Se deraglia il treno della democrazia

Brutta sorpresa per il cancelliere Scholz, il quale nei giorni scorsi ha visto il suo partito (Spd) crollare sotto la valanga di voti destinati ai nostalgici del Terzo Reich e all’estrema sinistra. È stato pessimo il risultato raggiunto anche dalle altre due forze politiche di governo, che hanno subito una marcata flessione di consenso: i Verdi sono scesi sotto la percentuale che permette l’accesso al Consiglio legislativo della Turingia; la Cdu è scivolata invece al secondo posto in Sassonia, contendendo faticosamente la posizione al partito Bsw (Sinistra radicale).

La Germania dell’Est, che un tempo era parte del Patto di Varsavia, soffre per un’unione con l’Ovest che non ha portato alcun vantaggio alle famiglie e ai lavoratori. L’adesione al blocco Occidentale, dopo la caduta del Muro di Berlino (simbolo della Guerra fredda e della spartizione dell’Europa in seguito alla conferenza di Yalta), ha coinciso con l’avvio di una grande speculazione immobiliare nei Land orientali, insieme a una riduzione sostanziale dei servizi sociali rivolti alla popolazione.

Lo scioglimento dell’Unione Sovietica, avviata da Gorbaciov, ha consentito la nascita di poteri oligarchici nutriti dal business offerto dalla privatizzazione dell’immenso patrimonio pubblico: beni collettivi tra cui si annoverava l’edilizia popolare e le aziende statali. Una nuova classe di potere priva di scrupoli, cinica nell’eseguire sfratti e accompagnare le industrie ex pubbliche in un regime di restrizione di tutele in capo ai dipendenti, si è fatta largo tra le macerie della Repubblica Democratica.

In Germania si è creato così un profondo divario, intriso di diffidenza, tra tedeschi residenti nell’area di influenza statunitense, e coloro che sono nati sotto la bandiera con il simbolo del martello racchiuso da un compasso: questi ultimi sono stati considerati dai connazionali alla stregua degli immigrati provenienti dalla Turchia. Frattura resa probabilmente ancor più dolorosa dalla crisi economica che il Paese sta attraversando dopo l’inizio della guerra tra Ucraina e Russia.

Il conflitto ad Est ha segnato una linea di demarcazione tra la politica dell’ex cancelliere Merkel, artefice di un importante legame economico ed energetico tra Mosca e Berlino, e quella attuale (voluta con convinzione dal partito dei Verdi, oltre che dalla Cdu) impostata sulla rottura di tale asse a favore dell’alleanza militare con l’Ucraina. La nuova politica estera tedesca ha comportato una spesa non indifferente in armi e, al contempo, una crescita dei costi energetici con conseguente calo della produzione industriale. Il sabotaggio da parte delle forze speciali ucraine (come ha appurato di recente la magistratura) del gasdotto russo Nord Stream ha avviato il declino del gigante teutonico. 

Le differenze sociali si sono ampliate di giorno in giorno, sino a generare un vero e proprio terremoto antisistema in tutto il Paese. Sisma il cui epicentro è nel cuore della vecchia Germania socialista: scossone che ha rafforzato le compagini sovraniste di ispirazione neofascista in tutta Europa. 

Quando i ricchi contano nuovi profitti quotidianamente, spesso raggiunti per mezzo di speculazioni a danno delle famiglie, e le classi subalterne fanno fatica a pagare i conti della spesa, i sussulti politici non tardano a manifestarsi. Gli elettori, sempre più vittime dell’ingiustizia sociale, si rivolgono a coloro che offrono facili capri espiatori, come ad esempio addossare all’immigrazione la crisi occupazionale (ultradestra xenofoba), oppure a chi invoca maggior eguaglianza tra i cittadini e la difesa dello Stato sociale (sinistra extraparlamentare).

Lasciano di stucco i commenti dei dirigenti politici della Spd e della Cdu, all’indomani dei risultati elettorali della Sassonia e della Turingia, poiché sono privi di qualsiasi analisi politica, ma, in compenso, ricchi di vuota retorica: “profonda amarezza per la vittoria dell’Adf”; “dobbiamo fare muro contro gli estremismi”, oppure “hanno vinto i populisti di destra e di sinistra”. 

Il termine “populista” è stato mortificato da chi, specialmente in questi ultimi anni, non ha più voluto riconoscere rappresentanza agli elettori. “Populista” è tutto ciò che si ispira al “Popolo”; un sostantivo che non indica nulla che possa essere volgare oppure sinonimo di becera ignoranza. Attualmente i partiti al potere in Europa dimostrano obiettivi politici molto distanti dalle esigenze manifestate dai cittadini, giacché lontani dal perseguire quel sogno di Europa sociale, e dei popoli, che ispirò i fondatori dell’Unione stessa.

L’ex premier Draghi illustrerà presto (a porte chiuse) a Ursula von der Leyen i piani che ha stilato per sostenere l’economia di guerra nel nostro Continente. Ipotesi i cui effetti si riassumono in minori servizi alla persona e un aumento delle privatizzazioni (come sta già avvenendo in Italia con il governo Meloni).

Gli intelligentissimi leader a capo delle formazioni politiche al potere continuano imperterriti per la loro strada, preparandosi a una lunga guerra espansionistica e alla sudditanza economico-finanziaria nei riguardi dello scricchiolante impero a stelle e strisce. 

Cannoni al posto del burro è il futuro immaginato dalla classe dominante per la nostra Europa. Il treno della democrazia sta correndo a tutta velocità verso un enorme muro in cui finiscono i binari. Un treno prezioso, delicato, costruito dopo un drammatico conflitto mondiale, destinato alla distruzione da chi mette la speculazione in cima alle proprie priorità di governo. Ai passeggeri non rimane che rassegnarsi allo schianto, oppure reagire licenziando il macchinista e prendere possesso della locomotiva. 

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