TRAGEDIA SUL LAVORO

Quel cinico silenzio del vertice Rfi. Neppure una parola per le vittime

A giorni dalla strage di Brandizzo non è ancora arrivato un gesto di cordoglio e vicinanza alle famiglie da parte dell'ad Strisciuglio, oggi in audizione alla Camera. La rapida carriera del manager all'ombra del Pd. Posti per gli amici e relazioni con Verdini jr.

“Non abbiamo più parole”, hanno scritto i sindacati sugli striscioni sfilati, tra rabbia e dolore, a Brandizzo. Ma c’è chi, fino ad oggi, non ne ha avuto neppure una, di pietà per le vittime e vicinanza alle famiglie. E sorge il legittimo dubbio che neppure l’abbia cercata. Il silenzio del vertice di Rfi che risponde al nome di Gianpiero Strisciuglio, con una frase fatta, verrebbe da dire assordante per la sua inaccettabilità. Stride come le ruote del treno sulle rotaie un attimo prima di inghiottire cinque vite e, a memoria, non si ricordano precedenti che incamminino su binari paralleli strazio e cinismo.

Non una parola, neppure scritta dai solerti uffici. Un deragliamento non solo del ruolo, ma vien da dire pure dell’umana coscienza. Ma tant’è. Forse ha ragione chi sostiene che il giovane amministratore delegato, dal curriculum povero di risultati notevoli, debba ancora comprendere dove sta. Il perché, probabilmente non gli sfugge. Oggi pomeriggio chissà se almeno alla Camera, dove è atteso in audizione davanti alle commissioni riunite Trasporti e Lavoro, troverà le parole giuste.

Barese con solide e potenti amicizie dalle parti del Pd, così come pugliese è uno dei suoi non pochi amici che s’appresta a sistemare nel gruppo, come da poco fatto con Gennaro Ranieri, piazzato alla direzione acquisti, dopo aver lavorato in Regione sotto la governatura di Michele Emiliano. Sinistra, ma anche destra. Strisciuglio e Ranieri sono stati visti più volte insieme a Tommaso Verdini, rampollo di Denis, fratello di Francesca e dunque cognato di Matteo Salvini. Nulla di male, per carità. Che poi il figlio di Denis è spesso anche in compagnia di Salvatore Margiotta ex senatore Pd, ma attualmente presidente dell'associazione nazionale imprese armamento ferroviario, in passato finito in alcuni verbali di intercettazioni su infiltrazioni malavitose sul fronte ferroviario. Tout se tient, direbbero a Parigi. A Brandizzo, invece, l’ad di Rfi non ha mandato a dire neppure mezza frase di circostanza. 

Altre circostanze sfuggono a una limpida spiegazione. Il ruolo di Verdini Jr, per esempio. Note le sue manovre per sostenere Stefano Donnarumma nelle ultime danze di poltrone, mentre il cognato-ministro era tra i più decisi oppositori all’approdo del manager in Enel. Manovre, intrighi, nulla di cui stupirsi più di tanto. In fondo, ormai ci si è abituati. Così come si corre il rischio di abituarsi ad atteggiamenti inaccettabili da parte di chi ricopre alte cariche e ha la, seppur indiretta, responsabilità delle vite di coloro che per l’ente, la società, il gruppo di cui è a capo lavorano. Inutile negarlo, in molte attestazioni di partecipazione al dolore, c’è una dose variabile di cinica ipocrisia, ma questo non giustifica un silenzio, che induce a tradurlo in disinteresse, come quello del vertice di Rfi sulle vite spezzate a Brandizzo e sullo strazio delle loro famiglie.

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