SACRO & PROFANO

Cristo piange nella diocesi più secolarizzata d'Italia

Al vaglio dell'arcivescovo Repole il caso della statua di Gesù lacrimante a Stupinigi. Alla vigilia del decennale si stilano i primi bilanci del controverso pontificato di Francesco. Gli scandali e le radici (recise) dell'Europa. Gli abusi sessuali nella Chiesa

Testimoni oculari, fra i quali anche dei sacerdoti, asseriscono che la lacrimazione della statua del Sacro Cuore di Gesù a Stupinigi sarebbe reale. In questi casi, da sempre, la Chiesa esercita – com’è giusto – la massima prudenza. Sappiamo solo che il luogo è di preghiera autentica e le persone che lo custodiscono sono devote e sinceramente cattoliche e che anche dei preti vi si recano a pregare. Ma che cosa significherebbe, per l’arcivescovo Roberto Repole e la sua “équipe boariniana”, se Nostro Signore avesse deciso di piangere, proprio nel cuore della più secolarizzata e razionalista diocesi italiana? Possiamo solo immaginare lo sgomento per chi preferisce le sedute dalla Madre Anna Bissi alla grazia soprannaturale.

Avvicinandosi il decennio del pontificato di Francesco, se ne iniziano a tracciare il bilancio. Ne segnaliamo almeno tre. Il primo – e più autorevole – è quello che il cardinale Walter Kasper ha offerto in una lunga intervista al Messaggero, ove l’altissimo prelato sostiene che Bergoglio non sia un riformatore liberale – termine assai caro alla Chiesa tedesca – ma un riformatore radicale; per questo motivo – a suo dire – le scelte e le omissioni del papa debbono essere lette in chiave evangelica e non politica. Utilizzando il binomio destra/sinistra, Kasper auspica – in una prospettiva strettamente funzionalista – che questo papa duri ancora qualche anno, tenendo conto che, secondo lui, servirebbero ancora uno o due pontificati come quello di Francesco per portare avanti il cammino delle riforme. Al netto del linguaggio curiale – non inviso ai progressisti quando necessario – Kasper sostiene che Francesco sta andando troppo a rilento nel processo di cambiamento. Per chi conosce la storia recente della Chiesa, affermazioni simili nascondono il vero problema dei progressisti tedeschi, ossia l’aver indicato in conclave una personalità come Bergoglio, certamente sconosciuto nel panorama teologico anteriore al 2013, da proporre come contraltare all’“ottuso” patriarca Giovanni Paolo II e al “reazionario” Benedetto XVI, con la certezza di poterlo successivamente manipolare. Così non è stato, tanto che nel giro di meno di dieci anni, si è passati dagli Osanna al papa argentino allo sperare che duri solamente lo stretto necessario, in attesa di un candidato più funzionale ai desiderata dei cattolici progressisti tedeschi. Questi ultimi, dopo essere stati più volte redarguiti da decine di confratelli nel mondo, dallo stesso Francesco e da alcuni cardinali, continuano imperterriti nella loro via sinodale, rifiutandosi con chiarezza di spiegare il perché si voglia trasformare la Chiesa cattolica in Germania in una confessione riformata quando, come ha fatto acutamente notare il papa, ce n’è già una molto buona. Meglio ancora, si potrebbe dire che non riescono a spiegare al mondo perché, se si trovano così male nella Chiesa cattolica, non la lascino, come peraltro hanno già fatto alcuni preti. Forse perché, accanto alle velleità di riforma, vi sarebbe il concreto rischio di uno scisma che impoverirebbe quelle 800 mila persone impiegate «nella sfera d’influenza» della Chiesa tedesca – direttamente al suo servizio o per organizzazioni ad essa collegate – tra cui sono maggioritari laici e pastori dissidenti. Insomma, va benissimo litigare con Roma e i conservatori, ma mai Los von Rom!e soprattutto mai senza stipendio.

