POLITICA & GIUSTIZIA

Finpiemonte, Gatti rischia 7 anni

Sono in tutto otto le condanne chieste dalla Procura di Torino per gli ammanchi nei conti della finanziaria della Regione. Assieme all'ex presidente vengono accusati anche gli imprenditori Piccini e Pichetti. Ora la parola alla difesa

Otto condanne sono state chieste dal pm Francesco Pelosi in tribunale a Torino per il caso dei 6 milioni di euro sottratti indebitamente, secondo le accuse, dalle casse di Finpiemonte, la finanziaria della Regione. Per Fabrizio Gatti, ex presidente della società, sono stati proposti sette anni di reclusione. Per gli imprenditori Pio Piccini e Massimo Pichetti il magistrato ha chiesto rispettivamente otto anni e sette anni e mezzo. Secondo la procura tra il 2015 e il 2016 Gatti fece aprire da Finpiemonte dei conti correnti in una banca Svizzera, la Vontobel, per poi dirottare una parte del denaro. L’obiettivo, sempre in base a quanto ricostruito dal pm Pelosi, era salvare dal fallimento una società immobiliare, la Gem, in cui aveva degli interessi. Fra le altre richieste di condanna figurano quella a cinque anni e 4 mesi per Francesco Cirillo, all’epoca dei fatti direttore della filiale di Zurigo di Vontobel, e quella a tre anni per Maria Cristina Perlo, all’epoca direttore generale di Finpiemonte, alla quale si contesta di non avere impedito e denunciato la manovra.

La storia ruota intorno al destino di due bonifici da 3 milioni e mezzo di euro partiti da un conto corrente di Finpiemonte aperto in una filiale svizzera della Vontobel Bank e destinati a Gesi Spa e alla P&P Management di Pichetti e Piccini, appunto. Denaro che. secondo la procura. sarebbe servito a salvare un’altra società, la Gem Immobiliare, riconducibile proprio a Gatti mentre era a capo dell’ente regionale. Ora la parola passa alla difesa che si concentrerà in particolare sull'assenza di prove certe circa la responsabilità di Gatti, che ha sempre sostenuto di essere vittima di una truffa ideata da altri, come dimostrerebbero gli account di posta elettronica artefatti e le firme false evidenziati dall’imputato. Lo stesso Piccini in aula aveva ammesso di “aver tradito un amico”. 

print_icon