GRANA PADANA

Lega, i nordisti conquistano Brescia. Partito spaccato, Salvini dimezzato

Dai congressi provinciali esce un Carroccio diviso e un leader ammaccato. Mantiene per un soffio Varese (12 voti) dove però non si è fatto vedere Giorgetti. I candidati vicini al Comitato bossiano vincono anche a Lodi e Cremona. Ora tocca al Piemonte

Dopo lo schiaffo di Bergamo, anche la sberla di Brescia e a Varese la mano avversaria è passata d’un soffio dalla guancia di Matteo Salvini.  Li chiamavano e si chiamavano Lumbard quando la Lega era il soggetto nuovo e rivoluzionario che non oltrepassava il dio Po. Adesso nella ripetuta sconfitta congressuale subita in terra lombarda, c’è anche quell’espansionismo nazionale che se ha portato il partito di Salvini a superare il 30 per cento, presenta il conto proprio in quelle che erano e dovrebbero ancora essere roccaforti leghiste, dove il voto politico ha stinto quella storica immagine lasciando il posto a un partito diviso.

“Chi comanda ha spaccato la Lega”, è l’indice che si punta verso il Capitano dal Comitato Nord, il movimento voluto da Umberto Bossi e che sta mostrando la sua funzione catartica e liberatoria ancor prima che politica aprendo a quei sempre più forti mal di pancia che il leninismo leghista ha sopito per mesi, forse anni.

Da ieri alla guida del partito in provincia di Brescia, “una provincia che ne vale tre” come sottolineano i vincitori, c'è Roberta Sisti sindaco di Torbole Casaglia, sostenuta da un gruppo di amministratori e dal Comitato Nord che ha sconfitto l’uscente, Alberto Bretagna salviniano doc. A Varese, terra del compianto Roberto Maroni (i cui occhiali sono stati poggiati su una poltrona vuota nell’assemblea leghista), ma anche provincia che annovera la bossiana Cassano Magnano, un nome un mito nella Lega delle origini, il leader l’ha sfangata per un pugno di voti, 12 per l’esattezza, portando il suo Andrea Cassani, sindaco di Gallarate, alla guida del partito superando lo sfidande “nordista” Giuseppe Longhin. E se il leader mantiene la Nazareth leghista, assente però Giancarlo Giorgetti che quindi non ha votato, non riesce nell’impresa, sempre in terra lombarda, a Cremona e Lodi dove il candidato unico non era il suo. 

Quel che sta uscendo dai congressi in Lombardia, per non dire del Veneto terra dalla quale il segretario federale sa doversi guardare e non da ora, racconta di un partito diviso come mai prima. “Se penso che fino a poco tempo fa tutta la Lega in Lombardia era una caserma prussiana – osserva Paolo Grimoldi, uno dei promotori del bossiano Comitato Nord – qualcuno dovrebbe fare mea culpa, quante scelte disastrose”, però, aggiunge guardando proprio ai risultati nordisti, “divampa la speranza”.

E sono senz’argini gli auguri che sul versante opposto il segretario lombardo del partito Fabrizio Cecchetti spertica su Facebook con tanto di foto con torta e inno all’unità nel nome di Salvini, alla riconfermata segretaria provinciale di Como, sabato scorso, non limitandosi come avrebbe potuto a festeggiare tra le mura domestiche, essendo Laura Santin sua consorte. 

Ma le questioni di famiglia, in via Bellerio e dependance territoriali varie, sono altre e assai più complicate. Per una Pavia vinta dal Capitano e le altre di cui si è detto, ben si comprende l’assai poco entusiasmo di Salvini a indire congressi. E, quando proprio non poteva più tergiversare, ha allungato il brodo dilatando i tempi. Così, adesso dopo più di una sberla nella sua Lombardia (con lo spettro delle regionali di febbraio) e quella pentola a pressione che è il Veneto, lo sguardo non può che volgersi, restando al Nord, proprio a quel Piemonte dove la temperatura pare più bassa che altrove, ma ciò non deve trarre in inganno.