ADDIO A BERLUSCONI

Estranea e diffidente, quella Torino "fredda" col Cavaliere

Di Agnelli subiva il fascino ma ne pativa la regalità. Sotto la Mole lo trattavano da parvenu. L'umiliante anticamera dello stato maggiore Fiat ad Arcore. L'ex governatore Ghigo ne ricorda l'umanità, il liberale Florio le aspettative deluse

“È morto un fuoriclasse, di uomini come Silvio Berlusconi ne nascono uno ogni secolo per le caratteristiche personali, imprenditoriali, politiche ma soprattutto umane non comuni che aveva”. Le parole, registrate dall’Adnkronos, sono di Enzo Ghigo, che non solo è stato deputato (per un anno) e poi governatore del Piemonte sotto le insegne di Forza Italia, dal 1995 al 2005, e infine senatore; ma prima ancora ricoprì il ruolo di manager in Publitalia dal 1982. Insomma, una vita all’ombra del Cavaliere, icona di quel gruppo di agguerriti dirigenti d’azienda che scesero in campo al suo fianco agli albori della Seconda Repubblica. “Gli altri partiti avevano le loro sezioni, noi grazie a Publitalia, una rete di agenti radicati sul territorio” ricordò molti anni fa Marcello Dell’Utri durante una cena a Torino. “Le prime file dovevano restare in azienda, che restava la priorità” le seconde e terze finirono in politica. E così Ghigo, protagonista assieme ad Angelo Burzi, della nascita di Forza Italia in Piemonte, si ritrovò parlamentare e poi presidente della Regione per due mandati prima di un ultimo giro a Palazzo Madama, concluso nel 2013. “L’aspetto umano è sempre stato messo un po’ in secondo piano nel rappresentarlo ma era una persona con una straordinaria capacità di interagire con chi lo circondava, che fossero dipendenti o politici” ricorda Ghigo parlando di Berlusconi. Ghigo ne ricorda infine “la capacità di vedere ciò che gli altri non vedevano, il futuro lui un po’ lo vedeva un po’ lo immaginava, a volte lo precedeva e poi lo realizzava. Lo ricordo in tante vicende sia aziendali sia politiche quando paventava degli scenari che sembravano irraggiungibili e poi sistematicamente si realizzavano. Dunque un grandissimo uomo”.

Torino è una città che Berlusconi non ha mai amato troppo, ne pativa l’understatement tipicamente sabaudo, quel senso di superiorità morale, quell’altezzosa esibizione di sobrietà azionista. Un rapporto difficile con la famiglia Agnelli, a partire dall’Avvocato, che invidiava e pativa. Del quale ha sempre detto di conservare la foto sul comodino, ma verso cui ha sempre coltivato sentimenti di rivalsa. Era trattato da parvenu, come il tipico bauscia grossolano e smargiasso. Restituì pan per facaccia quando da premier in carica ricevette lo stato maggiore della Fiat, impegnato agli inizi degli anni Duemila in una difficilissima opera di salvataggio aziendale. Fu proprio in quei mesi, appena successivi alla morte di Gianni Agnelli, che i vertici furono costretti a fare anticamera davanti alla villa privata San Martino ad Arcore, trasformata per l’occorrenza nella Canossa, che il premier che si presentò in ritardo, scortato da un corteo di Bmw. Una rivalità che si trasferì anche nel calcio, con il suo Milan che finalmente scalzava dall'olimpo la Juventus.

Gianni Agnelli non ha mai creduto in Berlusconi, nonostante Giuliano Urbani, allora tra gli assistenti dell’Avvocato, sponsorizzasse la “discesa in campo” presso lo stesso Agnelli. Era l’autunno del ‘93. Carlo De Benedetti ricorda quando Gianni, nella sua villa a St. Moritz, gli disse: “Berlusconi prenderà il 3%”. Era l’inverno del ’94. Ma Agnelli, ormai chiaramente in declino, non era in grado di favorire una soluzione alternativa. Più tardi pronuncerà la mefitica frase “se vince vinciamo tutti, se perde perde solo lui”. Invece, il Cavaliere vinse e fu la Fiat a perdere la sua egemonia sul padronato.

Meno ossequioso rispetto a quello di Ghigo, il ricordo di un altro berlusconiano piemontese come l’astigiano Luigi Florio che lo definisce un “personaggio geniale e divisivo in vita” che “resterà probabilmente divisivo anche dopo la sua scomparsa”. “Il ricordo personale che conservo di lui – prosegue – è quello di un uomo pieno di vita, dal grande carisma, capace come pochi altri di trasmettere entusiasmo”. Già sindaco di Asti ed europarlamentare, Florio aveva aderito a Forza Italia sull’onda di quella Rivoluzione liberale promessa dal Cavaliere: “Nel 1994 aderii a Forza Italia insieme ad autorevoli personaggi provenienti, come me, dal mondo liberale: tra loro Antonio Martino, Raffaele Costa, Alfredo Biondi, Giuliano Urbani. Speravamo in una ventata di rivoluzione liberale. Dal 2007 non ho più rinnovato l’iscrizione, deluso di come sono andate le cose. Berlusconi è stato, comunque la si pensi, un grande protagonista non soltanto della politica italiana, nei cui confronti si è probabilmente quasi sempre esagerato sia nell’incensarlo sia nel demonizzarlo”.

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