RETROSCENA

Senza i big Crosetto e Siniscalco, al Piemonte solo posti di rincalzo

Il gigante di Marene giura che non entrerà nella squadra di governo (stipendi troppo bassi). Le quotazioni del banchiere sono altalenanti. Sottosegretari "quasi" sicuri Delmastro e Montaruli. Duello in casa tra i berluscones Pichetto e Perosino

È la coppia più tosta uscita e cresciuta da quella generazione Atreju che scrive la storia, non si sa quanto infinita, della destra con Fiuggi alle spalle e Palazzo Chigi di fronte. Coppia politica, ovviamente. E incidentalmente pure regionale giacché entrambi, attaccati (sempre, ma mai come in questi giorni) a Giorgia Meloni come due calamite alla lavagna magnetica su cui Fratelli d’Italia scrive il suo futuro e appunta l’agenda (di Governo) del suo presente, Augusta Montaruli e Andrea Delmastro Delle Vedove, sono due piemontesi.

Lei torinese, classe 1983, esordi politici nel ’99 in Azione Giovani, presto a capo del movimento studentesco di Alleanza Nazionale, poi degli universitari, avvocato penalista, consigliere regionale, infine l’arrivo in Parlamento e la riconferma lo scorso 25 settembre. Lui, un po’ più anziano (classe 1973), stessa professione, è figlio d’arte (suo padre Sandro è stato parlamentare di Alleanza Nazionale dal 1996 al 2006), segretario provinciale del Fronte della Gioventù a Biella, nel ’95 a Fiuggi vive la nascita di An, dopo esperienze in Provincia e Comune, nel 2018 arriva alla Camera e, come Montaruli, è uno dei più stretti pretoriani meloniani del Nord e non solo.

Ma dove andranno? In quali ministeri? Delmastro è responsabile Giustizia del partito e, quindi, verrebbe naturale immaginarlo in via Arenula, anche per quella sua impronta decisamente giustizialista che potrebbe compensare un eventuale ministro garantista come sarebbe nel caso di Carlo Nordio, ma anche (con l’aggiunta dell’elemento di bilanciamento politico) nell’ipotesi che a fare il guardasigilli vada la leghista Giulia Bongiorno. Delmastro, tuttavia, si è occupato molto anche di infrastrutture e questo potrebbe rappresentare un’alternativa possibile. Montaruli nel corso della legislatura si è occupata molto di temi sociali, della famiglia, ma anche l’Europa è uno dei temi prevalenti nella sua azione politica. La Meloni ne apprezza la verve e lo spirito combattivo, oltre che naturalmente la fedeltà. “Verrà premiata, se lo merita”, affermano da via della Scrofa quartier generale di FdI, a meno che “Rimborsopoli”, la vicenda giudiziaria in cui è ancora impelagata e che dovrebbe concludersi tra poco con l’ultimo grado, non consigli ai vertici del partito un supplemento di cautela.

Non stupisce che in questi giorni di tourbillon, di totoministri e borsini impazziti, proprio quelli di Delmastro e Montaruli siano i pochissimi, forse addirittura gli unici, nomi certi per altrettanti posti seppure nelle seconde file del prossimo esecutivo. Unici esponenti di Fratelli d’Italia a conquistare lo strapuntino di governo, dopo che l’altro parlamentare di peso tra i papabili per un ruolo di sottosegretario – il novarese Gaetano Nastri, classe 1968 alla sua seconda legislatura al Senato, natali democristiani e un passato da consigliere regionale in Forza Italia – pare dirottato verso un incarico nell’ufficio di presidenza di Palazzo Madama (questore).

Le probabilità che a Palazzo Chigi possa sedere qualche ministro piemontese sono ridotte al lumicino. Guido Crosetto, 59 anni il 19 settembre, gran visir del califfato meloniano, giura che non farà parte della squadra ma in politica tutto è transeunte e non esiste mai una parola definitiva. A chi gli prospetta, in forma di domanda, quella possibilità, il cofondatore di FdI risponde facendo notare che se avesse avuto in animo quel percorso non avrebbe certo rinunciato a tornare in Parlamento. Basterà questo ad escludere un ripensamento poco prima dell’ingresso della Meloni al Quirinale con la lista dei ministri? Il gigante di Marene, al vertice dell’associazione delle industrie della Difesa (dove peraltro è prossimo alla scadenza) e a capo di molte società di consulenza, rinuncerà alle sue redditizie attività (e magari alla prospettiva della presidenza di Leonardo) per un posto da ministro, magari al Mise (o, addirittura, al Mef) come vocifera qualcuno? Vedremo.

Le quotazioni di Domenico Siniscalco, 68 anni, tecnico di area, già direttore del Tesoro e ministro “sostituto” di Giulio Tremonti sotto nei tre governi Berlusconi, oggi banchiere di Morgan Stanley, sono altalenanti: un giorno sparisce dall’elenco per lasciare spazio a qualche altro grand commis (Fabio Panetta o Dario Scannapieco, quello successivo torna in auge. Anche lui ostenta atarassica indifferenza, ma chi lo conosce bene sa essere proprio questo l’atteggiamento che il professore torinese assume quando punta a un obiettivo. Chissà.

Con queste premesse ai piemontesi non resta che concentrarsi sulle poltrone (limitate) di viceministro e di sottosegretario (tre o quattro al massimo, della sessantina complessiva). Persino una figura di standing come quella di Gilberto Pichetto Fratin, 68 anni, numero due uscente allo Sviluppo economico, è tutt’altro certo di mantenere la posizione (non parliamo di una promozione), se è vero che in queste ore sta subendo la concorrenza interna al suo stesso partito (Forza Italia) di Marco Perosino, 70 anni, sindaco di Priocca, a cui il governatore Alberto Cirio ha promesso la nomina a sottosegretario a titolo di risarcimento per la mancata rielezione. Nella Lega tutte le speranze sono riposte su Riccardo Molinari, in corsa per lo scranno più alto di Montecitorio: della decina di posti appannaggio del Carroccio Matteo Salvini vuole riservarne una metà ai coordinatori di partito esclusi dalle liste o trombati dalle urne e persino molti big dovranno accontentarsi di ruoli di rincalzo.

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