Il secondo è del nostro Enzo Bianchi per il quale la Chiesa cattolica non sarebbe ancora sufficientemente «matura» – in quanto «impreparata» – per aprire un discorso sul ruolo della donna, ossia sull’ordinazione sacerdotale femminile. Per l’ex priore di Bose, i motivi ostativi, ribaditi anche recentemente dalla Chiesa, non sarebbero sufficienti, in quanto emergerebbero «con chiarezza teologica» delle «questioni da lungo dimenticate». La mistica sposa di Cristo sarebbe oggi un patriarcato immaturo e non equipaggiato per affrontare temi che, come dice lo stesso Bianchi, porrebbero problemi ecumenici con gli ortodossi e solleverebbero l’ostilità di non pochi, non tutti tradizionalisti. Così affermare, come ha fatto il Magistero, che «non è nella disponibilità della Chiesa aprire alle donne il sacramento dell’ordine»), sarebbe «arrampicarsi su ipotesi che non hanno rigore teologico». Nello specifico, la colpa di Francesco è di aver fatto ricorso per spiegare il suo no al sacerdozio femminile alla formula, espressa dal grande teologo Hans Urs von Balthasar, della polarità attorno al principio petrino e al principio mariano. Ma, l’uso del termine «polarità», secondo l’ex priore, ricondurrebbe sempre ad una visione del femminile che accoglie e del maschile che comanda. Strane queste affermazioni in bocca ad un Enzo Bianchi che ha saputo, da non sacerdote e con un perfetto et-et evangelico, sia accogliere sia comandare, testimoniando quindi che non è necessario il sacramento dell’ordine per esercitare il potere nella Chiesa, così come non è necessario essere donne per accogliere – ancorché obtorto collo– provvedimenti sgraditi. A questo proposito, Bose insegna.

Il terzo a tracciare un bilancio è l’ex sacerdote Vito Mancuso, quello che tempo fa anche la Civiltà Cattolica riteneva non potesse presentarsi come “teologo cristiano” e che oggi invece è la stardella filosofia religiosa post-cristiana d’intrattenimento, il mainstream assoluto. Egli sostiene che nella gente ci sia il rifiuto della religione tradizionale ma non una ricerca del trascendente e che alla base di tutto vi sia – come insegnava il suo maestro, il cardinale Carlo Maria Martini che lo ordinò sacerdote nel 1986 – la dimensione contemplativa della vita, ma oggi ben pochi pregano e «paradossalmente per pregare in chiesa devi andare quando non c’è la Messa…». In effetti, nella liturgia rinnovata il silenzio è ripetutamente richiamato lungo l’intera celebrazione ma se anche Mancuso non trova più un momento di raccoglimento vuol proprio dire che qualcosa è andato storto e non basta a migliorare la situazione, anzi la peggiora, la regia dei presidenti e degli animatori, sempre più didascalici e verbosi per cui le Messe sono spesso delle assemblee del chiasso. Nel Messale tridentino non si troverà mai invece una rubrica che inviti al silenzio semplicemente perché è presupposto e è connaturato al rito. Forse è per questo che riscuote tanto successo fra i giovani.    

Per Mancuso i cambiamenti nella Chiesa «non partono mai dal basso ma dall’alto», perché – secondo una perfetta visione giacobina – le rivoluzioni le fanno le élite e perché «la base non potrà mai innovare». Ci vuole dunque un papa coraggioso. Francesco non lo è stato abbastanza per cui – riecheggiando Kasper – la questione sarà il prossimo conclave: «Tutto dipende da chi uscirà eletto: se uscirà un Francesco II i cammini andranno avanti, se ci sarà Benedetto XVII o Giovanni Paolo III no…». Quindi, secondo il teologo dei salotti, lo Spirito Santo per trentacinque anni era andato in vacanza o si era astenuto dall’assistere la Chiesa… più chiaro di così.

