Le due Italie

“Buon lavoro, fannulloni”: con questo titolo il quotidiano Libero ha dato la notizia dell’abrogazione del Reddito di Cittadinanza entro la fine del 2023. Una frase sicuramente di grande effetto, usata per appagare i propri lettori, ma al contempo un insulto vergognoso diretto a tutti coloro (tanti) che avrebbero voluto poter vivere del proprio lavoro, anziché affidarsi al sussidio statale.

Le affermazioni dirette a giustificare la demolizione del Reddito di Cittadinanza (in realtà “Reddito minimo garantito”) sono parte di un’efficace manipolazione dell’opinione pubblica, purtroppo una delle tante a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Nel tempo si è costruita l’immagine di una misura sociale rivolta soprattutto ai pigri, a giovani “sdraiati sul divano”, agli svogliati non interessati a cercare una qualsiasi forma di impiego. Menzogne volte a costruire un bersaglio su cui dirigere l’indignazione e lo sdegno di ampi settori della popolazione: un’operazione ideata per individuare un nemico, e distrarre così l’attenzione da chi davvero si dedica impunemente al saccheggio del Paese.

I possessori di grandi redditi, di stipendi da favola (non sempre meritati), si sono assunti paradossalmente il compito di denunciare il Reddito di Cittadinanza, equiparandolo a un lasciapassare per l’indolenza. I tanti imprenditori alla Briatore sono i fautori dell’attacco massiccio a questa forma di sussistenza. Un assalto realizzato tramite interviste online mentre solcano i mari caraibici sui propri panfili, oppure parlando con giornalisti durante lo shopping in via Condotti a Roma.

Persone che non hanno la minima idea di cosa significhi vivere raggranellando gli spiccioli in casa, nella perenne scelta tra pagare le bollette o mandare a scuola i figli. Dall’alto della loro vita agiata, costoro puntano il dito accusatorio su una povertà oramai diffusa; proteggono gli interessi di chi, spudoratamente, offre salari da fame stupendosi poi di ricevere in cambio disaffezione al lavoro e, di tanto in tanto, qualche insulto.

Evidentemente il sacrificio costante di tanti giovani, e meno giovani, non è mai ritenuto sufficiente da chi annoiato attracca in Sardegna, o in Costa Azzurra, lamentandosi per il costo del lavoro altrui. Eppure, quante sono le persone che si adattano, per sopravvivere, a salire in bicicletta con qualsiasi temperatura per consegnare il cibo nelle case di commensali tentati da “qualcosa di sfizioso”; quanti sono gli assunti, costantemente precari, costretti a mettere a disposizione la loro opera per quattro euro lorde all’ora. Navigando tra ostriche, caviale, festini e champagne forse diventa difficile leggere le statistiche ufficiali e riflettere qualche secondo sul dato che denuncia il rischio tangibile per il 20% della popolazione italiana di cadere in povertà ed esclusione sociale (individui prossimi a ingrossare le fila dell’esercito degli indigenti).  

La narrazione di alcuni partiti è sovente contradditoria. In Italia, secondo loro, l’industria delocalizzerebbe la produzione, in luoghi fiscalmente accoglienti, e la piccola impresa soffrirebbe principalmente a causa di una misura di sostegno esistente in gran parte dei Paesi europei. Germania, Svezia, Spagna, Francia, Danimarca, Belgio, Paesi Bassi, Irlanda sono alcune delle nazioni che assicurano ai disoccupati un salario simile a quanto percepito in caso di impiego. Altre invece nell’Europa orientale, come la Slovacchia e la Romania, garantiscono quote di sussistenza, a chi non ha un lavoro, pari a un terzo del reddito medio di chi invece percepisce una busta paga. Stati in cui i controlli contro gli usi impropri degli aiuti economici sono effettuati con serietà, e dove i centri per il lavoro vengono messi nelle condizioni di poter intervenire realmente sull’incontro tra domanda e offerta di impiego (al contrario di quanto fatto dal nostro sistema regionale).

Poche Regioni hanno infatti impegnato i consistenti fondi destinati dal Governo Conte, e in seguito dal Pnrr, allo sviluppo dei Centri per l’Impiego, attualmente mal funzionanti poiché in balia della cronica scarsità di personale e di mezzi. L’esiguo numero di beneficiari dell’assegno mensile che hanno ricevuto un’offerta di impiego congrua, fattibile, conferma l’insufficiente interesse dimostrato dalle Regioni stesse nel percorso di accompagnamento occupazionale previsto dal Decreto Legge n. 4 del 2019 (istituente il Reddito e la Pensione di Cittadinanza).

Ovunque vi è la consapevolezza della pericolosità derivante da un disagio sociale diffuso. Quando la politica non riesce a garantire un’esistenza dignitosa a gran parte dei propri cittadini, afflitti da mancanza di lavoro o vittime di assurde speculazioni sui beni essenziali, ha fallito il suo compito, tradendo anche la Costituzione. Una società spaccata in due e segnata da profondi baratri che dividono i ricchi, pochi, dal resto della popolazione non crea solo ingiustizia, ma anche una tensione pronta ad esplodere in un moltiplicarsi di episodi di delinquenza comune.

Del resto, è sufficiente fare due passi nel centro città per poter osservare il numero crescente di senza fissa dimora, nonché il triste fenomeno (già descritto molto bene da Victor Hugo nel romanzo I Miserabili) dei tanti che si fingono clochard per sottrarre le elemosine a chi davvero non ha alternative al giaciglio sistemato sotto i portici. Una deriva umana ottocentesca, un triste ritorno al passato che da Saint Moritz o dai resort del Golfo degli Aranci è difficile poter vedere. 

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