VECCHI & NUOVI POVERI

PORCA MISERIA

Aumentano le richieste d'aiuto alla Caritas (+42%). La metà di coloro che si rivolgono all'ente diocesano sono anziani. Il direttore Dovis: "Stiamo già vedendo quanto incide il caro bollette"

Nei primi 6 mesi del 2022 a Torino e provincia, le persone che si sono rivolte alla rete della Caritas diocesana sono aumentate del 42,2% rispetto al dato di tutto il 2021, il 51% delle quali anziane, seguite da working poor, lavoratori autonomi e poveri storici che hanno visto peggiorare la loro condizione. A fotografare la situazione è il direttore della Caritas torinese, Pierluigi Dovis, in occasione del convegno “Identità territoriale e rigenerazione urbana” organizzato per fare il punto sull’attività di due realtà del territorio, Casa La Salette, con una settantina di ospiti stranieri, co-gestita tra abitanti e soggetti sociali, e Ma.Ri. House, co housing che ospita circa 60 persone tra famiglie in grave stress abitativo, city users e studenti fuori sede. La pandemia prima e la crisi economica legata alla situazione internazionale vedono, dunque, una situazione in peggioramento che i dati macroeconomici solo in parte sono riusciti a fotografare. “Le richieste principali – spiega Dovis – sono cibo, soldi per mantenere la casa, per affitto e bollette, spese di natura sanitaria, per l’educazione dei bimbi o la cura degli anziani disabili, ma anche richiesta di lavoro. E stiamo già vedendo quanto incide l’aumento delle bollette, non solo per chi chiede aiuto ma anche per chi lo fornisce. Anche il sistema del sostegno si sta impoverendo, serve un intervento strutturale forte a livello nazionale e internazionale, servono risorse”.

Anche per Francesco Marsico della Caritas nazionale, “da un lato bisogna continuare con le politiche di intervento economico, tipo reddito di cittadinanza o misure di questo genere, ma dall’altro c’è la necessità di un Paese che sappia svilupparsi, fare politiche di sviluppo e tutela del lavoro tali da impedire i meccanismi strutturali della povertà. C’è un tema della precarietà del lavoro che va affrontato”. Quanto alle due esperienze torinesi, sottolinea che “ci danno indicazioni importanti soprattutto sulle modalità di costruire servizi e risposte, costruendo meccanismi di inclusione con una biodiversità esistenziale che mette insieme persone diverse e crea una connessione che attutisce i rischi di isolamento sociale, offre la possibilità di ricostruirsi sul piano personale e crea luoghi di nuova socialità che supera le barriere sociali ed esistenziali. A questo però – evidenzia – vanno aggiunte ovviamente politiche strutturali”.

Per don Paolo Fini, delegato arcivescovile per il sociale, c’è la “necessità di connettere la dimensione della solidarietà alla vita normale della gente, tarare bene le cose che facciamo per adattarle al territorio e a chi lo vive e quello che in queste due esperienze è stato vincente è la connessione col territorio”. A sostenere l'iniziativa la Compagnia di San Paolo che, dice il presidente Francesco Profumo, “è sempre più un agente per lo sviluppo sostenibile per tenere insieme tre elementi: persone, strutture e territorio. Quello di queste due strutture – conclude – è un modello legato anche alla rigenerazione urbana che può essere replicato, perché oggi non si può pensare alla rigenerazione urbana senza che ci sia un progetto sociale per la connessione delle persone”.

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