OPERE & OMISSIONI

Cirio alla canna (del Bianco)

Il governatore del Piemonte telefona al gestore del Traforo per far slittare i lavori. Almeno fino a quando non sarà ripristinato il traffico stradale attraverso il Fréjus, interrotto dalla frana caduta in Savoia. "Urgente il secondo tunnel", che però la Francia non vuole

Il presidente del Piemonte Alberto Cirio e la presidente della Società italiana per il Traforo del Monte Bianco Emily Rini sono in contatto per cercare soluzioni al problema degli attraversamenti transalpini. Questo alla luce della duplice chiusura del traforo del Monte Bianco per restauri programmati a partire dalla prossima settimana, e del traforo del Fréjus ai mezzi pesanti a causa della frana di domenica sera in Francia, che ha provocato lo stop anche della linea ferroviaria. “Le notizie odierne, che prospettano l’allungamento dei tempi di ripristino della frana in Francia, e quindi della completa riapertura del Frejus – afferma Cirio dopo un colloquio telefonico con Rini – meritano particolare attenzione. La frana in Francia e le ricadute sulla circolazione in Piemonte confermano ciò che il Piemonte sostiene da tempo, ovvero la necessità non più rinviabile di realizzare la seconda canna del Monte Bianco”. Della questione si sta occupando anche il ministro Antonio Tajani che porrà il tema alla sua omologa francese in occasione di un incontro già previsto giovedì a Toledo. “Stiamo monitorando la situazione insieme alla parte francese – aggiunge Rini – per trovare una soluzione alla luce degli ultimi eventi. Quello che è accaduto in questi giorni dimostra la fragilità del sistema degli attraversamenti transfrontalieri e l’urgente necessità di trovare soluzioni condivise”.

Secondo le ultime notizie, la chiusura del tunnel del Monte Bianco per 15 settimane per lavori, prevista per lunedì 4 settembre, potrebbe slittare. La decisione è al vaglio proprio a causa della frana caduta oltreconfine, in Savoia, che ha provocato il blocco dei mezzi pesanti al traforo stradale del Fréjus. Per non mandare in tilt il sistema dei trasporti alle frontiere tra Italia e Francia, sembra ora impensabile chiudere il principale itinerario alternativo. Se Confindustria aveva già espresso timori per le ricadute sul Pil di questi stop al Monte Bianco, ora il rischio è una paralisi per i trasporti internazionali su gomma ai due lati delle Alpi occidentali. Dopo il crollo di rocce nella valle francese della Maurienne, infatti, da ieri molti veicoli, non solo pesanti, si sono riversati al Bianco. Risultato: tre ore di attesa ieri pomeriggio, sia a Courmayeur (Aosta) sia a Chamonix (Francia), e code analoghe attese anche nei prossimi giorni.

Le previsioni del Geie-Tmb, il gestore italo-francese del tunnel, si fermano al 4 settembre quando, dalle ore 17, è fissata la chiusura che dovrebbe durare sino al 18 dicembre. Il futuro, per ora, è un’incognita. “Rimaniamo in attesa che la concessionaria francese del traforo del Fréjus interessata dalla frana concluda le proprie valutazioni in merito ai tempi della riapertura, per poi trarre le nostre conclusioni. Al momento non sono state assunte decisioni e non abbiamo variato i nostri programmi”, ha detto Riccardo Rigacci, direttore gerente del Geie-Tmb.

Il Fréjus dovrebbe assorbire il 90 per cento del traffico pesante del Bianco e quindi, se non dovesse riaprire ai camion prima del 4 settembre, a Courmayeur il rischio è di dover variare il programma per il rifacimento della volta. Si tratta di un cantiere-test annunciato già da mesi: dovrà servire a individuare metodi e tecnologie per risanare la struttura, oltre a studiare gli impatti della chiusura della galleria lunga 11,6 chilometri. Si lavorerà su un tratto di 600 metri e, in caso di esito positivo, si proseguirà per uno spazio analogo nel 2024. Due cantieri da 50 milioni di euro. Se la presenza di amianto e di umidità sulla volta sono i problemi tecnici da risolvere, dal punto di vista economico si guarda agli impatti delle chiusure reiterate.

Il Bianco assorbe il 3,5% del traffico leggero alle frontiere alpine e il 5,4 di quello pesante (dati 2021). L’ipotesi di altri stop di 3-4 mesi all'anno fino al 2041 “è un buco nero per questa regione e le sue imprese. L’unica alternativa a questi 2mila giorni di chiusura è il raddoppio dell’attuale struttura, che si può realizzare nei prossimi 5-6 anni lasciando aperta l’attuale infrastruttura che sarà poi rimodernata successivamente”, sostiene da tempo Francesco Turcato, presidente Confindustria Valle d’Aosta. La Francia è però contraria alla seconda canna. “Con il tunnel di base del Tav, la frana in Maurienne non avrebbe bloccato i rapporti tra Italia e Francia”, commenta Marco Bussone, presidente nazionale di Uncem, che sabato pomeriggio a Moncenisio (al confine tra Italia e Francia), ha organizzato un incontro con amministrazioni locali e organizzazioni datoriali. “Chiediamo con urgenza al Mit di intervenire per differire i lavori del Monte Bianco spostandoli a fine emergenza in Maurienne, che ha tempi indefiniti di risoluzione. La situazione è troppo grave e complessa, l’isolamento pericoloso per il Paese”, conclude il rappresentante dei comuni montani.

print_icon