POLITICA & GIUSTIZIA

La "paura della firma" frena il Pnrr. Braccio di ferro sull'abuso d'ufficio

Il ministro Nordio vorrebbe cancellare il reato e limitare anche quello sul traffico di influenze. Ma una parte della maggioranza, tra cui il sottosegretario Delmastro, si oppone: i pm potrebbero contestare condotte più gravi come corruzione e concussione

Fare il sindaco, l’assessore, il governatore è – per stessa ammissione degli interessati – un “mestiere” sempre più pericoloso. Basta un inciampo da nulla per finire invischiati nelle maglie della giustizia. Un timore che si estende anche alle alte gerarchie della burocrazia e che spesso induce evitare le responsabilità della firma degli atti pur di scansare guai. Per ovviare a questa situazione il governo Meloni è intenzionato a mettere mano alle norme sul reato di “abuso d’ufficio” per agevolare la spesa dei 209 miliardi del Pnrr. L’esecutivo di centrodestra, insomma, intende facilitare il lavoro degli amministratori locali che dovranno spendere i fondi europei. Nel Consiglio dei ministri della prossima settimana il ministro della Giustizia Carlo Nordio è intenzionato a far approvare un disegno di legge che interviene non solo sul reato di abuso d’ufficio ma anche su quello, assai più fumoso, di traffico di influenze. Se in un primo momento l’idea del governo era quella di restringere il perimetro del reato come previsto da una proposta di legge di Forza Italia fatta arrivare a fine 2022 sulla scrivania del ministro, ora l’intenzione del guardasigilli è quella di arrivare all’abolizione totale dell’abuso d'ufficio.

Stiamo parlando del reato, previsto dall’articolo 323 del Codice penale, che punisce il pubblico ufficiale che “procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale” o “arreca ad altri un danno ingiusto” da uno a quattro anni. Gli ultimi governi – l’ultima riforma è stata quella del Conte-2 nel 2020 – hanno limitato più volte l’applicazione del reato cercando di punire solo le condotte dolose ed eliminando la discrezionalità dei magistrati.

Ma non tutti, anche nel centrodestra, sono d’accordo. Il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro di FdI è rimasto l’unico a opporsi all’abolizione, insieme alla presidente leghista della commissione Giustizia del Senato, la leghista Giulia Bongiorno: entrambi sostengono che cancellare totalmente il reato porterebbe i magistrati a contestare reati più gravi, come la corruzione o la concussione.

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