GRANA PADANA

Bonus matrimonio in chiesa, Molinari sconfessa Gusmeroli

Il fronte cattotradizionalista ci aveva già provato quattro anni fa con tante firme di piemontesi. Oggi a sostenere la proposta c'è solo più il parlamentare aronese, ma il segretario e capogruppo (cui sarebbe sfuggito il blitz) prende le distanze

Questo bonus per il matrimonio in chiesa non s’ha da fare né domani, né mai. Giorgia Meloni ci ha messo poco a muovere i suoi bravi, anzi il più corpulento e ascoltato tra tutti, per prendere le distanze dalla bizzarra e imbarazzante proposta di legge della Lega, o meglio di una parte del partito di Matteo Salvini che sulla vicenda, tra non pochi don Abbondio, adesso è in evidente difficoltà e disaccordo interno. “Il bonus nozze non fa parte della manovra, è la proposta presentata da un deputato. Non è mai passato in mente a Palazzo Chigi di dare un premio a chi si sposa in chiesa, non è un tema che interessa ad uno Stato laico”, taglia corto, elmetto in testa, il ministro della Difesa Guido Crosetto. Bersaglio colpito.

Ma già prima, sul Carroccio salviniano la pattuglia cattolica ipertradizionalista, quella per intenderci che ha i suoi solidissimi riferimenti del presidente della Camera Lorenzo Fontana e nell’ex senatore Simone Pillon, con la sua proposta di un bonus di 20mila euro solo per chi si sposa con rito religioso, non pareva quel che si dice un vaso di ferro. Avevano fatto i conti male. E dire che in questa storia c’è un parlamentare che di conti ci vive, sia nella vita professionale sia in quella politica. Non a quello di Como, ma al Lago Maggiore si deve guardare per trovare, sulla sponda di quell’Arona di cui è stato sindaco, Alberto Gusmeroli, neo presidente della commissione Attività Produttive di Montecitorio. Sua è una delle firme alla proposta di legge che non arriva in Parlamento per la prima volta.

Senza scatenare il putiferio attuale e forse accortamente infilata in un cassetto prima che potesse accadere, il 13 novembre del 2018 sempre con lo stesso primo firmatario, Domenico Furgiuele da Lamezia Terme con un passato in Alleanza Nazionale e poi nella Destra di Francesco Storace, la proposta di coprire parte delle spese per quello che è ormai il wedding business prevedeva identico importo e modalità. Non c’era allora e non c’è adesso la firma del capogruppo Riccardo Molinari, oggi tirato in ballo per una sorta di “mancata vigilanza” da quella parte, non proprio minoritaria del partito, che sul punto non concorda e avrebbe fatto assai volentieri a meno di questo can can, in sovrappiù con la doccia gelata gentilmente offerta da Palazzo Chigi.

“Se si vuole aiutare un settore come quello del wedding e le coppie che si uniscono – il verbo usato non è casuale – ben venga, ma perché limitare il bonus ai matrimoni religiosi? Ci sono quelli civili, le unioni civili. No, no così non va…”, il ragionamento del capogruppo cui sarebbe, colpevolmente, sfuggito il blitz degli irriducibili poi esploso in una polemica che ha creato parecchio nervosismo nel Governo e in particolare nel partito della premier.

Ieri, in serata, il tentativo di metterci una pezza da parte di Furgiuele: “La proposta che per questioni di oneri prevedeva un bonus destinato ai soli matrimoni religiosi, durante il dibattito parlamentare sarà naturalmente allargata a tutti i matrimoni, indipendentemente che vengano celebrati in chiesa oppure no”. Ma in tanti, proprio nella Lega, sono pronti a scommettere che finirà come la proposta di quattro anni fa.

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