PALAZZI ROMANI

Presidenzialismo, "altre le priorità". Il Pd sfodera il benaltrismo

Alla vigilia dell'incontro con la premier dal Nazareno sancita linea di chiusura (anche se c'è chi vorrebbe fare controproposte). In barba alla svolta radicale, il partito si mostra conservatore come non mai. Gribaudo: "Non cerchino di distrarre dai problemi del Paese"

“Sono altre le priorità del Paese”. Dall’ormai lontano “ma anche” di Walter Veltroni, al “ma neanche” (a parlarne) di Elly Schlein. Così va nel Pd che fa del rinnovamento radicale la sua bandiera, ma di fronte alle riforme costituzionali le boccia come questione secondaria, sfoderando un grigio topo conservatore nella tavolozza dove radici profonde hanno la meglio su ogni armocromia.

Il Nazareno non trasloca sull’Aventino, ma nella riunione della segreteria Schlein ha messo in chiaro la linea, recependo anche tutte le osservazioni dei tanti dirigenti intervenuti. Primo: le priorità del paese sono altre, a partire da quelle economiche e sociali; secondo: è improprio un ruolo del governo come regista di tutta la partita delle riforme; terzo, i dem sono disponibili a discutere dei ritocchi, ma nessuna apertura sull’ elezione diretta del premier.

Nessuno, alla vigilia dell’incontro con Giorgia Meloni avrebbe scommesso su un pur minimo accenno di apertura della segretaria dem, tant’è che l’attesa per domani è più motivata dalle reazioni personali tra le due, piuttosto che sulla sostanza. Perché un conto è dirsi riformisti, brand a dir poco inflazionato negli ultimi tempi, altro è percorrere il terreno delle riforme, sia pure con più che logiche differenze, anche dure, tra maggioranza e opposizione. Qui si è al muro. Il clima come ben rilevato da più di un osservatore è “chiusurista”. Ma, attenzione, l’unanimità della decisione assunta in segreteria non nasconde del tutto visioni e approcci differenti all’interno del Pd. Sintetizzando c’è l’ala, tra cui emergono tra gli altri Simona Bonafè e Dario Parrini, che pur dicendosi contraria al presidenzialismo, avrebbe visto di buon occhio un arrivo a Palazzo Chigi con una seri di controproposte, mettendo sul tavolo il modello del cancellierato tedesco, con tanto di sfiducia costruttiva.

Scenario che non dispiacerebbe ai riformisti Lorenzo GueriniStefano Bonaccini, il cui silenzio nelle ultime ore è piuttosto indicativo di ciò che si muove nel partito. Poi c’è lo zoccolo duro della segretaria, il capogruppo al Senato Francesco Boccia e la vicepresidente del partito Chiara Gribaudo in testa, che sostiene come non abbia senso spendersi su questo dossier, col rischio di fare fare sponda al governo.

Un Pd solo di lotta e non più tanto di governo (pur in prospettiva più o meno lontana): questo è ciò che appare a chi, dal fronte della minoranza, pur bocciando il presidenzialismo come nel caso di Italia Viva e di Azione, si dice pronto a discutere di correttivi, anche se su posizioni diverse, tant’è che Carlo Calenda è per il cancellierato mentre Matteo Renzi insiste sul modello, che ha in mente ormai da molti anni, del sindaco d’Italia. 

Questioni che scivolano sul Pd come gocce d’acqua sui vetri. “I paletti noi li puntiamo sul presidenzialismo. Su un cambiamento alla tedesca possiamo provare a ragionare”, lo spiraglio che sembra aprirsi nelle dichiarazioni di Gribaudo, che subito avverte: “La convocazione delle opposizioni non sia un modo per distrarre l'attenzione sui temi che interessano le persone e le necessità del Paese: lavoro, sanità, Pnrr”. La linea Schlein è tracciata chiaramente in quelle poche, dure parole all’indirizzo della premier e della maggioranza: “Sono altre le priorità del Paese”. Fino a ieri si sarebbe detto benaltrismo, oggi meglio aspettare l’esperto di linguaggio, dopo quello di colori.

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