Sicut dicunt sic trado. Circola voce che il nuovo prefetto del dicastero per la dottrina della fede che prenderà il posto del cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, sarà monsignor Heiner Wilmer, vescovo di Hildesheim, 61 anni, ex superiore generale dei Dehoniani, componente dell’ala più progressista dell’episcopato tedesco. Egli gode di grande popolarità ed è diventato celebre per aver detto che «l’abuso sessuale è nel Dna della Chiesa cattolica» ed ha sostenuto tutte le posizioni del cammino sinodale tedesco. Se questo avvenisse, il segnale sarebbe forte ed inequivocabile, vorrebbe dire che, strumentalizzando gli scandali, si metterebbero in discussione i pilastri del diritto naturale derivanti dalla Creazione ma, soprattutto, si aprirebbero infinite possibilità per una interpretazione della sessualità umana, svincolata dall’oggettività fisiologica, troppo spesso accusata di fisicismo, e la si farebbe dipendere dalla «fedeltà alla scelta di amare». È la linea maggioritaria della Conferenza episcopale tedesca – non della Chiesa tedesca – ed è anche la linea della diocesi di Torino, che da sempre propone questo cliché. Così la fede si omologherebbe del tutto al mondo precipitando nel relativismo e assumendo la rivoluzione del ’68, che ha iniziato, separando la sessualità dalla procreazione e ha finito con il separare la sessualità dalla stessa relazione uomo-donna e perfino dalla corporeità della persona umana. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di mere questioni morali. In realtà, in gioco c’è di più, molto di più. In discussione c’è la teologia del corpo umano, imprescindibilmente legata alla teologia della Creazione e della Rivelazione. Insomma, la nomina di Wilmer sarebbe un vero schiaffo a Benedetto XVI, Sommo Pontefice emerito e vivente.

Dopo il venerando Enrico Peyretti ad essere ospitato su La Voce e il Tempo è la volta – sarà la linea editoriale? – di un altro ex prete, il bravo moralista Paolo Mirabella. Il quale propone una riflessione sul grave scandalo che sta coinvolgendo le massime istituzioni europee, dove sembra ormai certo allignasse un regime di diffusa corruttela, che viene addebitata – giustamente – ad una visione di Europa che «non essendo più capace di aprirsi alla dimensione trascendente della vita» ha perso o sta perdendo la propria anima. Forse Mirabella avrebbe potuto richiamare le origini di questo “peccato originale” europeo e cioè riandare alla formulazione del Preambolo del progetto di Trattato costituzionale europeo del 2002, elaborato dalla commissione presieduta da Valéry Giscard d’Estaing, dove si saltavano 1.300 anni di storia a piè pari, dichiarando che le eredità culturali a cui doveva ispirarsi l’Europa erano «nutrite prima dalla civiltà ellenica e romana e poi dalle correnti filosofiche dell’illuminismo». Compiendo una forzatura storica del tutto inaccettabile veniva omesso ogni riferimento all’eredità giudaico-cristiana. A fronte delle proteste, lo stesso Giscard rispondeva che a differenza delle fonti greco romane o illuministe, ogni riferimento al cristianesimo avrebbe costituito, non un orizzonte, ma un insieme di dogmi che, pretendendo di essere veri, diventano come tali intolleranti per cui, metodologicamente, la democrazia e la convivenza pacifica possano fondarsi esclusivamente sull’accettazione di un metodo relativista e cioè massonico, che è un metodo per cui chi crede che esista dei principi non negoziabili diventa fatalmente intollerante. Com’è noto, il Trattato costituzionale fu poi (ed è tutt’ora) congelato in seguito ai rifiuti referendari avvenuti proprio in Olanda e in Francia, dove il non è prevalso il 29 maggio 2005. La costruzione politica creata da Adenauer, De Gasperi e Schuman – tre cattolici – è oggi debole anche perché, come disse Giovanni Paolo II al corpo diplomatico nel gennaio 2002, disconoscere quelle radici «che hanno contribuito e ancora contribuiscono alla cultura e all’umanesimo delle quali l’Europa è legittimamente fiera, mi sembra essere una ingiustizia e un errore di prospettiva».

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