RAPPORTO ISTAT

Culle vuote, l'Italia invecchia

Continua a diminuire la popolazione nella penisola. I migranti dall'estero non riescono a compensare il saldo demografico costantemente negativo. Per la prima volta dall'Unità i nuovi nati sono meno di 400mila. In Piemonte l'età media è prossima ai 50 anni

Culle sempre più vuote e residenze per anziani che si riempiono. L’Italia rischia di trasformarsi in un ospizio a cielo aperto. A certificarlo è l’Istat che ha fotografato la situazione al 1° gennaio 2023 con una popolazione nella Penisola di 58 milioni e 851mila persone, 179mila in meno rispetto all’anno precedente con una riduzione del 3‰. Prosegue, dunque, la tendenza alla diminuzione della popolazione, ma con un'intensità minore rispetto sia al 2021 (-3,5‰), sia soprattutto al 2020 (-6,7‰), anni durante i quali gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato già nel 2014. Lo rende noto l’Istat, nel report sugli indicatori demografici del 2022.

SEMPRE PIÙ VECCHI - Nonostante l’elevato numero di decessi avvenuto in questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150mila, di cui il 90% riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023. Dunque, in questo periodo la popolazione residente è mediamente invecchiata almeno di ulteriori otto mesi. Gli over 65, sono 14 milioni 177mila, il 24,1% della popolazione totale contro il 23,8% dell’anno precedente. Aumenta anche il numero stimato di ultracentenari raggiunge nel 2022 il suo più alto livello storico, sfiorando la soglia delle 22mila unità, oltre 2mila in più rispetto all’anno precedente. Nel corso degli ultimi 20 anni, grazie a un incremento di 15mila unità, il numero di ultracentenari è triplicato. Torna ad aumentare anche la speranza di vita alla nascita, stimata in 80,5 anni per gli uomini e in 84,8 anni per le donne.

CULLE VUOTE - Nel 2022 i nuovi nati sono scesi, per la prima volta dall’Unità d’Italia, sotto i 400mila, attestandosi a 393mila. Dal 2008, ultimo anno in cui si registrò un aumento delle nascite, il calo è di circa 184 mila nati, di cui circa 27mila concentrati dal 2019 in avanti. Questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. In realtà, tra le cause pesano molto il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni). In media ogni donna in Italia partorisce 1,24 figli e l’età media al parto che si attesta a 32,4 anni.

Sul piano regionale, la popolazione risulta in aumento solo in Trentino-Alto Adige (+1,6‰), in Lombardia (+0,8‰) e in Emilia-Romagna (+0,4‰). Le regioni, invece, in cui si è persa più popolazione sono la Basilicata, il Molise, la Sardegna e la Calabria, tutte con tassi di decrescita più bassi del -7‰. Al di là del numero di nuovi nati (nel Mezzogiorno superiore rispetto al Nord Italia), ciò che influisce su questi dati è la migrazione interna e proveniente dall’estero verso le regioni settentrionali.

Il calo della popolazione è frutto di una dinamica demografica sfavorevole che vede un numero di decessi quasi doppio rispetto alle nascite, non completamente compensato dai movimenti migratori con l’estero. I morti sono stati 713mila, i nuovi nati, come detto, appena 393mila, con un saldo negativo di 320mila unità. Le iscrizioni dall’estero sono state pari a 361mila mentre 132mila sono state le cancellazioni. Ne deriva un saldo migratorio con i paesi stranieri positivo per 229mila unità, in grado di compensare solo in parte l'effetto negativo del pesante bilancio della dinamica naturale. La popolazione di cittadinanza straniera è di 5 milioni e 50mila unità, in aumento di 20mila individui (+3,9‰) sull’anno precedente. L’incidenza degli stranieri residenti sulla popolazione totale è dell’8,6%, in leggero aumento rispetto al 2022 (8,5%). Quasi il 60% degli stranieri, pari a 2 milioni 989mila unità, risiede al Nord, per un’incidenza dell’11%, la più alta del Paese.

MIGRAZIONI – Anche nel 2022 si registrano movimenti migratori sfavorevoli al Mezzogiorno. Sono 420mila gli individui che hanno lasciato un comune meridionale per trasferirsi in un altro comune italiano, mentre sono 352mila quelli che hanno eletto un comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale. Questa dinamica ha generato un saldo negativo di oltre 55mila unità (-3,4‰ abitanti). Un fenomeno che riguarda tutte le regioni del Mezzogiorno, in particolare la Basilicata e la Calabria, per le quali il saldo negativo è del 5,5‰, davanti al Molise (-4,7‰) e alla Campania (-4,3‰). Il Nord, dove complessivamente si riscontra un tasso del +2,2‰, è l’area a maggiore capacità attrattiva, rispetto a quelle del Centro, che nel complesso registra un +0,7‰. La regione più attrattiva è l’Emilia-Romagna (+3,9‰), a seguire il Friuli-Venezia Giulia (+2,4‰) e la Lombardia (+2,2‰). Le iscrizioni dall’estero per trasferimento di residenza sono 361mila, cresciute del 13,3% sul 2021 (318mila), del 45,7% rispetto a quelle del 2020 (247mila), ma anche dell’8,4% rispetto al 2019 (333mila). Le cancellazioni per l’estero, invece, continuano a diminuire. Nel 2022 sono appena 132mila, in calo di circa il 17% rispetto agli ultimi due anni, ma del 26,5% rispetto al 2019 quando se ne contarono 153mila. Il saldo migratorio con l’estero resta dunque positivo a conferma di una tendenza di crescita avviatasi dal 2014 e interrottasi solo nel periodo pandemico. Il Centro e il Nord sono le ripartizioni col saldo migratorio estero più rilevante, +4,4‰ per entrambe, il Mezzogiorno invece ha un saldo più contenuto, pari al 2,8‰. La Lombardia si avvantaggia del 20% (+47mila) dei complessivi 229mila individui che al netto costituiscono il saldo migratorio con l'estero; segue il Lazio, con un saldo di +23mila unità.

PIEMONTE – L’età media dei piemontesi è 47,8 anni (1,4 anni in più rispetto alla media nazionale), Biella con un’età media di 50 anni è la seconda provincia più vecchia d’Italia dopo Savona (50,1). Il Vcoè invece la provincia in cui c’è stata una maggiore contrazione delle nascite (-12,8% rispetto al 2021), mentre Alessandria è l’unica in Piemonte a segnare un incremento (+6,8%) con il numero di figli per donna passato da 1,13 dell’anno scorso a 1,21 di quest’anno. Per quanto riguarda il tasso migratorio Vercelli, Vco e Alessandria fanno segnare le performance migliori con un incremento uguale o superiore al 6%, Torino si ferma al 2,5. La media del Piemonte è del 4,1%, quasi il doppio rispetto a quella italiana (2,4%).

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