FINANZA & POTERI

La carta rosa nel mazzo di Lo Russo: Poggi presidente della Compagnia

Nella partita della fondazione San Paolo il sindaco di Torino pensa alla giurista, già in passato nel consiglio di corso Vittorio dove in coppia con l'ex vicepresidente Mattioli fece penare Profumo. Le relazioni con centrosinistra e ciellini. Oggi contro l'invio di armi all'Ucraina

A volte ritornano. O, almeno, vorrebbero ritornare. La giurista Anna Maria Poggi, docente di Diritto costituzionale ed ex vicerettore dell’Università di Torino, componente del comitato di gestione della Compagnia di San Paolo nel quadriennio 2016-2020, è il candidato sul quale il sindaco di Torino Stefano Lo Russo avrebbe intenzione di puntare per la successione di Francesco Profumo alla presidenza dell’ente di corso Vittorio Emanuele. L’indiscrezione circola da qualche giorno negli ambienti finanziari milanesi e trova riscontri nell’entourage del primo cittadino dove, seppur evitando di confermare la candidatura, si sottolinea “il profilo più che adeguato, per caratura professionale ed esperienza” della professoressa, indicata a suo tempo dalla Regione guidata da Sergio Chiamparino per il board della fondazione. Del resto, il nome della Poggi è circolato come possibile vicesindaco all’indomani della vittoria del centrosinistra a Palazzo civico e la decisione di calare una “carta rosa” sul tavolo delle trattative potrebbe rivelarsi per Lo Russo, particolarmente propenso ad attorniarsi di figure femminili, una mossa azzeccata per sparigliare i giochi.

La strada è ancora lunga, mancano ancora alcuni mesi alla scadenza, in agenda nella primavera del 2024, e non è affatto scontato che con i mutati equilibri politici e di potere venga mantenuta la consuetudine di attribuire al Comune di Torino la designazione del presidente (nell’ambito dei due componenti di sua nomina). Inoltre, se lo standing della Poggi è ineccepibile, di qualche ostacolo potrebbe essere la sua mai nascosta prossimità al centrosinistra – è stata tra i sostenitori del referendum Renzi-Boschi del 2016 e tra i consigliori del segretario piemontese del Pd dell’epoca, Davide Gariglio – e non di meno la vicinanza al mondo ciellino della città, da qualche anno un po’ in défaillance. In più, le sue recenti prese di posizione sulla guerra culminate con l’adesione al comitato che promuove l’indizione di un referendum contro l’invio di armi all’Ucraina (assieme a personaggi del calibro di Ugo Mattei, Carlo Freccero e Vauro) creano più di un imbarazzo anche tra i suoi più sinceri estimatori. Per non dire di Profumo, il presidente uscente che ancora ricorda le pene patite nello scorso mandato in comitato di gestione dal controcanto delle due erinni – Poggio e l’allora vicepresidente Licia Mattioli – incessantemente dedite a contrapporsi a gran parte delle decisioni, fino a ingaggiare un vero e proprio braccio di ferro nella selezione del segretario generale. Per quanto ne sia passata di acqua sotto i ponti del Po, difficile che Profumo possa perorare la causa di Poggi (e di Lo Russo) con il ceo di Intesa Carlo Messina, il cui peso sarà determinante nella scelta del nuovo presidente, uno dei suoi principali azionisti.

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