ALLARME VIRUS

Vaiolo, problema circoscritto: "Prematuro parlare di vaccini"

Accertato il quarto caso in Italia (nessuno in Piemonte). Allarme dell'Oms. L'infettivologo Di Perri: "Non è il caso di immaginare una campagna di immunizzazione. I numeri dovrebbero rimanere bassi". Il cluster delle Canarie, ma l'origine è nell'Africa occidentale

“Non credo oggi si debba parlare di vaccinazione antivaiolo per gli italiani”. È un approccio che non lesina la necessaria attenzione, ma nel contempo è improntato a una cautela verso corse in avanti quello del professor Giovanni Di Perri rispetto ai casi di vaiolo delle scimmie per cui l’Organizzazione mondiale della sanità ha lanciato l’allarme.

“Quella dei casi umani del vaiolo delle scimmie è una situazione ancora da completare con chiarezza – spiega il direttore di Malattie infettive dell’Amedeo di Savoia di Torino –. Queste fughe di infezioni umane ci sono state e ce ne saranno, ma sono state sempre limitate perché non è una infezione che si trasmette così facilmente, il vaiolo delle scimmie è infatti 20 volte meno trasmissibile rispetto al Covid”.

Per l’infettivologo, relatore a un convegno ospitato dal Senato sul Coronavirus, “l'Oms giustamente deve dare l'allarme per sensibilizzare al problema chi può essere stato a rischio di contagio”. Un allarme che giunge quando “al momento non ci sono decessi da questa importazione del virus delle scimmie in Europa e la mortalità associata al ceppo in causa, che è quello dell'West Africa, è al massimo dell'1%”. 

Di Perri osserva, inoltre, come “la protezione dalla vaccinazione antivaiolosa che fu interrotta in Italia nel 1981, è intorno all'85%, dunque è una malattia autolimitante. Se non ci sono elementi nuovi sul fatto che ci possa essere stata una mutazione, e al momento non mi sembra, credo che il problema dovrebbe rimanere limitato”. Insomma, “il campanello d'allarme deve esserci, ma non ci sarà una epidemia come Sars-Cov-2”.

In Italia ad oggi i casi segnalati sono quattro e anche l’ultimo riconduce alla zona delle Canarie, dove si è sviluppato un cluster del virus. “Per qualche motivo dal West-Africa il virus attraverso dei viaggiatori si è trasferito proprio lì alle Canarie dove c'è stato un incontro complessivo di molte persone dell'area del turismo omosessuale e che poi hanno fatto ritorno nei nostri paesi”, spiega il primario dell’Amedeo di Savoia. Il quale porta un’esperienza diretta e recente: “Ero a Londra sabato scorso e mi sono reso conto del problema da questo punto di vista: evidentemente le modalità di contatto sono più strette e quello che poteva essere un dissolversi del tutto in poco tempo ha subìto invece il rilancio che stiamo vedendo”.

Sulla possibile diffusione del virus, Di Perri è piuttosto ottimista: “Credo, vista anche la reattività dei sistemi di sorveglianza a livello mondiale, che non dovrebbe andare oltre una numerosità circoscritta e non oltre i prossimi 10 giorni”.

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