voti (almeno il 55% dei seggi al candidato governatore che ottiene più voti). Sul resto i pareri restano discordanti. Su doppia preferenza e abolizione del listino il Pd è d’accordo, la soglia di sbarramento potrebbe deteriorare i suoi rapporti con gli altri cespugli della coalizione, quindi ci va con i piedi di piombo. Sono tre i monogruppi a Palazzo Lascaris (Moderati, Luv, Lista Monviso) e tutti e tre fanno parte del centrosinistra: meglio non farli arrabbiare.

La proposta di legge della Lega prevede uno sbarramento del 10% per le coalizioni e del 3% per le liste che ne fanno parte, mentre i partiti che si presentano da soli devono raggiungere almeno il 5% dei voti per ottenere una rappresentanza. Questo è forse l’ostacolo principale all’approvazione, il primo da rimuovere per evitare le barricate dell’opposizione. Sul listino, invece, se Pd e Lega sono d’accordo, qualche perplessità in più viene manifestata – seppur non pubblicamente – da Fratelli d’Italia e Forza Italia. C’è anche chi ha ipotizzato un asse tra Lega e Pd per portare a casa in breve tempo la riforma, ma sarebbe una prova di forza che danneggerebbe entrambi i partiti all’interno delle rispettive coalizioni, quindi è stata velocemente archiviata. “Nessuno pensi di poter approvare le regole del gioco senza un’ampia maggioranza” mette in guardia Domenico Ravetti (Pd), che ieri ha presieduto la seduta per l’assenza del presidente leghista Riccardo Lanzo.

Difficile prevedere come andrà a finire, anche perché gli interessi sono molti e non sempre coincidenti. Per esempio non sfugge alla maggior parte degli eletti che il listino potrebbe trasformarsi nel premio di consolazione per i tanti deputati e senatori che, dopo il taglio dei parlamentari, alle prossime elezioni resteranno a spasso. Per contro, ai vertici dei partiti c’è chi vorrebbe mantenerlo proprio per avere la possibilità di riciclare qualche trombato. C’è chi è pronto a scommettere che “alla fine non se ne farà nulla”, ma intanto la commissione è già stata riconvocata la prossima settimana per concludere almeno la discussione generale prima dell’esame dell’articolato.  Dopo l’imminente tornata elettorale, verranno anche sentiti i rappresentanti degli Enti locali in audizione.

Qui la relazione della Pdl Mosca

Qui la Pdl Mosca

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