SANITÀ DEL FUTURO

Nuovi ospedali, Cirio e Icardi ci mettono una pietra. Sopra

Mentre in altre regioni si costruiscono, in Piemonte si è fermi agli annunci. A Novara occorre una seconda gara un anno dopo quella andata deserta. Per il Parco della Salute ormai si "dialoga" solo più con un'impresa. Non va meglio nel Vco, a Cuneo e Alessandria

Gare da rifare, potenziali costruttori che si sfilano, revisioni dei costi, decisioni sui siti dove costruire i nuovi ospedali che s’impantanano in diatribe infinite, firme attese dai ministeri che non arrivano, scelte altalenanti tra l’affidarsi all’Inail o al partenariato pubblico-privato… L’elenco degli ostacoli, degli errori e dei ritardi che lasciano la costruzione di nuove strutture ospedaliere in Piemonte a un libro di sogni potrebbe continuare a lungo.

Non servono doti divinatorie né occorre indulgere al pessimismo per prevedere, con la vana speranza d’essere smentiti dai fatti, che neppure un mattone di uno dei non pochi ospedali messi in cantiere solo sulla carta (e neppure ancora quella dei progetti) verrà posato prima della fine della legislatura regionale. Le stesse parole pronunciate dall’assessore alla Sanità Luigi Icardi – “Sugli investimenti in edilizia sanitaria non siamo al massimo delle potenzialità” – appaiono a dir poco indulgenti rispetto a una situazione che va oltre le risorse finanziarie messe in campo. Facendo emergere una molteplicità di problemi e di mancate soluzioni che se in parte vanno ricondotte a lentezze in capo al ministero e ad altri organismi centrali, per il resto non possono che chiamare in causa un governo regionale troppo solerte negli annunci ottimistici e per nulla nel tradurli in pratica. 

Dunque, ha fin troppo gioco facile l’opposizione a dire, come fa il vicepresidente della Commissione Sanità di Palazzo Lascaris, il piddino Domenico Rossi che “il vero grande fallimento della giunta di Alberto Cirio nella sanità è proprio l’edilizia sanitaria. Non si è fatto nulla e purtroppo temo non si farà nulla”. Lo stesso Rossi non più tardi di un mese fa aveva definito i ripetuti annunci di Icardi e Cirio “una coltre di fumo per coprire il niente”. Erano i giorni in cui lo Spiffero, per primo, aveva dato notizia dell’inversione di rotta sul futuro ospedale di Cuneo, con l’ormai pressoché certo abbandono dell’annunciata soluzione dell’affidamento all’Inail della realizzazione dell’opera, imboccando la strada del partenariato pubblico-privato dopo l’offerta della holding della famiglia Dogliani.

Proprio il complesso destinato a sostituire il vecchio Santa Croce e Carle che tra tutti i progetti appare quello con di fronte la strada meno in salita, segna anch’esso il passo. Da settimane, dopo il parere positivo dell’Ires e della Regione, attende ancora il pronunciamento dell’azienda ospedaliera diretta da Elide Azzan. Non che una volta arrivato questo necessario disco verde, sia tutto risolto: bisognerà bandire una gara con tutti i tempi che ciò comporta e sperando che non sorgano intoppi. Come quelli che esattamente un anno fa avevano fermato il già complicato percorso per la futura Città della Salute di Novara. Un capitolato ritenuto insostenibile nei costi aveva fatto andare deserta la gara e costretto l’azienda, passata nel frattempo dalla direzione di Mario Minola (approdato al vertice della Sanità regionale) a Gianfranco Zulian, a rifare il bando che, un anno dopo, ancora non è pronto. “Da due mesi aspettiamo la firma del ministro Roberto Speranza e il via libera del Mef sull’accordo di programma che è passato da 419 milioni rispetto ai precedenti 320, poi si ripartirà con tutta la procedura per predisporre la gara”. 

Si ripartirà, appunto, come in un gioco dell’oca che rischia di riproporsi, sia pure per ragioni diverse, per altri ospedali. Nel Verbano-Cusio-Ossola, tra un progetto ritenuto non fattibile dalla Regione come quello di Ornavasso e un’eterna battaglia di campanile tra i sindaci della provincia e tra loro e l’assessorato regionale, l’ospedale unico sembra allontanarsi sempre più dai radar, aprendo probabilmente la via a una ristrutturazione dei due esistenti, il Castelli di Verbania e quello di Domodossola.

Arcinoti i problemi che segnano la più grande opera di edilizia sanitaria, quel Parco della salute di Torino che ha già visto tempo addietro sfilarsi un grande gruppo come quello di Gavio, lasciando in campo soltanto il Consorzio Stabile Sis che comprende la Inc della famiglia Dogliani, mentre l’altro potenziale costruttore, la Siram, come emerso dalla cabina di regia del luglio scorso, sarebbe sul punto di lasciare. Lo spettro di un nuovo caso Novara aleggia sul progetto che, tra modifiche in corsa e riduzioni dettate dall’impossibilità di aumentare la cifra sul piatto, pare destinato a ridimensionarsi da ambizioso Parco della Salute a un rifacimento delle Molinette. Proprio dal vertice della più grande azienda ospedaliera, l’altro giorno è arrivato un allarme: “Far quadrare i bilanci non sarà facile – ha avvertito il direttore generale Giovanni La Valle – basti pensare che quest'anno stimiamo un aumento dei costi di energia rispetto al 2021 di 24 milioni di euro”.

E proprio il tema energetico dovrebbe imprimere una già di per sé necessaria accelerazione (nel caso del Piemonte, bisogna ancora accendere il motore) sull’edilizia sanitaria, visto che tutti i vecchi ospedali sono estremamente energivori e questo lo si sa non da oggi, né da ieri. E mentre ancora si deve decidere il luogo dove costruire il nosocomio dell’Asl To5, così come da definire resta pure il sito per quello di Alessandria dove, come a Cuneo, si profila l’abbandono della soluzione Inail per quella del partenariato pubblico-privato, Cirio e Icardi a posare la prima pietra di almeno uno dei nuovi ospedali è un’immagine in cui non riusciranno a farsi immortalare prima delle elezioni del 2024.

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